Batatinha
Nemmeno il silenzioso spumare del mare ebbe la forza di contrastare il corpo mulatto e carismatico di Sergio Da Silva.
Quella mattina era sceso presto verso la spiaggia solamente con una sacca militare senza una cinghia e con delle spadrillas consunte. Sergio era stato e continuava ad essere un uomo di mare, perché era convinto, e dava a vedere, che le priorità della vita che si era prefissato seguissero uno schema di stabile equilibrio. L’ex “comisario” di Salvador da Bahia aveva delle mani nerborute, ostinatamente maschili, bruciate dal sole e levigate dal seno di innumerevoli donne che come pietre pomici ne avevano lisciato la pelle.
Come se l’acqua del mare fosse l’ennesima amante, Sergio nuotando la stringeva e la spingeva ad ogni bracciata. Era mattina presto e ancora prima aveva seguito il sentiero lungo il litorale che lo avrebbe portato alla spiaggia dei “sassi neri”. Ancora la calca dei corpi abbronzati e dei giovani aitanti era lontana a venire e questo era per Sergio il momento migliore per farsi una nuotata e scaricare il nervosismo di una notte insonne. Capitava spesso infatti che per un numero imprecisato di sere il commissario andasse a dormire agitato senza una precisa motivazione e il più delle volte ciò precludeva un sonno ristoratore.
Sicuramente l’alcol e qualche pesante bicchiere di rum Añejo giocavano a suo sfavore, a volte però si faceva persistente il ricordo del vecchio Brasile, quel languido luogo della memoria che gli bagnava l’anima, e come una ferita non poteva scrollarsi di dosso la sensazione di un pattugliamento notturno ad un quartiere controllato dai trafficanti di uomini, mercenari della carne, insulsi pederasti dell’umanità. Vedeva questi venefici scarafaggi elettrici leccare le gambe sporche e acerbe di giovani che avevano condannato la loro esistenza per un po’ di colla e la polizia agitata rastrellare favelas e sporcarsi le mani con il sangue di innocenti…
Niente di tutto questo, o solo in parte riusciva a filtrare quella barriera prima mentale e poi fisica che faceva del commissario un uomo straordinariamente silenzioso. Uscendo dall’acqua si lisciò i capelli all’indietro, si mise a posto il costume e guardò il cielo. Buio pesto, nubi pesanti oscuravano l’alba, un pomeriggio di piogge battenti l’avrebbero costretto a rinchiudersi in casa come un topo spaventato. Con il sapore del mare nell’anima e il desiderio di tabacco sulle labbra Sergio prese la via del ritorno. Tra gli scogli, come fosse un’alga marrone o una bottiglia d’acqua incrostata, un anziano pescava in disparte. Sergio lo fissò. - Che di nuovo vecchio? L’uomo sorrise – Sei solo? – disse l’anziano
- Mi guardi dentro pescatore? – sentenziò ironico Sergio da Silva detto Batatinha
- La spiaggia è deserta, non ho mai visto nessuno farsi una nuotata così di buon ora
- Non riuscivo a dormire… Il vecchio fece un cenno d’assenso con la testa, segno di empatica comprensione e svogliatamente continuò a pescare. Giravano voci, ovunque lui andasse che per dimenticare il passato o per apprezzare meglio il presente Batatinha facesse un uso poco oculato di sostanze “esotiche” anzi ancora più inquietante era la diceria riguardante il suo surreale e malsano stile di vita.
Si diceva infatti che rifiutando l’inverno come stagione tristemente reale Sergio Da Silva si rifugiasse in un sonno drogato per almeno la metà dell’anno e si risvegliasse solamente durante la bella stagione per assaporare quel senso di distacco e di irreale silenzio di un’afosa domenica d’estate o di una notte d’agosto in una città deserta. Rifiutando di lavorare, di scendere a patti con la realtà, di abbassarsi all’inutile pedanteria di un periodo privo di fantasia Sergio viveva la sua vita estiva lenta e sospesa come se ogni giorno gli istanti di vita seguissero ubriachi un ritmo sensualmente tropicale.
