Un anno dopo, riporta Libero, l’alfiere dell’aborto chimico è rimasto, anche lui, vittima del deficit (attorno ai 500 milioni di euro) delle Asl pugliesi e della dubbia gestione del sedicente “cattolico” Nichi Vendola.
Blasi ha deciso così di gettare la spugna e andare in pensione in anticipo, a 60 anni, anche se avrebbe potuto continuare per altri 5 anni come prevede la legge. «Così non si poteva più proseguire», ha spiegato il medico puntando il dito contro la «mancanza di organizzazione» dell’ospedale e, soprattutto, contro le promesse «tradite» da parte dell’amministrazione sanitaria. Di quello che lui aveva chiesto un anno fa, un ambulatorio dedicato e il potenziamento dell’organico, non s’è visto nulla. In particolare, sarebbero dovute arrivare due ostetriche e altret-tante infermiere per costituire un’equipe da destinare solo agli aborti tramite pillola. Nell’ultimo anno, all’interno dell’ospedale barese, sono stati eseguiti 300 aborti con la Ru486. Il quotidiano commenta: «L’unico (triste) dato di efficienza, forse, in una sanità andata a rotoli da un pezzo». Ricordiamo che la Relazione annuale sulla interruzioni volontarie di gravidanza del 2010, ha certificato che la percentuale di ginecologi “contrari” supera l’80% in alcune regioni, tra cui Lazio, Veneto e Campania, mentre la media generale è oltre il 70% (cfr. Ultimissima 2/9/10).