La gita in Appennino è una gita particolare. Perché è inserita in un percorso di memoria e studio del passato (più o meno) recente della guerra, perché avviene con modalità, organizzazione e mezzi diversi dalle gite tradizionali (si va in treno, cambiando anche cinque volte, salendo con le littorine, sempre più su; una volta arrivati non si visitano i luoghi, ma si rivivono, con l’aiuto di educatori specializzati che ti seguono nel percorso; c’è molto tempo libero, da vivere però collettivamente, che pone di fronte alla realtà bellissima e terribile di essere gruppo e comunità; quello che si è imparato non viene confinato in ricordo congelato e sterile, ma si porta nella propria attualità presente, perché è facile, ma non serve a niente, cavarsela con la frase [vera ma non per questo meno fatta] “i nazisti sono cattivi”), perché la scuola di educazione alla pace che la anima è unica al mondo, e costringe insegnanti e alunni a una adesione costantemente attiva.
Per tutti questi motivi – da quando la ‘povna e Voglio-la-mamma (con l’aiuto progressivo di Mickey Mouse, quest’anno della Collega di Snape e di Pluto, e con l’assistenza dalle retrovie di Mafalda) l’hanno adottata per i loro alunni e poi (pro)posta come punto di arrivo del biennio – l’accettazione da parte degli alunni è stata sempre molto varia e variegata. Per restare solo alle classi della ‘povna (che sono comunque quelle che, tra tutte, si preparano all’Appennino con maggiore consapevolezza), si è andati dalla collaborazione inaspettatamente tranquilla dei Matti alla convinzione concertata dell’Onda, dall’opposizione portata avanti a ogni livello dai Bufali dall’Orda (opportunamente fomentati dai loro genitori) alle multicolori reazioni delle due metà dei Maculati. In ogni caso, però – perfino con l’adesione altissima dell’Onda – alla ‘povna non era mai successo quello che ha avuto modo di verificare la settimana scorsa, coi suoi amati Merry Men.
In una classe che lei non ha avuto modo di seguire dall’inizio del percorso, rumorosa, caotica, indubbiamente nel migliore dei casi spettinata; con alunni sicuramente un po’ sbuccioni e vagabondi, che sono stati accusati da qualche insegnante (due nomi a caso: Max Gazzè e Inaffidabile) di ogni possibile (o quasi) nefandezza, dati per menefreghisti, insopportabili, spacciati; bene, proprio in questo covo di pericolosi farabutti, senza legge e senza (fissa) dimora, è successo, all’improvviso, l’imprevedibile.
Sarò che – visto che non sono stati portati fuori (e comprensibilmente) per un anno – sono disposti, pur di uscire, ad andare ovunque; sarà che nonostante tutto dimostrano una costante (e per la ‘povna commovente) fiducia negli adulti (ai quali tornano a raccontare ogni disavventura); sarà che, essendo così pochi, hanno paura che questo sarà il loro primo e ultimo viaggio come classe. Fatto sta che, alla domanda: “Lo volete?”, non hanno iniziato a bubbolare scuse, alternative, lamenti (“prof., ma noi vorremmo andare in settimana bianca, prof., ma vorremmo svagarci, prof., che gita pallosa e troppo seria”). Ma – con le loro famiglie – hanno risposto, per scritto e all’unisono, come veri uomini del bosco: “Certo che veniamo! Di corsa, e tutti insieme!”.