1. Grazie Laura per questa intervista. Iniziamo subito. Parlaci un po’ di te, delle tue passioni, del tuo amore per i libri e la scrittura.
Ciao a tutte e a tutti!
Di me posso dire almeno due cose: prima di tutto sono logorroica, e questo lo vedrete dalla lunghezza delle risposte! In secondo luogo, reagisco in modo esagerato per un niente, sia bello sia brutto, e se a volte può essere un difetto altre volte è positivo, ad esempio quando scrivo: piango quando i personaggi piangono, mi emoziono con loro e così via, e nella vita di tutti i giorni riesco a commuovermi o rattristarmi per qualcosa di insignificante che ad altri può riuscire indifferente, e la mia immaginazione lavora di conseguenza.
Delle mie passioni, posso dire che amo camminare, ascoltare musica, giocare coi videogiochi; mi piace la lingua inglese, guardare telefilm polizieschi e fare un servizio di volontariato per un piccolo museo della mia città.
Le due passioni principali, però, sono leggere e scrivere. Fin da piccolina ho dimostrato di apprezzare molto i libri della Disney che mia mamma mi regalava, e questa inclinazione non è mai venuta meno: sono cambiati i libri ma non la voglia di divorarli. Spesso, giocando a pallone in cortile, immaginavo ogni genere di storie, riprendendole dai cartoni animati e dai film che vedevo; a 14 anni ho avuto il computer ed è stato come "l'interruttore" che ha scatenato la mia voglia di scrivere: prima molti racconti più o meno brevi, poi, qualche anno fa, il primo romanzo rosa a cui hanno fatto seguito gli altri.
2. Quando scrivi cosa ti ispira? Preferisci scrivere con un sottofondo musicale o in pieno silenzio?
La mia ispirazione, nel senso di idee riguardo la trama, i personaggi, etc, possono venirmi da tantissime fonti. La scena di un film, il verso di una canzone, un discorso colto per caso dalla bocca di un passante, una situazione descritta in TV: basta pochissimo per scatenare la mia immaginazione, che subito rielabora le cose e costruisce intorno nuove scene, dialoghi, storie. Faccio un esempio: l'inizio di "Ombra di passione", quando la protagonista sta per cadere dalla scale mobili ma viene salvata da un uomo che sta dietro di lei, è venuto fuori dopo aver visto un telefilm di "Wolff" in cui il commissario aiuta così il suo collega che è stato spinto da un malvivente giù da una rampa di scale. Ho ricostruito questa scena con un uomo e una donna e poi a ruota è nata l'idea per l'intero romanzo. Musica o silenzio? Musica. Scelgo sempre musiche o canzoni che mi ricordano l'atmosfera di ciò che scrivo, così da "immergermi" ancora meglio nella storia. Al contrario, quando leggo preferisco il silenzio.
3. Chi ti ha sostenuta in questa “avventura” da scrittrice? Se avessi la possibilità di spendere due parole per tutti coloro che ti hanno supportata, cosa diresti?
Prima di tutto i miei genitori, mia mamma soprattutto che ha fatto da editor e correttore di bozze per tutti i miei lavori. Non temo che possa essere parziale o accecata dall'amore materno perché qualche mese fa, quando pensavo se autopubblicare o no un rosa che avevo "nel cassetto", dopo averlo riletto me l'ha stroncato! Non stroncato del tutto, però ha dato voce ad alcuni dubbi che avevo già per conto mio, facendomi notare come, in caso di pubblicazione, sarebbe stato necessario un cambiamento radicale di molti dialoghi e situazioni.
Come ho scritto sulla mia pagina, colgo l'occasione di ringraziare tutti coloro che, da ottobre 2012 su Amazon e da Maggio 2013 su Kobo (mesi in cui rispettivamente ho caricato per la prima volta gli ebook in questi negozi online), hanno acquistato, letto e commentato i miei lavori.
Mi è capitato alcune volte di ricevere messaggi privati, o commenti direttamente sulla pagina Facebook, da lettrici che mi scrivevano riguardo ai due rosa, "Ombra di passione" e "Non ti sposo!", dicendomi cose davvero carine: sono state sorprese impagabili, anche perché mi hanno lasciato senza parole per l'entusiasmo con cui ne parlavano.
