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Unità d'Italia o della Sardegna?

Creato il 26 marzo 2011 da Giancarlo
Il Jester, ha riaperto una vecchia ferita, quella che i vincitori chiudono con rappezzi destinati a lacerarsi nel tempo, e oggi ha pubblicato il pezzo che segue. La prima parte è il commento dello stesso Jester, seguito dal discorso di un Sardo (con la S maiuscola) DOC. - Ma vi lascio alla lettura.
Unità d'Italia o della Sardegna?Stamattina non avevo grossi impegni. Potevo lavorare oppure stare a letto a dormire. Poi però ho deciso per una via di mezzo: unire l’utile al dilettevole. Sono uscito di casa e sono andato alla Conferenza di Sardegna Mediterranea, la Fondazione dell’On. Salvatore Cicu, dove si trattava la tematica delle autonomie. E ho appreso un sacco di informazioni interessanti dalle parole dello storico, professor Francesco Cesare Casula, sull’unità di Italia e le allegre omissioni sul processo unitario. A tal proposito, il professor Casula ha scritto un libro: «Italia. Il grande inganno. 1861-2011» che parla delle gravi, anzi gravissime mistificazioni sul ruolo della Sardegna nel processo di unificazione; processo che in verità non è nato nel risorgimento ma che affonda le proprie radici nella storia sarda, e cioè nella storia dei processi politici verificatisi in Sardegna nel XVI secolo. E ciononostante, la Sardegna – assurdamente – è rimasta fuori dalle celebrazioni dell’Unità d’Italia (Cagliari fu capitale del regno sardo fino al XVIII secolo).

Non sono uno storico, e dunque per me è difficile ricostruire e condensare un punto di vista così complesso. Eccezionalmente, vi lascio perciò alle parole di Professor Casula con una premessa: quando il professore parla di derivazione dell’Italia dal Regno di Sardegna, pone l’accento sull’elemento giuridico e dunque istituzionale (che è quello che interessa), e non già sull’elemento nazionale (elemento che unisce un popolo sulla base della cultura e delle tradizioni comuni), sul quale il discorso diventa più articolato e che in verità esula dalle considerazioni unitarie. Leggete e ne scoprirete delle belle. Questa è la storia che a scuola non vi insegnano…


