Un tempo esistevano nelle classi elementari le lavagne coi gessetti. Quando la maestra si assentava per un momento, chiamava il “capoclasse” che tracciava una bella riga verticale e divideva la lavagna in due colonne.
In cima alla colonna di sinistra scriveva, bello grande, CATTIVI (forse si chiama sinistra per quello), ed in cima alla colonna di destra scriveva BUONI.
Il papi nazionale si comporta come il capoclasse delle elementari, divide gli italiani e, naturalmente i gruppi politici, in buoni e cattivi.
Fra i finiani, adesso, ci sono i buoni ed i cattivi. Il papi tenta con la scure della colomba della pace di dividerli ancora di più.
Nell’opposizione ci sono i moderati ed i dipietristi, cattivi che, nell’intento di dividere chi sta all’opposizione, viene portato costantemente come esempio di opposizione (ovviamente non moderata).
Nei sindacati ci sono quelli buonissimi, alla buonanni o angeletti per intenderci, e quelli cattivissini, alla Cgil per capirci, coi quali non si parla neppure e neppure si invitano a trattare. Sono semplicemente “cattivi”.
Ma la politica è una cosa seria, non è semplificazione e tanto meno divisione della gente tra buoni e cattivi, con chi ci sta o chi non ci sta.
La politica è un’arte, è la capacità di tessere intese, di ricucire ferite, di trovare accordi, di aiutare i più deboli, di trovare un bene comune per fare vivere la propria gente nel miglior modo possibile. Per il bene del paese.
Arte che il papi non possiede, qualunque contorcimento faccia, per darla da bere. E con lui. il suo reggibastone legaiolo che di politico vede solo l’orto dei “lumbard”.