Infine cito e ringrazio la Genesis Publishing visto che ha pubblicato "Katriona": fino a quel momento avevo fatto tutto da sola, e loro hanno deciso di "investire" nel mio lavoro dandomi quindi l'opportunità di fare il passo successivo, dal self a un editore.
4. Ti è mai capitato di avere un periodo del cosiddetto “blocco dello scrittore”? Come riesci a superare questi momenti “bui”?
Se guardo indietro posso dire di non essere mai rimasta molto senza scrivere; spesso, terminato un romanzo o un racconto, mi domandavo cos'altro avrei potuto fare dopo, visto che non avevo idee di alcun genere e mi sentivo svuotata. Poco tempo dopo, però, scaturivano nuove idee, quasi "da sole". Non credo finora di aver mai sperimentato il "blocco dello scrittore", nel senso che mi sembra una parola troppo grossa e importante per descrivere quello che ho detto sopra: quando mi sentivo un po' "vuota" in realtà non facevo nulla. Correggevo e rileggevo l'ultimo lavoro dedicandomi quindi a un "dovere" prima della pubblicazione, e poi di solito la vena scribacchina (come mi piace chiamarla) tornava per conto suo. Al liceo, quando ancora scrivevo i racconti senza pensare a una pubblicazione, li scrivevo "regolarmente", cioè terminato uno dopo un po' di tempo mi veniva l'idea per cominciarne un altro.
5. Hai mai pensato di mollare tutto solo perché qualcuno ha criticato il tuo lavoro o la tua passione?
Quando sono arrivate le prime recensioni negative (su "Non ti sposo!" sono subito partita con due commenti da una stella!) sono rimasta molto male, sarei un'ipocrita a negarlo, anche perché alcune sono state espresse con un astio esagerato e inspiegabile. In seguito ho ricevuto anche commenti positivi, perciò mi sono detta: "Non è che chi ha apprezzato il mio libro sia più intelligente o più sciocco di chi l'ha criticato, e viceversa". A qualcuno i miei lavori potranno piacere, ad altri no: io vado avanti per la mia strada scrivendo quello che mi piace scrivere, non dimenticando però di far tesoro delle critiche che mettono in luce i tanti difetti grandi e piccoli che ci sono in quello che scrivo. Alcune persone hanno fatto un'analisi molto educata ma anche abbastanza "spietata" di alcuni ebook, e di questo sono contenta perché, senza darmi coltellate con parole villane, mi hanno fatto delle critiche che possono servirmi per crescere e migliorare.
6. “Katriona” è un romanzo molto particolare, a mio avviso, anche nel modo in cui è scritto. Quale messaggio volevi trasmettere attraverso queste pagine?
Ho incominciato "Katriona" come una sfida: voglio scrivere anch'io un romanzo erotico. Avevo uno stralcio d'idea: una lucciola amante del gangster. Dopo aver aperto il foglio bianco ho iniziato a buttar giù una scena, quella che apre il romanzo, e il linguaggio che tu hai definito "particolare" mi è venuto spontaneo, cioè per l'atmosfera che volevo rendere non potevo usare lo stile solito degli altri miei romanzi, e questo, col tempo presente e le frasi spesso brevi e secche, era adatto. Quasi subito ho capito però che l'erotico (inteso come sesso esplicito nei dettagli anatomici, o come pratiche sessuali inusuali) non era nelle mie corde, nemmeno come risultato di un prodotto scritto freddamente, per calcolo, per scommessa; ormai però i personaggi, soprattutto i due protagonisti, li avevo in testa insieme a una trama che si era delineata abbastanza facilmente, così sono andata avanti non più per sfida, ma perché dovevo mettere sulla carta la storia che mi ronzava in mente. Alla fine "Katriona" è diventato il romanzo che dovevo scrivere in quel preciso momento e ci ho messo tutta me stessa così come in tutti gli altri lavori.
