19 dicembre. Brrr, freddo. Mi vesto.
Mutande calde e comode. (Leggi capaci di frenare qualsiasi iniziativa sessuale da parte di lui)
Reggiseno con tripla imbottitura, in grado di emergere da innumerevoli strati d’indumenti.
Maglia di lana pecorina a maniche lunghe.
Maglione a collo alto lavorato a coste giganti con ferri del n 12.
Collant 250 denari.
Cappello peruviano foderato di lapin ecologico.
Mi guardo le mani.
La curvatura delle unghie è da insufficienza polmonare acuta e ci sono inequivocabili striature verticali da eccesso di candeggina. Penso allo smalto Notte di perversione che ho comprato per la sera del 31. Le pagliuzze dorate s’insinueranno nei solchi? La pelle sembra il deserto del Gobi in una stagione particolarmente secca. Non ho tempo di mettere la crema, opto per i guanti.
Mi guardo allo specchio.
Vedo un essere flaccido, dal pallore mortuario, infagottato in un maglioncione informe. Ce la farò a trasformarmi in un’affascinante creatura in tempo per il veglione?
Esco per comprare il regalo alla suocera. (Meglio liberarsi in fretta dei brutti pensieri.)
In vetrina vedo un profumo che costa 40 €. Penso a quando lei mi ha fatto notare che suo figlio meritava di più. Cerco qualcosa da meno.
Esamino una sciarpa da 30 €. Uhm… Mi viene in mente quella volta che lei mi ha annunciato che l’ex moglie di suo figlio cucinava meglio di me.
Propendo per un piatto porta panettone da 20 €, con al centro Babbo Natale che svolazza nel cielo stellato, circondato da cristalli di neve.
Telefono a lui per conferma. Obietta che l’acquisto gli sembra fuori luogo, giacché quest’anno il Natale non lo festeggiamo da sua madre. (Colgo nettamente la nota di disappunto nella sua voce.) A che serve, dice, ormai a mia madre un piatto da panettone? Regalarglielo equivarrebbe a ricordarle la sua perdita di centralità e potere all’interno della famiglia ed a gettarla in uno stato di depressione dal quale riemergerebbe solo ad Aprile con l’organizzazione del compleanno del figlio.
E pensare che a me sembrava solo un piatto da dolce.
A questo punto mi rammento di quella colonia, regalatami dalla zia Severina buonanima tre anni fa, e scaraventata in fondo al cassetto dei calzini. Decido di riciclarla alla suocera e con i 20 € acquisto tre pecorine per il presepe ed un foglio di carta roccia.
20 Dicembre. Compilo la lista degli invitati.
Dunque. Io
Lui
Sua figlia (Anche se a Giugno mi ha detto che il
bikini nuovo mi segnava sui fianchi. Grrr)
Sua madre
Mia madre
Mio fratello
Zia ‘Melia
Zio ‘Milcare
La mia amica Alice. (Il marito è scappato nelle
Filippine con la colf.)
Mentre sto mettendo un punto interrogativo accanto al nome della mia figliastra, nella segreta speranza che non venga, telefona la suocera. Dice che quest’anno avrebbe pensato d’invitarci lei. Rispondo che lo fa da dieci anni. Incalza che ha già preparato l’impasto per i crostini. Replico che io ho già il cappone nel freezer. (Sembra l’ultima scena di mezzogiorno di fuoco.)
Appena riattacco, chiama la zia ‘Melia. Dice che le piacerebbe se andassimo tutti in campagna da lei, quest’anno. Leggi: casa colonica sprofondata nel nulla, stufa a legna rotta dal 1950 e mai riparata, caminetto senza tiraggio, temperatura interna - 15. Rispondo, grazie, ehm, magari l’anno venturo.
Per ultimo, si fa vivo mio fratello. E’ nauseato da tutto questo consumismo, dice, ed il Natale è solo una bieca operazione commerciale. Sta pensando ad un ritiro spirituale in un eremo, con i frati che cucinano cibi biologici e cantano la messa di mezzanotte. Per Capodanno, invece, ha in programma un trekking sull’Himalaya. Gli servirebbe proprio una tenda, aggiunge.
21 Dicembre. Ritelefona la zia ‘Melia. Annuncia che le sono improvvisamente cadute le cateratte e che lo zio ‘Milcare ha la pressione alta. Raccomanda un menù iposodico. Io penso all’enorme prosciutto di Praga che ho appena acquistato, quando chiama l’ex di mio marito. Insiste che, davvero, quest’anno proprio non può fare a meno della sua bambina. (Che ha 22 anni.) Io mi mostro entusiasticamente d’accordo ma mio marito un po’ meno.
Suonano alla porta. Con un sorriso acido, la mia vicina mi regala un’invisibile piantina spinosa dall’aspetto asfittico, punteggiata di finte bacche di pungitopo e soffocata da uno strato di spray dorato. Ringrazio. Stacco dalla porta il vischio dell’anno precedente, lo rinfresco sotto il rubinetto, e glielo sbatto fra le mani con tanti auguri.
22 Dicembre. Chiama la mia amica Alice. Mi tiene due ore al telefono per raccontarmi che il marito dubita, tentenna e forse tornerà pentito per festeggiare il Natale insieme con lei. Simpatizzo e intanto penso alla scatola di fazzoletti a forma di rosa che le ho comprato. Decido di sostituirla con un perizoma di pizzo leopardato.
