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UNDICI nel MIRINO

Creato il 14 aprile 2010 da Gianclint
UNDICI nel MIRINO 3^Puntata: La Difesa.

Disponendo di due median­i da­vanti alla linea difensiva, di cui solo uno con caratteristiche pure d’interdizione, il problema prin­cipale, peraltro comune a tutte le squadre di 4.2.3.1., è il presidio delle corsie laterali: la presenza di due gio­catori come Thiago Silva e Nesta risulta fondamentale aldilà dell'aspetto tecnico. La dinamicità, oltre che “l’intelligenza difensiva” dei due, consente di rischiare l'avanzata del terzino, demandando la copertura del lato pro­prio ad uno dei due centrali, con il conseguente slittamento della linea -questo quando l’avver­sario attacca con 3/4 uomini-.
Nella si­tuazione in cui l’avversario attacca anche con 5 uomini, la squadra at­tende l’avversario con i terzini bloccati, e sarà compito dei due mediani raddoppiare l’attacco laterale, sco­prendo però non tanto il centro -che l’altro mediano copri­rà-, quanto il lato opposto, dovendo il terzino strin­gere in mezzo (il primo gol subito contro il Genoa è un esempio chiaro, idem quello contro il Napoli, aldilà dell’e(o)rrore del terzino)
I due centrali tengono la squadra corta: questo avviene maggiormente in situazio­ni dove si teme di su­bire il contropiede avversario; per non assecondare la qualità avversaria nel con­tropiede, un altro espediente è quello di pressare il metodista rivale; questo compor­tamento -tenere la linea alta-, include anche il secondo, a ben riflettere: riducendo di fatto lo spazio per giocare la palla libera, tenere la squadra corta e alta, porterà au­tomaticamente il portatore di palla avversario nella situazione di essere pressato, quin­di a non avere spazio, quindi “tempo tecnico” per “far giocare” la profondità ai compagni (la gara di Bari un esem­pio piut­tosto chiaro).
Altro aspetto interessante sui terzini: se all’inizio di stagione il problema era dato so­prattutto dal modulo scelto -4.3.1.2. o “rombo”-, questo era inadatto alle caratteristiche dei giocatori in rosa. La mancanza di buoni tempi d’attacco, rendeva la proposizione del gioco sulle fasce insufficiente. Col pas­saggio al 4.2.3.1., i terzini possono avvalersi dell’appoggio dell’attaccante esterno per attaccare la profondità -quindi un riferimento “verticale”, e non più “laterale”, come con l’interno di 4.3.1.2.-.
La fase offensiva dei terzini inoltre è radicalmente mutata: è evidente che la buona intesa di Antonini con Ronaldin­ho è determinante, così come l’importanza di Beckham per Abate -nonché la presenza di Nesta sul centro-de­stra della linea-.
Non solo, il ruolo dei terzini prevede compiti d’impostazione; se generalmente il modu­lo preve­de d’imposta­re anche con i due laterali difensivi, una situazione tattica ben precisa è venuta a galla nell’inter­pretazione particolare che ne da la squadra. Il terzino -l’attaccante esterno ri­masto alto-, ha compito di giocare immediatamente in verticale la palla riconquistata -o con tackle o inter­cettando la traiettoria-, generando un 1 vs 1 in fase offensiva, di fatto capovolgendo la situazione a pro­prio van­taggio. Nelle gare interne contro Sampdoria e Parma, che at­taccano lateral­mente, por­tando superiorità numerica col terzino per la profondità, lasciato al 2 vs, 1 abbiamo potuto osservarlo in maniera evidente in occasione di gol. Se l’avversa­rio sarà portato quindi ad attaccare l’esterno, conscio della superiorità che po­trà gene­rare con relativa facilità, a sua volta prende­rà dei seri rischi.
Concludendo, portiamo all’attenzione due comportamenti difensivi differenti dello stes­so modu­lo: a palla persa, la Fiorentina abbassa i due attaccanti esterni -Vargas, Marchionni-, sulla linea dei centro­campisti, ge­nerando un 4.4.1.1. col rifinitore dietro all’unica punta, occupando le fa­sce e creando compattez­za al centro; la nostra squadra abbasserà immediatamente i terzini, bloccandoli, e i due mediani a protezione, con la prima punta che accorcerà insieme al trequartista verso la metà del campo, tenendo invece gli esterni offensivi alti; questo comporterà l’obbligo dei terzini avversari a non partecipare allo sviluppo offensivo del­l’azione o, se uno dei questi si sgancia, portare “fuori” un centrale per coprire il lato -comportamento alta­mente sconsiglia­bile per qualunque difesa-.
Se da un lato troveremo una squadra meglio disposta alla difesa -col 4.4.1.1.-, altrettanto noteremo una più difficoltosa fase d’uscita a palla riconquistata; dall’altra una predisposizione offensiva netta, certamen­te interessan­te che, però, costringerà i suoi interpreti ad un’adesione completa a livello emotivo al “concetto calcistico” proposto. Il modulo non diventa un “salvagente” per gestire la fase difensi­va, o i mo­menti “di bassa” della gara, ma un’opportunità che, se non supportata, da una buona condizione psicofisica, ri­schia l’a­sfissia. Date le caratteristiche dei giocatori, crediamo sia opportuno evidenziare come un maggiore coinvolgimento di almeno uno dei due esterni d’attacco anche alla fase difensiva, possa rappresentare una svolta. Di fronte alla contrapposi­zione tatti­ca* avversaria sempre più studiata, per dare consistenza al proprio calcio, anche in momenti di gestione di infortuni o scarsa forma degli interpreti migliori, lo sviluppo della fase difensiva -ad oggi la più decifrabile dall'avversario-, rappresenta il primo passo verso una coscienza maggiore del collettivo nei propri mezzi, come squadra e non solo come reparto.


*: aldilà della lista degli infortunati, Mazzarri, Guidolìn, Reja, Allegri, Mihajlovic hanno definito una contrap­posizione tattica efficace proprio su questo nostro atteggiamento, allargando le proprie punte sui ter­zini sulla nostra fase di uscita laterale.


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