Come riuscisse a farlo e chi lo aiutasse in un’impresa così folle a nessuno era dato di sapere. Nei sogni morfinici di Batatinha gli dei del Candomblè danzavano erotici. Sergio si accese una Camel, prese la sacca e si avviò al resort canticchiando una samba accompagnandosi ritmicamente con una scatola di fiammiferi. Quando risalendo la scarpata vide del movimento dalla posizione sopraelevata notò che dall’altra parte della spiaggia, più in basso una piccola imbarcazione della guardia costiera stava tornando accolta da alcune persone. Incuriosito si mise seduto su una pietra continuando a fumare. Cosa avevano trovato? Perché tanto movimento? A cena venne a sapere da alcune facoltose villeggianti che il cadavere di uomo era stato ritrovato su sul fondale marino.
- Le giuro commissario
- Ex commissario signora mia,l’interruppe Batatinha
- Certo come vuole, scusi, beh veramente qualcosa di inquietante, ancora ho i brividi se ci ripenso- disse la signora Maria Teresa Orpelli moglie affettuosa e fedele consorte del maresciallo Orpelli Michele
- Non si faccia impressionare troppo da queste cose mia cara signora, la gente muore, un piccolo turbamento che inaspettatamente rompe la tranquillità di questi giorni stanchi- disse Sergio allungandogli un drink dall’improbabile colore. La signora Orpelli non ascoltando affatto il consiglio del “comisario” continuò il suo racconto con malcelato patema di cuore.
- Ho sentito dire che l’uomo alloggiasse qui in albergo, un certo Tazio Battevardi credo- sussurrò la bionda cinquantenne cercando con lo sguardo l’approvazione dell’amica.
- Non capisco come si possa compiere un delitto del genere! Si fece avanti l’amica interpellata
- Zavorrare un uomo con grossi macigni, spingerlo giù fino in fondo al mare e lasciarlo morire così, affogato, senza via di scampo! Si mise le mani davanti agli occhi
- Ho sentito dire che l’hanno rinvenuto seduto, come se stesse aspettando una telefonata e infatti… La signora Johanna si interruppe. Batatinha la fissò incuriosito – E infatti?! l’incalzò lui – E infatti (continuò la signora Orpelli) l’hanno trovato con un cavo telefonico che gli fuoriusciva dallo sfintere anale, se mi permette la parola, e si inseriva nella sabbia del fondale come per collegarlo al buco del culo dell’oceano – disse maliziosamente divertita Maria Teresa Orpelli con un leggero bagliore di perversione negli occhi troppo audace per la moglie di un maresciallo.
Sergio la fissò incuriosito, si inumidì le labbra, vi accese una Camel e appoggiò i gomiti sul tavolino del bar Mocambo dell’albergo. Non disse niente, si limitò ad aspettare. L’accaduto aveva tutte le carte in regola per essere un “nuovo caso per Sergio Da Silva”.Per ora però quello di cui aveva bisogno era di una doccia fredda e di una Camel fumata in solitudine. Non per meditare beninteso, per quello aveva tempo, ma per prendersi un attimo di respiro. L’omicidio di Tazio Battevardi era ormai sulla bocca di tutti e le indagini andarono avanti per giorni.
La polizia di paese, risvegliata da un letargo debilitante era ormai sicura di essere vicina alla risoluzione del caso. Come l’inetto si mette al lavoro freneticamente vuol dimostrare la sua attitudine all’operare. Batatinha divertito seguiva lo svolgersi delle indagini. Inutile a dirlo era convinto che stessero sbagliando tutto. Infatti la via scelta dalla polizia di un piccolo paesino di mare era inevitabilmente quella dal risvolto pruriginoso, un caso di gelosia di morte e di omosessualità per il piacere delle signore villeggianti e di paese. Tutti ormai sapevano ed erano convinti che Tazio Battevardi tenesse in piedi una relazione omosessuale extraconiugale e che l’amante ingelosito dalle telefonate continue della moglie avesse voluto punire il libidinoso Tazio. Era chiaro che la moglie sospettasse qualcosa (anche se lei continuava imperterrita a negare) e che il violento pederasta avesse inflitto una pena deviata al suo amante come era nelle corde della sua natura.
