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uno e trino

Creato il 30 maggio 2012 da Plus1gmt

Ci ho messo un po’ alle medie a capire in cosa consistesse il settore primario, quello secondario e quello terziario. E l’ho imparato perché sapevo benissimo che il primario fosse l’agricoltura, ma quando risposi all’insegnante che il secondario era la caccia, lei rise e mi disse che, seguendo il mio ragionamento, il terziario avrebbe dovuto essere la pesca. Ora non ricordo se non l’avessi studiato o l’avessi studiato senza capire, fatto sta che da allora sono sempre riuscito a collocare il lavoro nei campi e quello nell’industria ai vertici dell’operosità del genere umano, ancor prima che dell’economia, proprio grazie a quella figuraccia. E già allora ho capito che il terziario, avanzato per giunta, potremmo lasciarlo da parte perché potrebbe anche essere inteso nulla più di un di cui. Sono i primi due che fanno girare le cose e lo si capisce perché viene un terremoto o una catastrofe naturale e il lavoro non c’è più. Ci sono la solidarietà, gli sforzi per la ricostruzione, la dignità e anche un po’ di sofferenza, e tutto ciò genera sollievo. Ma un capannone che crolla o un raccolto portato via da un’alluvione cancellano in pochi istanti mesi se non anni di sacrifici e un fattore così decisivo per il sostentamento basilare di tutti noi è primario per forza di cose, e più che secondario definirei primario ex aequo anche ogni tipo di lavoro manuale applicato all’industria. E l’aspetto paradossale è che, dopo una catastrofe, resta invece indenne solo il terziario soprattutto verso quella parte di individui che un po’ se ne approfittano perché comunque possono andare avanti a interpretare le altre attività produttive, quelle dei contadini e quelle degli operai, perché anche se sono state spazzate via da un crollo o da un’alluvione è possibile continuare a raccontare le conseguenze, documentare gli avvenimenti, informare e divulgare notizie, dato che parlare del lavoro degli altri, quando il lavoro non c’è più, è l’unica cosa che rimane inalterata.



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