Ieri sera (12 Luglio) a Berlino è stata inaugurata la mostra dedicata ai lavori più interessanti degli studenti dell’ Universität der Künste (UDK), una delle più importanti università artistiche della Germania. L’intero edificio, un’imponente costruzione sulla Hardenbergstrasse nel quartiere Ovest di Charlottenburg, è stato adibito a spazio espositivo, dando vita ad una sorta di museo dinamico nel quale ogni stanza si è trasformata in una piccola galleria d’arte. Il fatto che gli artisti fossero tutti studenti ha contribuito a mantenere l’atmosfera leggera e volta alla partecipazione attiva da parte del pubblico, lasciando da parte quel carattere austero che l’arte contemporanea tende ad assumere in certe occasioni ufficiali, dove sembra quasi che il dotarsi di un atteggiamento altezzoso sia una condizione tanto necessaria quanto sufficiente.
Inoltre il giardino interno era praticabile, grazie ad una generosa tregua concessa dalla pioggia che continua ad innaffiare quotidianamente la flora e la fauna berlinese, incurante del calendario. Il palco che è stato montato al suo interno, sul quale si sono esibiti vari enseble della scuola d’arte, e i il profumo di Wurst e bistecche che venivano cotti alla griglia hanno ulteriormente rafforzato l’impressione di trovarsi in una grande festa, alla quale la città non ha mancato di rispondere con una massiccia partecipazione. Anche il sindaco Wowereit è stato avvistato tra le opere degli studenti, guidato per l’occasione dal rettore dell’università. Unico disguido: la fila lunga decine di metri che si è creata all’esterno dell’edificio verso le 8 e 30.
Ma al di là dell’atmosfera rilassata e dell’allegro caos che si è creato, il giudizio rispetto a quello che ho potuto vedere è sicuramente positivo. Ovvio che, considerando la mole di materiale esposto e la giovane età degli artisti, non tutte le opere erano dotate di una ragione d’essere. In alcune delle aule adibite a gallerie mi sono imbattuto in alcune composizioni deboli dal punto di vista stilistico o concettuale, oppure troppo simili ad opere che artisti più famosi hanno già avuto modo di far conoscere al grande pubblico. Anche il peccato giovanile dell’esagerazione non è mancato, e mi è sembrato che molte buone idee risultassero in fin dei conti rovinate dalla voglia di stupire che traspariva fin troppo chiaramente. Ci sono artisti che, invece, hanno a mio parere saputo trasmettere una sincera emozione al fruitore attento, destandolo dalle sue comode certezze e ponendolo davanti a qualcosa di conturbante.
E’ infatti mia ferma convinzione che l’arte contemporanea riesca a svolgere il suo ruolo rendendosi elemento di disturbo, nell’ambito di un risveglio delle coscienze che sia volto a ricostruire la possibilità di un’utopia rispetto allo stato attuale delle cose. In questo senso, ho avuto la possibilità di visitare almeno due aule all’interno delle quali le opere erano dotate di un profondo senso unitario, e non avrebbero sfigurato in un museo di arte contemporanea. La prima è il “cantiere per lavori sporchi e pesanti”, ovvero scultura e affini, per entrare nella quale era necessario scavalcare una ragazza sdraiata all’ingresso e sulle cui pareti erano proiettati in diretta dei commenti di vario genere a proposito delle persone che osavano varcare una simile soglia per apprezzare i lavori esposti. La seconda stanza che mi ha colpito, a mio parere vero highlight della giornata, è quella dedicata alla “rappresentazione plastica e spaziale”. Immersa nel buio, essa contiene uno schermo su cui vengono proiettati dei corti molto interessanti sul tema “Suspense” e varie sculture, tra cui spiccano ”Diamant” di Peter Behrbohm e Nikolas von Schwabe, “Senza titolo” di Bernd Misoge e “Hunde” (cani) di Gonzalo Fidalgo.
In fin dei conti, fa piacere vedere come tanti giovani perseguano la strada dell’arte, ignorando quella voce che proviene dall’esterno ed impone a ciascuno di noi di rendersi immediatamente vendibile sul mercato, flessibile e pronto a scendere a patti con la società. Anche se non mancano alcuni episodi narcisistici ed autoreferenziali, resta l’impressione generale che si trae è quella di un sincero tentativo creativo, che pur non riuscendo in tutte le sue forme fornisce utili spunti di critica e riflessione.
Riccardo Motti
In alto a sinistra: opera di Michael Ruiz, al centro: il sindaco Wowereit in visita; in basso a sinistra: “Hunde” di Gonzalo Fidalgo. Riproduzione riservata