6 Gennaio 2013
I tre re magi erano piuttosto mogi perché avevano perso di vista la loro stella.
“E adesso che non sappiamo dove andare, che ne facciamo dei nostri regali? Ci hanno detto che da queste parti ci sono dei briganti travestiti da pastori. E se ci derubano?”
“Il peggio sarebbe per me” disse il mago Med’oro che portava l’oro. Piuttosto che cederlo, me lo mangio!”
“Io” disse Casimiro che portava la mirra ed aveva l’animo del cacciatore “prendo la mira e gli sparo.”
“Io non mi preoccupo” disse Vincenso che portava l’incenso. “Con il mio incenso faccio dei segnali di fumo e i maghi indiani, nostri colleghi, verranno in nostro soccorso.”
Ma gli indiani erano troppo lontani ed erano occupati a fare le solite danze per la pioggia.
Richiamati dal fumo, arrivarono invece le guardie.
Perché ogni mondo è paese e non c’è un paese dove non ci siano le guardie.
“Credevamo che il fumo venisse da un agnello arrosto” dissero, piuttosto affamate e quindi nervose. “Ci avete ingannato. Da dove venite?”
“Veniamo da Oriente” risposero i magi.
“Avete il permesso di soggiorno? Cosa nascondete sotto i mantelli? Merce cinese di contrabbando?”
“No, sono solo dei regali per un neonato…”
“Date qua, fate vedere. Datela a bere a qualcun altro. Che se ne fa un neonato di questa roba? Intanto siate gentili da accompagnarci alla prigione. Poi decideremo con calma.”
Messi i magi sotto chiave, le guardie si divisero il bottino.
La mirra la prese uno che aveva un cognato in un’impresa di pompe funebri; l’incenso se l’accaparrò quello che frequentava con assiduità la parrocchia vicina; l’oro, se lo divisero più o meno equamente tra di loro.
Così i magi diventarono ancora più mogi perché dalla finestrina della loro cella non riuscivano a vedere neppure una stella.
Nicoletta Martiri Lapi