Une Promesse

Creato il 07 ottobre 2014 da Alesya @Alesya

Lui, lei, l'altro: per quanto irregolare e imprevedibile possa essere la sua forma, il triangolo schiera i suoi vertici sullo scacchiere sentimentale esattamente nel modo in cui ci saremmo aspettati, senza lasciare nulla al caso e riempiendo attese e speranze disilluse di lacrime e sospiri. A divenire più interessante delle storia stessa e del chi e del quando è allora l'involucro che la avvolge, il ricamo di colori e sfumature che a ragione di un particolare contesto storico, ideologico e sociale complica e arricchisce l'apparentemente semplice vicenda dei nostri innamorati rendendola il più prezioso dei pezzi unici, un oggetto da maneggiare con cura e da vedere e rivedere, per ammirarne al meglio ogni singolo dettaglio: è questa l'operazione di accurata cesellatura che Patrice Leconte compie per Una Promessa(A Promise, o Une Promesse volendo tener fede alla nazionalità del suo regista), presentato al Festival di Venezia 2013 e giunto nelle nostre sale con "appena" un anno di ritardo.
Nonostante si tratti del suo primo film in lingua inglese, Leconte rinuncia ad un'ambientazione che giustifichi la svolta anglosassone preferendo il setting tedesco della Mitteleuropa di Stefan Zweig, riscoperto nello stesso anno ma non toni completamente diversi dal Grand Budapest Hotel di Wes Anderson (anch'esso presentato a Venezia 2013): al centro del suo viaggio nel passato, l'amore tormentato fra il giovane ingegnere Friedrich Zeitz e Charlotte "Lotte" Hoffmeister, chiamata come la donna amata da Werther e come lei sposata a un altro uomo, il più maturo e malato capo di Friedrich.
Mentre il Novecento appena iniziato prosegue la sua corsa operosa e frenetica, Friedrich e Lotte scelgono di vivere in una dimensione rallentata in grado di mettere al riparo i loro sentimenti dalla furore metallico dei tempi: la camera che indugia con primi piani e mezzi primi piani regala agli amanti un romanticismo ormai fuori dal tempo, fatto di sguardi nascosti e accennate carezze, oggetti sfiorati perché ancora avvolti dal profumo dell'amata, mani che si stringono cercando riparo dal freddo, lettere di emozioni trattenute su carta e costrette ad attendere troppo a lungo prima di poter essere (?) finalmente consumate; all'alta società dei grandi saloni, degli abiti chiari di pizzo finissimo e degli ampi cappelli per Signore Leconte volge uno sguardo attento e malinconico, per raccontare con devozione tutta francese la Bellezza sinuosa di un'Epoca spazzata via dalla Guerra e dalle prime ombre dell'incubo nazista.
Il volto pulito di Richard Madden è perfetto per mostrare l'avvenenza di un Friedrich intraprendente, moderno e pur incredibilmente romantico, ma a sorprendere è soprattutto il modo in cui Rebecca Hall sia riuscita a costruire un personaggio completamente antitetico rispetto alla protagonista da lei recentemente interpretata in Parade's End, miniserie della BBC vicinissima al film nella scelta dei temi e del periodo storico: quanto Sylvia Tietjens era deliberatamente fedifraga, frivola e insolente nei confronti di un marito distante, tanto Lotte è dolce e solare, devota ad un uomo che l'ha salvata da un devastante dolore in gioventù ma allo stesso tempo incapace di resistere alla passione per un giovane pronto ad aspettarla per l'eternità; tenero e commovente è invece il povero Karl Hoffmeister di Alan Rickman, combattuto fra il desiderio per la felicità della moglie e l'impossibilità di rinunciare a lei.
Si può rimproverare al film di essere poco fantasioso, di indugiare troppo sulla costruzione della sua forma visiva e sulla sovraesposizione di un puro e semplice melodramma, ma guardando al risultato finale tali difetti appaiono piuttosto come un tocco di classe, nella rifinitura di una porcellana raffinata e delicatissima: per quanto accelerato e sfuggente, un mondo che non vuole più fermarsi a riconoscere la bellezza e la considera qualcosa di vecchio e superato è un mondo senza speranze.
Note:

Sul fronte colonne sonore segnaliamo il caro Gabriel Yared, sempre fedele al dramma sentimentale sin dai tempi de Il Paziente Inglese, con una soundtrack che alterna l'energia delle acciaierie al triste pianoforte della dolce Lotte.


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