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UNIONE EUROPEA: Londra blocca l’adesione dell’UE alla Convenzione Europea dei Diritti Umani

Creato il 14 marzo 2012 da Eastjournal @EaSTJournal

di Davide Denti

UNIONE EUROPEA: Londra blocca l’adesione dell’UE alla Convenzione Europea dei Diritti Umani

La sede della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, a Strasburgo.

“L’Unione Europea accede alla Convenzione Europea per la salvaguardi dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali”, statua perentorio l’articolo 6 del rinnovato Trattato sull’Unione. Ma a tre anni dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, l’articolo 6 resta inattuato. Certo, non si tratta di un compito semplice: non si è mai vista una integrazione tra due organizzazioni internazionali separate (l’UE e il Consiglio d’Europa, organizzazione “madre” della CEDU), in cui l’UE entrerebbe a far parte in parità con i propri stessi stati membri. Ma le questioni tecniche sono manna per i giuristi, e così già a fine 2011 era pronto un progetto di strumento giuridico per finalizzare l’adesione. Passa Natale, arriva il 2012, eppure nulla si muove.

Barbara Lochbihler (membro dell’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa) e Kerstin Lundgren (eurodeputato liberale svedese) hanno così richiamato l’attenzione dei legislatori dei paesi membri attraverso un appello, il 25 gennaio 2012, perché il processo di adesione non deragli. L’adesione dell’UE alla CEDU è necessaria a garantire la coerenza tra la giurisprudenza delle due corti (la Corte di giustizia dell’UE, a Lussemburgo, e la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo a Strasburgo), a sottoporre anche le norme europee allo stesso scrutinio in materia di diritti umani delle norme nazionali dei 27 paesi membri, e a creare uno “spazio comune europeo dei diritti dell’uomo”.

Dietro il blocco si intravede il veto di Londra. La Gran Bretagna non è mai stata una grande sostenitrice della Corte di Strasburgo, sin da quando, negli anni ’70, la CEDU si trovava a decidere sui casi dei prigionieri IRA torturati dagli agenti inglesi. Ma la pietra dello scandalo oggi, tra Strasburgo e Westminster, è dovuta a due tematiche: in primo luogo, la ripetuta richiesta della CEDU di modificare la norma che priva automaticamente i prigionieri delle carceri inglesi del diritto di voto; in secondo luogo, i sempre più numerosi casi riguardanti il divieto di l’espulsione di cittadini stranieri verso paesi a rischio, impopolari soprattutto quando non si tratta di biondi bambini bielorussi, ma di barbuti predicatori islamisti.

Nemmeno la nomina di un inglese, Sir Nicolas Bratza, a presidente della Corte di Strasburgo è servita a distendere i rapporti e a far riguadagnare credibilità alla Corte. Il populismo risorgente a Westminster e lo “sciovinismo costituzionale” del governo Cameron non hanno aiutato in questo. Infine la stampa britannica, tipicamente non incline ad apprezzare le istituzioni europee – né tantomeno a distinguerle l’una dall’altra – si è lanciata sulla tematica, proponendo in ultimo un referendum sull’adesione dell’UE alla Convenzione CEDU, se non il ritiro del Regno Unito dalla Convenzione CEDU, o addirittura dalla stessa Unione Europea.


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