…non l’hanno pubblicata. Non voglio pensare male, in questi giorni hanno molto di cui occuparsi e chissà quante lettere ricevono. Quindi non me la prendo a male e la pubblico qui.
Caro Direttore,
Ho letto oggi lo scambio avvenuto tra lei e l’amico Senatore Chiti. Provo a rompere il muro che tradizionalmente porta persone come lei e me a cercare confronti in zone di maggiore comfort. E le scrivo.
Provo a scriverle perché continuo a sperare che le sue posizioni e quelle del suo giornale siano posizioni in buona fede e ho deciso tempo fa che il tempo speso per parlare con chi non è d’accordo con me, ma è in buona fede non sarebbe mai stato tempo perso.
Facciamo parte entrambi di una comunità vasta, quella italiana, dove Guelfi e Ghibellini hanno smesso da tempo di farsi la guerra e l’Italia non può prescindere dalla sua storia e la sua storia è anche la storia della Chiesa Cattolica, io questo non lo nego anche se faccio parte di quelli che abolirebbero il concordato. Non lo nego perché provengo da una famiglia profondamente cattolica e non posso prescindere dalle mie origini anche se spesso e volentieri le contesto. L’esercizio che faccio da quando discussi con il mio catechista è quello di separare le due cose. Il mio essere cittadina in relazione con altri cittadini da quello che provo spiritualmente. Mi definirei qualcuno che ogni tanto ci crede. Che spesso vorrebbe crederci di più e altrettanto spesso mi arrabbio per quanto si dipana il potere della Chiesa attraverso vie che non mi fanno scorgere la finalità spirituale. Sono cresciuta tra i francescani e confesso che tifo per il lavoro di questo Papa: riportare la Chiesa alla sua pietra iniziale, allo spirito del cammino comune, dove le guide non hanno ruoli gerarchici, ma solo più responsabilità. I pastori vivono con le pecore. Non altrove (potremmo anche discutere per ore se davvero la relazione tra credenti e Chiesa debba essere ancora considerata quella tra pastore e pecore, ma non è per questo che Le sto scrivendo)
Ci sono però alcune cose che non comprendo nel dibattito sulle unioni civili. Non comprendo perché la Chiesa si sia opposta negli anni al riconoscimento civile (e non religioso, anche se nei paesi del Nord Europa il dibattito è così avanzato che la discussione è arrivata anche a quel livello) da parte dei Governi di consentire a due persone dello stesso sesso di potere avere lo stesso riconoscimento giuridico civile (attenzione: civile) di una coppia sposata civilmente.
Non lo comprendo. Non sto discutendo del matrimonio religioso, né del fatto che la Chiesa oggi voglia (ancora) attribuire alla procreazione un motivo per benedire di più e meglio una relazione d’amore. Come si può dire che io e la mia compagna non ci amiamo come le tante coppie eterosessuali di nostri amici? O che non abbiamo le stesse difficoltà? O che non compiamo lo stesso cammino di crescita insieme?
In questo passaggio che vorrei chiarire con lei non sto toccando il tema dei figli, lo farò più sotto, a parte. Mi spieghi, la prego, con parole semplici perché la mia famiglia è meno famiglia di quella dei nostri amici che non hanno figli e magari non li faranno?
Veniamo ai figli. E’ un argomento di cui si parla da pochi anni perché le coppie omosessuali così come le tantissime coppie eterosessuali moderne possono accedere a tecniche di riproduzione assistita. Prima dei figli non se ne parlava, ma la Chiesa si opponeva comunque al riconoscimento delle coppie omosessuali. Ora mi spiega perché non vi arrabbiate con i governi che non mettono le famiglie in condizioni di fare figli? Io più che combattere la teoria gender (che non esiste perché nessuno sostiene che non ci siano differenze tra maschi e femmine, ma tutti sosteniamo che anche le bambine devono essere felici e pensare di potere arrivare ovunque come i maschietti) farei manifestazioni perché a Roma le famiglie non trovano gli asili pubblici. Organizzerei imponenti manifestazioni in ogni città dove il sindaco dorme e non mette in condizione le donne di poter fare figli senza dovere temere di perdere il lavoro che è la vera, macroscopica causa del calo demografico italiano.
Oppure convertirei tante strutture religiose in asili per consentire alle donne di fare figli e di essere aiutate a crescerli. Io non capisco perché la Chiesa sia entrata in questo cortocircuito per cui si oppone al fatto che due adulti vogliano comporre una famiglia. Insomma nell’immaginario collettivo le persone omosessuali erano persone disordinate e promiscue. Per questo venivano additate come perverse, pericolose. Questa era la narrazione che degli omosessuali veniva fatta quando io ero bambina. Nel frattempo magari a molestare i bambini erano il vicino di casa padre di famiglia, il parente, il parroco (non si arrabbi, non voglio polemizzare).
Poi gli omosessuali sono diventati visibili si è scoperto che si amano come tutti (perché l’amore è dell’umano e non proprio del solo umano eterosessuale). Lo avevano sempre fatto, ma non si vedevano.
Poi gli omosessuali hanno dato voce al loro desiderio di genitorialità che in realtà avevano sempre avuto perché quel desiderio è un istinto anch’esso così naturalmente proprio dell’essere umani. Perché negarlo? Ovviamente io non sto negando che per fare figli non ci voglia la combinazione di uno spermatozoo e di un ovulo. Non lo nego affatto, sarei stupida a negarlo.
Ma quanti di coloro che sono in grado di procreare sono anche bravi genitori? E quante persone sterili o religiosi sono stati ottimi genitori? Perché chiamiamo i parroci, “padre”? O le suore “madre”? Non è perché riconosciamo della genitorialità nella loro scelta di farsi pastori di anime?
Posso comprendere profondamente il dibattito sulla questione figli se questa diviene una questione etica che ci riguarda tutti. Omosessuali ed eterosessuali. Discutiamone senza brandirla come arma anti gay, vi prego, vi imploro. Il dibattito sulla procreazione assistita non riguarda i gay. Ci riguarda tutti. So che sul tema (anche quando riguarda coppie eterosessuali) io e lei non potremo mai andare d’accordo, ma proviamo a portare il dibattito ad un livello più giusto, più onesto. Almeno voi, che sono certa siete in buona fede. Vi prego.