Oltre 40 decreti attuativi, tra deleghe, atti ministeriali e decreti legislativi, per rendere operativi i 29 articoli al centro del dibattito nell’autunno caldo studentesco. La discussione sullo Statuto degli atenei, in cui le diverse realtà territoriali proveranno a contrapporre un’idea di università costruita dal basso alle spinte accentratrici e livellanti della Riforma. Le criticità rilevate dal Presidente Napolitano su professori aggregati, lettori, borse di studio e contratti per esperti.
E poi ‘reclutamento, valutazione e adeguamento degli statuti’, ovvero le priorità di Mariastella Gelmini, che nei prossimi sei mesi, probabilmente già in sede di conversione del decreto milleproroghe, partirà dalla definizione delle nuove modalità concorsuali per trasformare le università pubbliche italiane.
Non senza che i protagonisti del movimento anti-Gelmini provino a porre un argine ai danni paventati, nel tentativo di sfruttare ‘dall’interno’ quei pochi margini di manovra che si aprono o di sperimentare nuove forme di protesta.
L’approvazione della Riforma, ormai Legge 240/2010, non è bastata, infatti, a spegnere le proteste e disperdere i movimenti che tanto in questi mesi l’hanno combattuta e, sebbene tutti ammettano che la sconfitta politica c’è stata, ora urge capire come riorganizzare la battaglia.
Nessuno osa ancora fare previsioni, né tantomeno bilanci, su cosa succederà entro il 2011 nei singoli atenei: l’obiettivo pare da più parti intervenire in quel complesso iter burocratico (per ostacolarlo nel suo disegno originale, s’intende) che rappresenterà la vera costruzione passo dopo passo della Riforma.
Lo scenario è certamente cambiato, pur se ancora nebuloso, e lo hanno ben capito i ricercatori del CRUNIBA, che mercoledì scorso in assemblea hanno definito le prossime mosse per spostare la mobilitazione dal piano nazionale a quello locale, focalizzando l’attenzione sul problema della rappresentanza (negli organi centrali così come nei singoli dipartimenti), sulla tutela dell’autonomia della ricerca, sull’attribuzione delle risorse e sulla retribuzione per le attività didattiche svolte.
L’Assemblea ha, inoltre, deciso che ‘i ricercatori di Bari sono invitati a valutare in apposite assemblee di facoltà se riprendere l’attività didattica in alcuni corsi di laurea, purché qualificanti e particolarmente rilevanti per la ricerca e per la funzione dell’Università statale’ (il testo integrale della mozione è disponibile qui…).
I ricercatori di Bari, dunque, cambiano strategia, revocano parzialmente l’indisponibilità a farsi carico della didattica e lanciano la proposta di elaborare un’idea di università diversa, pubblica, indipendente e d’eccellenza, all’interno del confronto con le altre componenti di Uniba per la scrittura dello Statuto d’Ateneo.
L’Alternativa ha raccolto le voci critiche e le proposte di altri protagonisti del dibattito sul futuro dell’Università di Bari ad un mese di distanza dal via libera al Senato della Riforma.
Rettore Corrado Petrocelli
Sottoscrivo i rilievi del Presidente Napolitano (http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2010-12-30/napolitano-promulga-riforma-gelmini-172414.shtml?uuid=AYXx3kvC&fromSearch), come quello sui cosiddetti ‘esperti esterni’, in quanto le competenze non si valutano dal reddito, ma dalle capacità professionali. Per quanto riguarda i lettori, già vivono da anni in una sorta di ‘limbo’ relativo all’inquadramento giuridico della loro figura: a mio avviso bisognerà fare in modo che ci siano in ogni ateneo dei veri e propri centri linguistici specializzati, pronti ad accogliere studenti da tutto il mondo, piuttosto che mantenere gli esperti di lingua in maniera frammentata, distribuiti tra i singoli dipartimenti.
Alcuni cambiamenti che toccano l’Università degli Studi di Bari sono di carattere nazionale, come i concorsi, per cui è prevista la presenza di una commissione nazionale ed una lista di idonei. Altri sono già in atto nella nostra università: si pensi al Codice Etico, che si affianca alla Carta dei Diritti e dei Doveri degli Studenti, ed alla razionalizzazione dei corsi di laurea, già avviata a Bari non solo per esigenze di bilancio, ma per migliorare qualità ed efficienza (non a caso non abbiamo fatto solo tagli, sono addirittura nati nuovi corsi).
