Cammino a passo svelto, vestito in borghese, stretto nelle spalle con il volto ritto sulla strada e le mani al sicuro nelle tasche dei jeans. Scosto il corpo di traverso avendo cura di non farmi toccare dai passanti che affollano la piazza alle prime ore della sera. Destra, seduta al bar la donna con il vestito celeste a fiori lascia il tavolino tondo scostando goffa la sedia incurante della presenza del cameriere col vassoio in precario equilibrio dietro le sue spalle facendolo ruzzolare a terra. Sinistra, la mano furba di un bambino trafuga svelta da vasi blu due traboccanti sbiadite arance accatastate in un’acerba piramide che crolla l’attimo dopo esser stata derubata del suo equilibrio. Davanti ai miei occhi le porte della chiesa di Santa Maria in Trastevere s’aprono maestose a far entrare la bara di un cristiano seguito da una manciata di parenti, cuscini di rose, gigli e condensa che sale dal nero sampietrino arso dal petrolio infiammato dal mangiafuoco teatrante. Le campane invitano i commensali d’ostia alla solenne messa. L’orologio sottostante il campanile picchetta le 18:00. Tutto è così come deve essere. Ogni atto combacia così come l’ho già osservato nella mia visione, e la prima goccia di pioggia acida cade sul mio labbro, e subito le nuvole rovesciano l’acquazzone sopra la mia testa mettendo in fuga le mamme con i passeggini che mi sfrecciano di fianco che quasi scivolo.
– Perfetto, bisbiglio. Freme sotto il mio naso il puzzo di panni stesi e d’umida carne di pesce espandendosi nello stretto vicolo che ho appena imboccato. Inspiro profondamente e il primo dei brividi mi percuote. Svolto l’angolo. Venditori ambulanti in balia del mal tempo coprono le loro chincaglierie con lenzuoli bianchi tristi in volto. Il papà con la camicia a quadri s’affretta a far rientrare la piccola figlia in casa, snoda un braccio di corda dal ramo dell’albero che sosteneva insù il sellino abbandonandolo al suo dondolio floscio e obliquo. L’odore dolciastro della corda bagnata insinua le mie narici e il secondo brivido mi contorce il petto. I due soldati in un via vai sul posto parlottano se rientrare o meno al coperto, loro di fronte, il pittore col cappello viola e il papillon turchese è seduto a dipingere su fogli rettangolari mentre la pioggia ne bagna gli angoli, incurante delle bizzarrie del tempo nel mese di luglio. La scalinata è alle sue spalle. Alzo di poco lo sguardo, leggo la scritta Trastevere Noir Festival sventolare su di un nastro di raso. Avanzo lento verso di lui. L’assenza di persone in coda sugli scalini e lungo le vie che sfociano nella piazza allargano lo spazio circostante, il nero dei sampietrini s’addensa, le fessure che ne delineano il perimetro si dilatano, acqua e terra si plasmano in una pellicola vischiosa e molle. Inspiro profondamente l’odore crudo delle pietre fradice. Tutto attorno m’appare oscura piuma di corvo, la mia vista è nera. Il brivido ora è un impulso costante d’elettricità. Tiro fuori una mano dalla tasca, afferro la ringhiera della scalinata per sorreggermi. Tiro fuori l’altra e con uno schiaffo mi premo l’indice e il medio contro la tempia. Il tormento mi soffoca, penetra nelle narici, scivola nella trachea, affoga nei polmoni. Chiudo gli occhi camminando nella mia visione. Inspiro profondamente odore di ruggine e ferro e bianco. Finalmente quel bianco e le luci dei lampioni in contrasto con il crepuscolo della sera illuminano i volti delle persone che ovunque parlano, sorridono, scendono dalla scalinata, in gruppi di cinque e di tre. Alcuni sono già amici, altri lo sono appena diventati. Solo lei è Uno. Solo lei è sola e già ai piedi della scalinata. E’ di spalle, la osservo. Eccola, la visione con la quale mi sono svegliato, che inseguo da tutto il giorno, che esamino e rileggo e incontro nella mia mente e di nuovo ora. Mi vedo sussurrarle – Oggi tu sei il mio Uno.
Questo è solo l’incipit del mio racconto “Uno”, pubblicato nell’Antologia Bukowski Inediti di ordinaria follia, e se il vostro desiderio è quello di continuare nella sua lettura allora potete farlo acquistandolo cartaceo o anche nella versione e-book al sito:
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Ringrazio col mio sorriso più sorrisevole e con tanto di cuore ora qui nella mia mano, in ordine non alfabetico, lo scrittore Gianluca Pavia per i consigli, le aggiunte, le correzioni, e l’infinitesimale pazienza con le colorate ansie scritturali della sottoscritta me Lié battezzata nelle acque marine toscane col sassodelfino e le conchiglie colore dei miei capelli; gli insegnanti- editor- Prof- e tanto altro ancora Enrico Valenzi e Paolo Restuccia che fin da quel fatidico dì che mi sono presentata alla loro Scuola di Scrittura Omero col mio Circo e le bestie feroci mi hanno tenuta con loro aiutandomi a gestire zanne e zampe tra la mancanza di senso, virgole e punti, e che sono pure nel racconto, Enrico e Paolo intendo, non il senso le virgole e i punti, e a tal proposito ci tengo ad enunciarvi che “Uno” è nostro figlio! Ma voi lo sapevate già, perché concepito e nato durante il Festival del Noir nella pausa dei quindici minuti d’estro…; gli scrittori FedericaFioreFiorenza, Deepetta, Debby, Antonio ed Andy che fanno i vaghi in classe quando parlo e non si capisce nulla di ciò che dico ma loro mi sorridono comprensivi ed io sono tanto felice!
Grazie ai folli Bukowskiani e alla Giovane Holden Edizioni, soprattutto all’organizzatore Marco Pelagi, al direttore editoriale Miranda Biondi e alla traduttrice letteraria ufficiale di Bukowski Simona Viciani Campani
E 24.372MILA GRAZIEEEE
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