© Festival del film Locarno
Il tanto atteso applauso spontaneo in sala stampa è infine arrivato. Il film è in concorso, l’attrice è una vera icona e a dispetto dell’età ha fatto un vero one woman show. Con sobrietà, molta eleganza e abilità recitative di una scuola in via d’estinzione, Jeanne Moreau ha tenuto testa al resto del cast e la sua indiscussa presenza scenica ha riempito non solo gli ampi locali del magnifico appartamento parigino, in cui si svolge la nostra storia, ma pure tutto il cinema.
La scena si apre al giorno d’oggi in Estonia, paese innevato e ancora un bel po’ isolato dal resto dell’Europa. Seguiamo una donna, Anne, che una volta morta la madre si ritrova sola e annoiata, quindi decide di accettare un impiego a Parigi, città in cui ha sempre sognato di trasferirsi. Catapultata nella magica Ville Lumière, Anne dovrà accudire una ricca signora estone da decadi trapiantata nella capitale di Francia.
Frida era una donna di mondo, ha conosciuto il successo e i ricchi fasti, è sempre stata moderna ed invidiata, oggi, invece, si ritrova sola in una casa mausoleo, ma è fortunata: il giovane amante di un tempo, Stéphane, si prende cura di lei nonostante oramai pure lui abbia raggiunto la mezza età. Così Anne si ritroverà sui marciapiedi parigini a dover abbattere la barriera linguistica, culturale e sociale mentre in casa dovrà tenere testa all’ostile Frida con il solo aiuto di Stéphane, appunto.
© Festival del film Locarno
Il film di Ilmar Raag non è perfetto, ma è audace, si svolge per lo più all’interno di un’abitazione e il cast (a parte le fugaci apparizioni delle comparse) è composto da soli tre attori. Di fatto, la riuscita dell’opera è affidata alla sola Jeanne Moreau, la quale non delude le aspettative: è semplicemente perfetta, bella, sontuosa, tagliente e sorridente sempre al momento giusto. Così anche solo un suo sguardo riesce a trasmetterci gioia o dolore, rimpianto o rancore, circospezione o divertito capriccio. E tutti veniamo conquistati.
La nostra Frida è sulla via del tramonto ma non è per nulla pronta, ha energia e voglia di fare ma un corpo in decandenza, le mancano i riflettori e non solo quelli pubblici. Soffre ed ha momenti di sconforto sempre più frequenti a causa anche del fatto che i giorni diventano lunghi e noiosi. Dare battaglia alla propria domestica diviene quindi il modo per sentirsi viva, la valvola di sfogo e il passatempo migliore per riempire le proprie giornate. Fare i dispetti, rimproverare o essere capricciosa e fermarsi a raccontare storie dei tempi andati le concedono di non dimenticare e non scivolare nell’oblio.
© Festival del film Locarno
Il film è delicato, mai pesante o strappalacrime, è lo stesso personaggio di Frida a non concedercelo: lei ha troppa dignità per indurre sensi di colpa o farci impietosire! E lo stesso regista pare interessato a mostrarci come la senilità sia un capitolo che ci accompagna all’epilogo, non l’epilogo stesso. Quindi ci accomiatiamo con una Frida-Jeanne Moreau ferma sull’uscio che ci fissa e sorride, un nuovo cammino sta per cominciare.
Voto: 7 + , dove il + è per la regale Mme. Moreau che riesce a dimostrarci che solitudine, vecchiaia e ricordi possono essere condivisi con eleganza.