Tu mi chiedi quale messaggio volevo trasmettere: è difficile rispondere. Io volevo solo scrivere una storia forte di passione, una passione violenta, ambigua, estrema, con personaggi ben diversi da quelli che popolano gli altri rosa. Volevo usare questi personaggi stereotipati (il poliziotto cattivo, il boss, la sua donna, etc) insieme ad una storia d'amore: a me piace molto scrivere storie d'amore, e volevo provarne una del genere, in cui l'amore non è quello dei "soliti" rosa (e per soliti intendo anche i miei, quelli più leggeri e romantici). La domanda è: l'amore è un sentimento che può perdonare tutto e cancellare ogni bruttura commessa dalla persona amata? I miei personaggi, cioè Kat e Leòn, possono amare come quelli delle "fiabe a lieto fine" o si lasciano travolgere da sentimenti negativi? Chi lo vorrà leggere mi farà eventualmente sapere cosa ne pensa, sono curiosa di saperlo visto che il romanzo in sé è un esperimento se confrontato con gli altri, sia per lo stile sia per il tipo di storia.
Vorrei comunque notare un particolare fondamentale: "Katriona", a dispetto di quanto forse si potrebbe pensare dalla trama, non è un erotico né tantomeno un romanzo crudo e pieno di violenza a volgarità. C'è molta sensualità, c'è una vena noir, ci sono situazioni tragiche, ma credo di essermi sempre tenuta su livelli adatti a chiunque. Ci tenevo a precisarlo perché alcune lettrici mi hanno detto di aver evitato il romanzo proprio per questi motivi, per essersene fatta un'idea ingannevole a partire dalla presentazione.
A meno che qualcuno non abbia un'argomentazione valida per contraddirmi, mi piace pensare che "Katriona" somigli ai vecchi film noir tipo "La fiamma del peccato", in cui passioni peccaminose conducevano i protagonisti giù nell'abisso. Sicuramente non è a quei livelli di perfezione, ma di certo paragonerei "Katriona" molto più a un noir sensuale che non a un erotico!
7. Katriona e Leòn sono i due personaggi principali. Tra i due, quale preferisci? Perché?
Sono due facce della stessa medaglia: lei è la protagonista, passiva all'inizio e attiva man mano che la storia prosegue, lui è un uomo che da "padrone" si trasforma in "innamorato". Non vorrei fare spoiler al mio stesso lavoro, però il lettore che giunge alla parte finale potrà giudicare i due amanti per le loro azioni e i loro pensieri, che li hanno spinti ad agire in un certo modo. Vorrei fossero il lettore o la lettrice a rispondere alla tua domanda :) Io li posso preferire entrambi perché li ho "scritti" io, ma mi sembra troppo superbo dir così; diciamo invece che sono abbastanza contenta di come mi sono venuti fuori, e non ce n'è davvero uno che prediligo sopra l'altro.
8. Quanto di te metti nei personaggi di una storia?
Dipende; in "Katriona" ben poco, ho cercato di immaginarmi vite distrutte e sentimenti fortissimi e distruttivi. In "L'inquisitore di Lagoscuro" per l'ambientazione mi sono ispirata alla mia città, in particolare nella descrizione della chiesa; in "Non ti sposo!" la campagna e la villa sono riprese dal panorama che vedevo dalla mia finestra.
Io sono timida, è proprio la mia malattia, ma cerco di modellare delle protagoniste di caratteri diversi: nei due rosa moderni, Olga di "Non ti sposo!" è estroversa, allegra, a volte infantile e chiassosa, Ada di "Ombra di passione" è più riservata e orgogliosa. Per Erminia di "Lagoscuro" ho cercato di far venir fuori un'eroina che potesse essere credibile come donna del Medioevo ma allo stesso tempo non una fanciulla svenevole e totalmente in balia degli eventi e del protagonista. In sostanza, cerco di dare ai personaggi caratteri differenti tra loro e spesso opposti a come posso essere io; inoltre sono un po' orso e non disprezzo la solitudine, e questa potrebbe essere una ragione per cui nei miei romanzi, spesso senza volerlo ma solo perché mi vengono così, focalizzo l'attenzione su Lui, Lei, il cattivo se c'è, mentre i secondari sono pochi.
