Alla riunione per discutere ciò che è stato deciso dai consigli di facoltà piovono critiche a dirotto in uno scenario surreale
Se non si fosse trattato di un’area di discussione di diversi presidenti di corsi di laurea, si sarebbe presa una cosa del genere con molta leggerezza e magari anche con un pò di simpatia. Ma invece l’appuntamento è serio e merita di essere seguito con attenzione nonostante le sue enormi lacune. L’idea che ci si fa è quella di un sistema assolutamente sconquassato. Ma andiamo per ordine. La legge 240 del 2010 prevede che ad ogni dipartimento siano dati poteri sulla didattica e sulla ricerca e ad ognuno di essi vengano attribuiti dei corsi di laurea. Ora, si può procedere in due modi: 1) Assegnando le cattedre in eccesso ai dipartimenti a professori esterni ad essi (con contratti esterni ovviamente) 2) Creare una collaborazione tra dipartimenti in modo tale da agevolare l’assunzione didattica e creare rapporti interdipartimentali. Tutti optano, ragionelvomente, per la seconda tesi. A questo punto però si palesano problemi al limite dell’assurdo. “Questo modello va bene ma come si scelgono i corsi di studio che faranno parte di un dipartimento?” Questa domanda occupa buona parte della riunione. In effetti, soprattutto per le materie umanistiche, la pluridisciplinarietà è d’obbligo e si palesano diversi corsi di laurea al limite tra un dipartimento e l’altro. Infatti c’è il serio rischio di essere costretti a forzare l’inserimento di corsi di laurea in dipartimenti parecchio diversi dal loro ambito e, di conseguenza, rendendo quest’ultimi di poca importanza per il loro nuovo dipartimento. Si può schematizzare il sapere? Per la legge Gelmini si. Andiamo avanti. Altro problema che si presenta è quello dei dipartimenti deboli. Infatti, stando a ciò che dice lo statuto, i dipartimenti diventeranno dieci e ci sarà un forte dislivello tra dipartimenti grandi e piccoli. Quest’ultimi, essendo poco finanziati, rischiano di dover dipendere troppo dall’amministrazione centrale. Ma il bello arriva ora. Tutti si lamentano del fatto che gli accordi per i corsi di laurea che devono creare un dipartimento siano fatti per amicizia e non per questioni didattiche. Perciò, in un’università, dove i dipartimenti saranno la parte fondante della sua funzione, nonché della sua esistenza, si verranno a creare probabilmente per amicizia. Questo concetto viene espresso in tutti i modi. “I dipartimenti sono costruiti su basi compulsive” dice il professor Perrelli, il preside della facoltà di Lettere e filosofia, “Ora i dipartimenti si fanno vedendo se uno è della Juve o no” commenta infervorato il professor Veltri, preside della facoltà di ingegneria, “I dipartimenti si fanno per amicizie” commenta semplicemente il professor Barberi, preside della facoltà di fisica. Questo incredibile problema potrebbe essere facilmente superato, sostiene Perrelli, creando un organo di controllo per i dipartimenti, in modo tale da mettere al centro di essi la didattica. Infatti, per evitare associazioni in dipartimento dovute ad amicizie c’è bisogno di qualcuno che controlli e questo lo statuto non lo prevede.
Ad ogni modo, la cosa più importante, come sottolinea il professor Veltri è che nello statuto la parola “didattica” sostanzialmente non è presente. Si può anche ordinare alla perfezione i corsi di laurea in dipartimenti allineati altrettanto perfettamente ma se non si mette al centro dei problemi la didattica che senso ha tutto questo? Il compito dell’università non è in ogni caso quello di trasmettere il sapere? Sembra che si badi più a tracciare confini tra dipartimenti col righello che pensare alla base, cioè all’insegnamento. Così, mentre Perrelli si scusa per aver creduto il quello statuto tanto infame e Veltri tuona “Io lo sapevo!”, si passa all’ultima e senza dubbio più esilarante (se si guarda il lato comico) critica. A fine dovranno essere creati i nuovi dipartimenti ma ancora oggi non si ha alcun regolamento generale e nessun regolamento di dipartimento. L’unica cosa che sembra essere sulla buona strada sono gli accordi, infatti si dice che si sia deciso per gran parte dei corsi di laurea, a parte quelli al limite. Ma torniamo ai regolamenti. Come posso esserci accordi se non c’è prima un regolamento che li regoli? Finora perciò può esserci soltanto una bozza di accordi. Così ci si trova a parlare dello scenario futuro senza sapere quali saranno i regolamenti. Questo fa precipitare il dibattito nella facile critica e con essa nel vuoto. Non si sa che forma avrà ciò che si prospetta e ciò taglia le gambe alla discussione. Il tutto sembra essere finalizzato ad approvare qualsiasi cosa verrà proposto a causa della troppa fretta. E, dulcis in fundo, ora il consiglio di amministrazione si troverà a dover tagliare senza sapere quali sono i costi delle varie aree.
Lunedì si riuniranno il senato accademico e il consiglio di ammistrazione. Si spera riescano a fare un pò di luce almeno su qualcuno di questi problemi.
Francesco Rizzo