Una vita da mediano – Giuseppe Giannini (by Bruce Wayne)

Creato il 04 aprile 2013 da Simo785

Ci sono persone a cui la vita dà tutto, ma quel tutto non basta. Hanno la generosità di chi si spreme fino all’ultimo, ma abiteranno sempre all’ombra del fuoriclasse di turno. Hanno l’intelligenza e l’estro di chi può confrontarsi con le situazioni più disparate, ma non verranno ricordate come dei punti di riferimento in aggirabili. Hanno l’originalità di chi non ha bisogno di essere l’erede o il clone di qualcun altro, ma nessuno se ne accorgerà mai davvero. Sono anche apprezzate, queste persone. Talvolta gli si riconosce di essere grandi personalità. Ma, di fatto, vivono sempre “in prova”, come se avessero sempre da dimostrare qualcosa che ancora non hanno messo in evidenza.

Giuseppe Giannini è una di queste persone. O, più precisamente, la sua esperienza di calciatore riflette, probabilmente, queste dinamiche. Capitano amatissimo a Roma, dove venne soprannominato “er Principe”. Ma, tutto sommato, pesò sempre su di lui il fatto di non essere Falcao (che, non per nulla, era “er Divino”) pur ricoprendo un ruolo molto simile a quello del numero 5 brasiliano. Ed allo stesso tempo, nel momento in cui il suo posto è stato preso da Francesco Totti, è stato a tutti evidentissimo un eclatante cambio di registro. Perché Giannini era un centrocampista dotato di ottima visione di gioco – un po’ come Falcao – ed era un capitano “romano de Roma” che avrebbe dato la carriera per la squadra in cui giocava – un po’ come Totti. Ma un suo rigore sbagliato – come quello contro la Lazio nel 1994 – poteva costargli le ire funeste dei tifosi, che immediatamente chiedevano la sua testa (a differenza di quanto accaduto con Falcao, che nella finale col Liverpool ebbe paura di calciarlo, il rigore, senza conseguenze sostanziali nel rapporto con i supporters della squadra). E d’altro canto una sua tripletta – come quella segnata durante la finale di Coppa Italia col Torino nel 1993 – entusiasmava, ma veniva presa più come una prova superata brillantemente che come l’impresa di un autentico campione (diversamente da quanto accade a Francesco Totti).

In questo senso Giuseppe Giannini è stato simile ad Agostino Di Bartolomei, dal quale del resto ereditò la fascetta di capitano. Aveva i numeri per essere tutto. Ma non era mai abbastanza.


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