Insieme al perizoma per Alice, scelgo per la mia figliastra un completino rosso fuoco. Ho la tentazione di chiederlo di tre taglie in più, per darle l’impressione che anch’io la vedo grassa. In un negozio specializzato, acquisto una canadese (nel senso di tenda) per mio fratello. Mi spiegano che trattasi dell’originale usato da Messner durante la scalata del K2.
La monto in salotto per vedere se manca qualcosa e ci trovo dentro una scatola di preservativi. Mentre controllo i tiranti, mi viene in mente che non ho ancora comprato nulla per la zia ‘Melia, poi rammento che non ci vede e lascio stare.
Compiaciutissima, compro per il mio lui una cravatta costellata d’orsetti lavatori travestiti da Babbo Natale, ognuno con un fumetto che gli esce dalla bocca ed urla MERRY CHRISTMAS!! Davvero molto, molto, molto originale.
23 Dicembre. Smonto la canadese per far posto all’albero di Natale. Non riesco a farla rientrare nell’apposita custodia, perciò l’appallottolo e la incarto così com’è, con i picchetti e tutto. Ne risulta il regalo più ingombrante che abbia mai visto. Quando ho finito d’incartare, scopro di aver dimenticato di togliere i preservativi.
Piazzo l’albero di Natale. Due metri e mezzo di puro polietilene. Provo a riagganciare tre rami staccatisi l’anno precedente. Non si attaccano più ed allora nascondo il vuoto contro la parete. Spruzzo ramo per ramo con uno spray all’aroma di pino montano. Ora l’albero sa di pasta d’acciughe e il gatto appare molto interessato.
Intreccio 15 serie di luci intermittenti sperando che magari una si accenda. Non si accende nulla e passo il resto del pomeriggio a cercare i pisellini fulminati. Attacco tutte le palline, (quelle rotte le metto dietro), appendo l’uccellino di vetro di Burano sul ramo più alto, lontano dal gatto. In piedi sulla scala, provo ad infilare il puntale. E’ lungo 55 centimetri ed ha la forma di un inquietante angelo con le ali spiegate. Non ne vuole sapere di stare dritto. Mi faccio prestare un ferro da calza dalla vicina. Me lo porge con l’aria di volermici trapassare. Ancoro il puntale col ferro e con mezzo metro di filo argentato.
24 Dicembre. Supermercato.
Compro.
2 salami, uno a grana grossa uno a grana fine.
6 hg di pancetta.
10 salsicce
½ kg di soppressata
(Il prosciutto di Praga c’è già)
Penso che finalmente farò fuori la suocera ipercolesterolemica, poi mi pento e, all’ultimo minuto, acquisto anche un vassoio d’insalata di mare per lei.
Ed inoltre.
Succedaneo del caviale per il fratello allergico al salmone.
Salmone affumicato per lo zio ‘Milcare allergico al caviale.
Wurstel per mia madre allergica ad entrambi.
Tortellini per brodo. Non li mangia nessuno ma fanno
tradizione.
(Il cappone è già nel freezer dal Natale dell’anno scorso.)
Lenticchie. (Mia madre dice che portano soldi.)
25 Dicembre.
Ore 12. Alla fine sono venuti tutti. Mio fratello ha superato la crisi mistica già all’aperitivo. L’ex di mio marito è partita per i Caraibi con un charter e ci ha telefonato a mezzanotte del 24, chiedendoci dall’aeroporto se potevamo tenere la bambina.
La bambina in questione è nella mia camera, davanti al mio specchio, con l’orecchio incollato da un’ora al mio cellulare, che si pavoneggia nel mio completino, che purtroppo la fa sembrare la sorella bella di Megan Gale. Lei mi ha regalato un paio di culottes rosse con su scritto, “Su con la vita, vecchia mia.”
Col naso paonazzo e gli occhi lucidi, la mia amica Alice affoga i dispiaceri dentro un bicchiere di Martini. Suo marito ha deciso all’ultimo minuto di vedere l’alba del nuovo anno a Manila.
Ore 13,30. Porto in tavola il cappone. Il puntale sceglie questo momento per precipitare e trafiggerlo esattamente nel centro. Il gatto si arrampica sull’albero e massacra l’uccellino di vetro di Burano.
Ore 15,30. La zia ‘Melia ha già rotto, in sequenza, 3 calici di Boemia, 1 insalatiera e 2 caraffe di cristallo di rocca. Adesso sta ciucciando coscienziosamente il torrone, mentre urla nell’orecchio dello zio ‘Milcare, il quale sta cantando a squarciagola Tu scendi dalle stelle.
A capotavola, mio marito propone un brindisi con aria inebetita. Ha al collo cinque identiche cravatte, corredate d’orsetti lavatori che urlano MERRY CHRISTMAS!!
Nell’aria c’è uno strano odore di pasta d’acciughe, datteri col mascarpone e lucine fulminate. Il gatto ha rubato le ossa del cappone e le sgranocchia sotto al tavolino. Amelia singhiozza col naso affondato nello spumante. Mia madre e mia suocera, in fondo al tavolo, si accapigliano per il possesso dell’unico schiaccianoci.
Non so.
Sarà la commozione. Sarà forse lo spirito natalizio, ma sento che mi sta per venire da piangere.