Ho avuto una strana sensazione, come se il respiro mi mancasse, come se il cuore battesse più lentamente. Una sensazione che non avevo da anni. Mi sono rivisto, per un istante, seduto in camera mia, a Comacchio, nella mia prigione, la prigione di un diverso che si è sentito annegare per anni senza vedere all’orizzonte nessuna scialuppa di salvataggio. Mi sono rivisto, seduto davanti a uno scaffale di libri, unica finestra su un mondo troppo grande. Ho sentito, glaciale, la solitudine insinuarsi nel mio cuore. Davanti a questo computer, con il mio compagno steso nel letto e la mia gatta che mi dorme accanto, ho chiuso gli occhi. Strana sensazione sentire mia madre parlare con mio padre, nell’altra stanza, vent’anni fa, quando desideravo solo che nessuno venisse a infrangere il mio silenzio. Poche spiegazioni da dare. Non ho fame. Devo studiare. Ho già mangiato a scuola.
Aspetto che passi questo dolore che mi ha preso alla bocca dello stomaco e sale, lasciando piaghe, sino al mio cuore. Voglio abbandonare quel corridoio di ricordi, quel silenzio, quel desiderio di non esistere di dimenticarmi di me stesso, di svanire nel nulla.
Ma è solo un momento. Questa è solo una parte di me. Una piccola parte che ogni tanto si fa spazio per ricordarmi che tutto ciò che voglio è già nella mia vita.
Apro gli occhi. Accarezzo Ségolène.
E piango.
Marino Buzzi