9. Quale dei tuoi romanzi è quello più importante e quello che preferisci più di tutti gli altri? Perché?
Eccomi di nuovo a rischio ipocrisia-superbia! Se rileggo cose scritte qualche anno fa a volte mi cadono un po' le braccia, ma finora sono ancora soddisfatta dei romanzi che ho pubblicato. Mi rendo conto di difetti che possono presentare, ma non al punto da farmi dire: li tolgo del tutto e li rivedo. Casomai potrei rileggerli per eliminare i refusi che probabilmente ci saranno ancora, nonostante il lavoro di preparazione, però come contenuti mi soddisfano abbastanza da aver deciso, appunto, di pubblicarli.
Ho tanti testi nel PC ma non li ho pubblicati tutti, come dicevo prima un rosa l'ho lasciato in sospeso perché mi sono accorta che non era chissà cosa e in certe parti era abbastanza scadente.
Il mio preferito è "L'inquisitore di Lagoscuro": al liceo la vicenda è nata come un racconto di quaranta pagine, quando ancora non pensavo nemmeno lontanamente che un giorno sarei riuscita a scrivere un romanzo! Quando mi sono accorta, nel 2011, che forse ne sarei stata in grado, ho deciso di riprenderla in mano e ampliarla: ho aggiunto alcune scene, ma il grosso della trama era già tutto formato nel racconto. La storia è venuta fuori "da sola" con tutti i dialoghi, le descrizioni e così via, ma i personaggi (a parte un paio, come la strega e il paggio che compare alla fine) c'erano già nel racconto dove agivano allo stesso modo che nel romanzo, dove i discorsi presenti in forma embrionale erano su per giù la base che ho usato per il romanzo. Mi piaceva ancora, mi era rimasta nel cuore la vicenda di Erminia e del suo tenebroso ma cavalleresco inquisitore e mi sono detta: deve diventare un romanzo. La scena della cattedrale è stata quella che, all'inizio, ha costituito il fulcro attorno a cui ho costruito la vicenda, e nel romanzo un intero capitolo è dedicato proprio a questa scena clou!
È una storia in costume, non uno storico vero e proprio, perciò pur ambientandolo in un Medioevo ispirato all'immaginario comune ho lasciato libera la fantasia, ad esempio affiancando Fiordinando di Lagoscuro (un giudice laico e aristocratico) agli inquisitori propriamente detti, ossia i frati domenicani. Ho anche presentato gli inquisitori, spesso dipinti come i "cattivi", sotto una luce un po' diversa: se vi ho incuriosito, leggetelo :) E naturalmente fatemi poi conoscere la vostra opinione!
10. Infine, volevo farti una domanda che faccio un po’ a tutti gli scrittori che intervisto. Preferisci il cartaceo o il digitale? Motiva la risposta.
Il cartaceo mi dà l'idea di un obiettivo raggiunto: il tuo libro nelle librerie o sui siti, con dietro uno staff di persone che, si spera, l'abbiano letto, riletto e corretto per renderlo perfetto, privo di qualunque svista, refuso o errore nell'uso dell'Italiano. Io non ho ancora approfittato dei servizi di "auto-stampa", perché una cosa su carta è più definitiva di un ebook e se ci sono errori è molto più difficile correggerli. Se un giorno avrò la fortuna di pubblicare in cartaceo, sarà perché una casa editrice seria me ne avrà offerto la possibilità; almeno per adesso non penso di stampare per conto mio i miei lavori, in seguito potrei anche cambiare idea ma per ora no.
L'ebook l'ho visto come un modo immediato e agile per farmi conoscere, un modo in cui non avevo niente da perdere e tutto da guadagnare, e poi tantissime persone di tutte le fasce d'età sono munite di tablet, e-reader, smartphone, PC e così via, perciò penso di poter raggiungere comunque un buon pubblico.
Può darsi che suoni un po' contraddittorio, però da auto-pubblicata preferisco di gran lunga l'ebook.
11. Grazie mille Laura per aver risposto a queste domande. Sei stata molto gentile.
Grazie molte a te, Paola, per avermi offerto questo spazio nel tuo blog! E grazie di cuore a chiunque spenderà un po' di tempo per leggere questa intervista :-) Se siete su Facebook, ne approfitto per invitarvi sulla mia pagina da autrice: Laura Caterina Benedetti
Avete letto qualche suo romanzo?
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