Sono stanco, non ho più parole: da oltre vent’anni vado dicendo le stesse cose, ampiamente dimostrabili, ma nessuno mi sta a sentire, perché noiose per menti pigre o perché non combaciano con ciò che si è appreso e si apprende dalla scuola, dai giornali, dai libri, dalla radio, dalla televisione, da tutto il sentimento nazionale. Perciò, vengo snobbato. Mi vien voglia di gridare: basta. Se ne avete vaghezza, andate a leggere “La terza via della storia. Il caso Italia” e, se lo capite, portatelo avanti – voi, e non più io – nelle conseguenze politiche, che sono dirompenti [...].
Ma non ci credo. Noi sardi non abbiamo palle: siamo nati sottomessi e sottomessi moriremo.
Comunque, oggi, per l’affetto e la stima che ho nei confronti di Gianfranco Pintore, il quale unico intellettuale molto di me ha recepito e incanalato nel filone letterario, provo a ridire in parole povere la storia: la nostra storia sardo-italiana, non come materia scolastica ma come materia filosofica, cioè come modo di pensare.
Se si prende un atlante si vedrà che tutto il mondo è frazionato in Stati, con tanto di confini, popolazioni dentro i confini, rispondenti ognuna a leggi proprie. Lo Stato è un concetto inventato dall’uomo fin dalla sua nascita, fin dal periodo delle caverne, e condiziona tutta la sua vita. Eppure, nessuno storico ne fa la storia. Se si immagina uno Stato come un’automobile, gli storici fanno la storia del guidatore, ovverosia dei governanti statali, siano essi re o principi o presidenti, ecc.; oppure fanno la storia dei passeggeri, ovverosia del popolo, con tutte le guerre, le rivoluzioni, gli affanni, le gioie e le miserie da esso patite. Nessuno pensa però, a fare la storia dell’auto, ovverosia dello Stato, senza il quale non ci sarebbe né il guidatore né i ci sarebbero i passeggeri.
Rapportate questo banale esempio al “caso Italia/Sardegna”. Qual è la Storia, la nascita e lo sviluppo dello Stato oggi chiamato Repubblica Italiana? Il Diritto parla chiaro: «L’attuale Stato italiano non è altro che l’antico Regno di Sardegna ampliato nei suoi confini». Quindi, non c’è mai stata un’unità d’Italia ma uno Stato, chiamato Regno di Sardegna, nato in Sardegna, a Cagliari-Bonaria il 19 giugno 1324, che per annessione ha incamerato dal 1848 al 1861 tutti gli Stati della Penisola italiana (non si deve credere alle mie parole ma si deve credere al Diritto che specifica bene cosa vuol dire unità fra Stati e cosa vuol dire annessione di Stati).
Il 17 marzo 1861, visto che l’automobile si era ingrandita enormemente inglobando le ecumeni delle fagocitate automobili peninsulari, il guidatore dello Stato sardo (cioè Vittorio Emanuele II di Sardegna, imbeccato dal Cavour) pensò bene di cambiargli il nome, da Regno di Sardegna a Regno d’Italia.
Ed è così che, col cambio del nome allo Stato la domenica mattina del 17 marzo 1861, ha inizio il “Grande Inganno” che coinvolge ed inficia non solo la storia nazionale ma tutto il modo di pensare della società oggi detta italiana.
In verità, il cambio del nome di uno Stato non è una cosa arbitraria, incostituzionale. Sia il nome sia il titolo sia la simbologia statuale appartengono alla categoria degli “attributi di personalità” dello Stato, i quali possono essere modificati o addirittura aboliti senza che lo Stato ne soffra o cambi la propria condizione giuridica. Nel corso della storia ciò è avvenuto tante volte in tutto il mondo: nel 1302 il Regno di Sicilia cambiò il nome in Regno di Trinacria, nel 1789 il Regno di Francia cambiò il titolo e il nome in Repubblica Francese, dal 1939 al 1947 la Spagna non ebbe né titolo né nome, chiamandosi semplicemente El Estado.
Il cambio del nome nel 1861, da Regno di Sardegna in Regno d’Italia fu, probabilmente, una cosa giusta e sensata, in quanto la maggior parte della ecumène statale era ora rappresentata dalla penisola italiana.
Ciò che, invece, fu e resta ingiusto e inaccettabile è che col cambio del nome si sia cambiata anche la storia istituzionale, politica e sociale dello Stato, e che con esso cambio si sia introdotto nella società l’inganno che il binomio Italia-Penisola voglia dire Italia-Stato, ed il mito che tutto ciò che era dello Stivale prima del 1861 faccia parte da sempre di un’unica vicenda territoriale, di un unico idem sentire, di un’unica cittadinanza e nazionalità che nella sostanza tradisce il reale percorso statuale oggi detto italiano.
Da quella mattina del 17 marzo 1861, infatti, la storia dello Stato non è più la storia del Regno di Sardegna, iniziato nel 1324 e pregnato per 537 anni dal sangue e dal sudore dei sardi isolani e continentali ma la storia della penisola italiana, dagli etruschi ai romani, dai longobardi ai normanni, dai veneziani, toscani, napoletani ai piemontesi. Per cui, a scuola, dove si plasma e s’indirizza la società del domani, s’insegna la battaglia di Legnano o la disfida di Barletta affatto ininfluenti nella formazione dello Stato, e non la battaglia di Lutocisterna o la battaglia di Sanluri senza le quali, oggi, non ci sarebbe quell’entità per la quale tutti noi, insulari e peninsulari, lavoriamo, preghiamo, combattiamo e paghiamo le tasse.
Tutto quello che ho detto è dimostrabilissimo attraverso fonti archivistiche, cartografiche, iconografiche, ecc. Ma a nessuno importa. Non importa ai sardi e non importa ai connazionali continentali, perché ho sollecitato il Sindaco di Cagliari a far votare in consiglio la dichiarazione della città come prima capitale dello Stato oggi detto italiano, senza risultato; ha invitato la Regione a dichiarare la Sardegna come matrice dello Stato sardo-italiano, senza averne risposta; ho chiesto ai deputati sardi, di Destra e di Sinistra, di presentare una mozione al Parlamento bicamerale nazionale (hanno risposto solo Delogu e Fantola), senza ottenerne alcun riscontro. Risultato: noi che rappresentiamo la nascita, l’infanzia e la giovinezza dello Stato non siamo nemmeno inseriti nelle celebrazioni del centocinquantenario della cosiddetta Unità d’Italia. In compenso, viviamo contenti fra campanacci, coltelli, cestini e tappeti. Viva la Sardegna!
Professor Francesco Cesare Casula
Scritto tratto dal Blog di Gianfranco Pintore

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