In questo caso più che di corde, si parlava di cavi telefonici nella fattispecie. Il problema vero risiedeva nel fatto che non si riuscisse a trovare l’amante geloso, anzi nessun candidato era disponibile anche se molti, illuminati dalle indagini, andavano “ricordando” atteggiamenti perniciosi e scabrosi con i più improbabili villeggianti. Come da copione infatti il bagnino risultò essere l’uomo ambiguo che il caso richiedeva. Dopo due giorni di interrogatori però fu rilasciato per insufficienza di prove ed ora si brancolava nel buio.
Batatinha
- Commissario lei cosa ne pensa? gli chiese un giorno il maresciallo Cordiali
- Non sono più commissario da tempo- rispose Sergio pensieroso giocherellando con uno stecchino da denti tra le dita
- Ha dell’incredibile questo, non crede? Batatinha non rispose -Eravamo sicuri ormai di aver risolto il caso anche se il bagnino non so, secondo me nasconde qualcosa- Perché avete pensato proprio al bagnino?
- Beh chi altri avrebbe potuto trascinare il corpo di Tazio fino in fondo al mare e fissarlo al fondale con un cavo telefonico, in quella maniera poi… voglio dire ci vuole una certa abilità e confidenza con il mare per poter ordire e portare a termine un omicidio così efferato!
- Anche io so nuotare- disse sorridendo e provocatorio Sergio
- Beh ma che c’entra, lo sa come vanno queste cose , quando la gente va in vacanza beh, è un po come il maestro di sci.. Sergio lo fissò, il maresciallo per fortuna si fermò da solo. Nella stanchezza di un afoso pomeriggio estivo solamente le cicale osavano cantare, tutto il resto era silenzio. Maresciallo se mi permette credo che abbiate sbagliato il punto di vista, tutto ciò che parte ha un punto di origine.
- Non la seguo.
- E’ proprio questo il punto, dovevate seguire il cavo non risalirlo, non avete notato che manca il telefono nell’alloggio in Hotel? E con questo? –Secondo me se i sub scavassero nel fondale probabilmente avrebbero un’inaspettata sorpresa… Ormai alle corde la polizia seguì i consigli di Batatinha. Sotto la sabbia tra i detriti del fondale fu ritrovato un telefono digitale da camera, quello di Tazio probabilmente, con il cavo tagliato dai sub al momento del ritrovamento del cadavere. Con molta probabilità Sergio Da Silva aveva colto nel segno perché la polizia non aveva né l’intelligenza né un’agilità mentale superiore per poter pensare allo stupefante ritrovamento di un oggetto di un’antica civiltà pre-oceanica scomparsa. Non che Sergio l’avesse mai pensato, chiaramente, ma tra di loro chi era ottuso non era di certo lui. Una volta asciugato e ripulito Batatinha fece collegare l’apparecchio alla rete telefonica e pigiò il tasto che richiamava l’ultima telefonata effettuata. Tutti rimasero con il fiato sospeso. Rispose una casella vocale, la voce di Tazio Battevardi risuonò metallica e rauca.
“Registro questa che non è né una confessione né un mea culpa, non voglio la vostra compassione e non ne ho per voi, mi siete indifferenti come mi è indifferente la mia vita (in sottofondo il rumore di un televisore acceso). Non credo potrò guarire o almeno questo è quanto mi è stato detto, anzi da quanto mi è parso di capire mi manca meno di niente, Cristo che merda (il rumore di un bicchiere di vetro che si riempie di liquido), comunque ho convertito tutti i miei averi che avevo messo da parte in blocchi d’oro, me ne vado nel fondo dell’oceano con la mia preziosa zavorra ma almeno la bella signora dai facili costumi, la troietta insomma, non avrà altro da me. Ho sprecato troppo tempo con mia moglie, ora voglio solo stare un po da solo (rumore di una bevuta)…beh…fanculo”.
La registrazione si interruppe. Sergio fissò gli astanti e sorrise al pensiero dei lingotti d’oro spacciati per pietra grezza e usati come zavorra e soprattutto lo divertì il pensiero che nei prossimi giorni sarebbero partite delle spedizioni per ritrovare quelle pietre di inestimabile valore che con molta superficialità erano state rigettate in mare. In fin dei conti, anche da morto, Tazio Battevardi l’aveva messa in culo a tutti. Ma ancora l’idea non era emersa nelle menti disorientate dei presenti, presto però ci si sarebbe divertiti.
- Samba -