La distribuzione di compiti e competenze diverse tra i dipartimenti, come la didattica o la chiamata per i docenti, non è di per sé un fatto negativo, ma bisognerà fare in modo di conservare nel complesso il coordinamento dell’offerta formativa.
L’Università di Bari è, inoltre, una tra le 5 università (su 88) in cui il mandato del Rettore è già limitato a tre anni (ragionamento giusto, ma che io estenderei anche ad altre categorie, come i Parlamentari!): il Rettore, però, dovrebbe continuare ad essere eletto da tutto il mondo universitario, senza escludere personale tecnico, rappresentanti degli studenti e ricercatori.
Per quanto riguarda la governance degli atenei, nei Consigli di Amministrazione entreranno 3 o più membri esterni di ‘qualificate competenze ed esperienze’, ed è su questa definizione che bisognerà giocarsi la partita: deve trionfare l’idea di una ricerca libera e autonoma, pur mantenendo legami costruttivi con il territorio.
Tasto dolente sono le questioni economiche: quella di Bari non è una situazione che può risolversi, anzi i tagli renderanno il buco di bilancio un problema insostenibile. Condivisibile l’idea di valutare gli atenei, ma i criteri devono essere equi e va tenuto conto che le università sono diverse per ragioni storiche, dimensioni, caratteristiche, perché è diverso il territorio con cui si confrontano, con un differente tessuto infrastrutturale, bancario e industriale, con una maggiore o minore capacità di assorbire il capitale umano che l’università forma. Bari non è Trento, quindi la nostra valutazione non va fatta in relazione alle casse di Trento, ma sulla base di come stiamo noi, per esempio, rispetto a 4 anni fa: se abbiamo fatto progressi, allora non è giusto che ci venga tagliato l’FFO.
Meritiamo o no che si tenga conto del fatto che stiamo inaugurando il cantiere per un asilo nido per dipendenti all’interno del Campus, che siamo sede del servizio civile e dello sportello per il volontariato, che abbiamo aderito alla Banca del Tempo?”
Studente – Leonardo Madio, Link Bari
“Il ddl Gelmini, ora legge, distrugge l’attuale sistema di diritto allo studio. Non solo si delega il Governo ad intervenire con una riforma che non passerà dagli scranni del Parlamento, ma, mentre si introduce il Fondo per il merito, si continuano a tagliare le borse di studio per gli aventi diritto: capaci, meritevoli e con condizioni economiche svantaggiate.
In Puglia tantissimi studenti saranno costretti a decidere sul loro futuro, scegliendo se continuare o meno il percorso di studi, con la copertura delle borse di studio ai minimi storici.
Ora la partita sulla “privatizzazione dell’università” si sposta a livello di Ateneo, con l’adeguamento degli Statuti alle disposizioni contenute nel ddl Gelmini. Stiamo lavorando, a Bari come in altre città in cui Link è presente, su proposte di Statuto giuridicamente coerenti, ma in grado di evitare che le Università vengano snaturate dalla loro funzione formativa con l’ingresso di soggetti privati.”
Professore associato – Roberto Gagliano Candela
La legge richiede, poi, che tutti i componenti del Cda siano ‘in possesso di comprovata competenza in campo gestionale e di un’esperienza professionale di alto livello’, senza distinguere fra componenti eletti nell’ambito del corpo docente ed esterni, facendo così mancare il discrimine fra criterio della rappresentanza e criterio della competenza. La formulazione dei requisiti indicati appare, dunque, troppo vaga per impedire l’ingresso nel Cda di esterni caratterizzati per appartenenze o filiazioni che nulla hanno a che fare con soggettive competenze gestionali o esperienze professionali. La previsione di una percentuale elevata di esterni rischia, inoltre, di introdurre elementi di conflittualità con i componenti designati dal corpo docente, con pregiudizio del buon andamento dell’amministrazione universitaria in violazione dell’art. 97 della Costituzione.
Il cofinanziamento privato dei posti di ricercatore a tempo determinato e dei docenti, infine, identificando anche il soggetto, porterà fra una decina d’anni ad una università controllata da enti politici e privati. Addio autonomia dell’Università, possiamo ben dirlo!
E in tutto ciò la copertura finanziaria dov’è? Non si fanno riforme senza soldi!”
Studente – Rogero Paci
Silvia Dipinto