Magazine Cultura
Tre, sintetizzando, mi sembra possano essere gli indirizzi su cui si fonda la ricchezza di questo patrimonio: un'ampia e invidiabile collezione di opere italiane (e, in parte, francesi), un campionario (altrimenti inedito) di arte germanica dal medioevo al barocco e un discreto numero di altri materiali, tra i quali spiccano reperti bizantini e una buona quantità di opere fiamminghe (che però trovano una loro sede d'elezione nella splendida Gemälde Galerie, che tornerò a visitare nei prossimi giorni). Non ho la competenze storico-artistiche o museografiche per sostituirmi qui alla più mediocre guida turistica, né l'intento di riprodurre male ciò che altri siti diranno meglio. Tuttavia, mi sembra bello condividere le impressioni di una mattina piuttosto unica. (Il Bode è sempre arrivato nelle mie visite a Berlino come un punto di snodo, anche per questo gli sono grato.)
Per quanto riguarda l'arte italiana, che il visitatore incontra quasi subito, questa si compone di opere che nascono tanto nelle corti quanto nelle botteghe e che sono volte ora a celebrare nobiluomini e principesse della loro età, ora a manifestare un impeto religioso davvero singolare. In un caso, il materiale figurativo attinge tanto al vero, quanto ai dettami di un'arte classica a vari livelli di maturità, ma quasi sempre pregevole e in alcune sue punte più tarde (la Diana cacciatrice di Bernardino Cametti del 1719-20, nella foto in alto a destra o come nella Caduta di Fetonte del Moschino, pieno '500) impressionanti per vivacità e movimento, senza mai perdere in compostezza o equilibrio compositivo. Tuttavia, è l'arte sacra - pale, capezzali, basso e altorilievi - a colpire in modo particolare chi voglia perdersi tra queste opere, con le sue innumerevoli rappresentazioni del tema della Madonna con bambino (tra le quali anche alcune di Donatello e di Raffaello) e della Crocifissione (a sinistra ne abbiamo una di Jacopo della Quercia, 1420 ca.). Spiace solo, in questa sezione più che in altre, che le didascalie siano spesso lontanee e non proprio intuitive, come se fossero state affisse al muro prima di uno spostamento. Inoltre, alcune opere (e penso in particolare alla Sacra famiglia di Polidoro da Lanciano) soffrono di una luce poco opportuna perché possano essere apprezzate in pieno.
Proprio per la sua radicale novità, che mi stupisce ogni volta, ho però trovato più emozionante l'arte tedesca dal nono secolo in poi. Per come l'ho vissuta io, l'aspetto che più mi ha colpito di quest'arte è la sua qualità rappresentativa (Darstellung) piuttosto che quella descrittiva o espositiva (Ausstellung). Sembra che questi popoli germanici, cristianizzati prima che latinizzati, oltre all'uso di materiali tutti loro (prevale l'uso del legno, in particolare di tiglio e di quercia), si esprimano con un vivacissimo e dirompente carattere di straordinaria teatralità. Già questa Pietà del 1435 (a destra) ne è una prova nella sua composizione che sembra seguire e poi scongiurare ogni simmetria; ma, come se non bastasse, la preferenza accordata all'uso di teche e cornici molto profonde (come si apprezzerà nel Trasporto della Croce dei primi del '400 in fondo a questa pagina) costituisce per l'oggetto rappresentato un ideale palcoscenico. In più, posture e sguardi tendono a infrangere il naturale equilibrio tra spettatore e opera con un'ottima capacità di coinvolgimento. Sembra un'arte empatica, le espressioni dei volti non sono mai banali (si veda questa Maria Piangente a sinistra, ancora dei primi del '400, o il Sant'Antonio in basso a destra, del secondo '400), né vogliono essere esemplari, ma sanno coniugare la concretezza del realismo volgare medievale e l'ascesi mistica del messaggio di un> Sacro Romano Impero: è tutta una questione di linguaggi. Nell'applicazione di questi principi ai pannelli degli altari (numerosissimi e quasi sempre "alati"), si ha un'immagine di questo medioevo tedesco di genuina - e tutt'altro che ingenua - capacità di caratterizzare gruppi e singoli e di penetrare così nella coscienza degli spettatori/fedeli.
Al confronto con questa forza immaginifica, che si mantiene fino alle opere barocche, la rivoluzionaria e splendida arte fiamminga (di cui si hanno esempi notevoli al piano superiore) appare un po' fredda: l'artista sembra non cercare un contatto diretto con lo spettatore, c'è un'ascesi maggiore e sembra che questi personaggi (che poi sono gli stessi, trattandosi prevalentemente di arte sacra) sappiano di latino: parlano a chi li intende, a chi ha intenzione di compiere un certo percorso attraverso l'arte. Molto vicini nei colori e in alcuni tratti, i popoli del nord sembrano quasi alieni rispetto ai più "meridionali" tedeschi, hanno quella fattura, quell'armonia, quegli equilibri che inneggiano al classico e preparano la strada alla nostra più matura arte del '500. Ecco, una visita al Bode Museum è un incanto per questa capacità di portarti per strade inattese in un circuito di sensi e percorsi artistici che non è facile vedere abbinati: è vero che stili e linguaggi non conoscono cesure così nette se non nei manifesti programmatici, ma è anche vero che è un'occasione preziosa poter tracciare con chiarezza le linee convergenti di quella che sarà l'arte moderna e di vederla quasi nascere sotto i nostri occhi.
Da segnalare, infine, la mostra di oggetti e di reliquie sacre, alle quali si accede dal sottoscala: una collezione con pezzi di bellezza - e stavolta anche di ricchezza - straordinaria, giustamente impreziosita da un religioso silenzio da luci ottime capaci di far apprezzare la fattura di queste splendide opere dello spirito e dell'arte.
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