Scopo della ricerca – spiegano le autrici Silvia Galdi, Anne Maass e Mara Candiu – è stato verificare l’esistenza o meno di “una relazione causale tra esposizione a programmi televisivi che propongono un’immagine oggettivante della donna e comportamenti di molestia sessuale“. Per farlo, sono stati condotti due studi sperimentali, che hanno coinvolto uomini di età compresa tra i 18 e i 48 anni e hanno permesso alle ricercatrici di trarre le loro importanti conclusioni.
Per il primo studio i partecipanti sono stati suddivisi secondo un criterio casuale in tre gruppi, a ciascuno dei quali le psicologhe hanno proposto la visione di un video di 3 minuti. Ogni gruppo ha guardato un video differente: un documentario sulla natura, un video con donne in ruoli professionali di prestigio e infine un video con sequenze di programmi tv con protagoniste donne-oggetto. Dopo la visione del video, ai partecipanti è stato somministrato un questionario, per rilevare quanto gli uomini aderissero alle visioni tradizionali del ruolo maschile. Il secondo studio è consistito invece nel proporre ai volontari un’interazione con una donna fittizia su Internet, e nel registrare il numero di barzellette sessiste da loro inviate.
I risultati? Gli uomini esposti al video con le donne-oggetto hanno mostrato maggiore adesione alle norme che per tradizione regolamentano il ruolo maschile e i rapporti tra i sessi. E, parallelamente, si è rilevata in essi anche una maggiore tendenza alla molestia, testimoniata da un più alto numero di barzellette sessiste inviate. Insomma, spiegano le psicologhe, “un’esposizione, pur brevissima, a un materiale che veicola un modello svilente del ruolo femminile aumenta il comportamento di molestia, per il fatto che favorisce una maggiore adesione alle norme tradizionali riguardanti il ruolo maschile”.