- Anno: 2015
- Durata: 85'
- Distribuzione: Microcinema
- Genere: Drammatico
- Nazionalita: Italia
- Regia: Mimmo Calopresti
- Data di uscita: 26-November-2015
Sinossi: Un ragazzo di buona famiglia riduce in fin di vita un altro adolescente, che ora lotta tra la vita e la morte. Il cerchio che si era rotto molti anni prima si riapre drammaticamente. Un crimine che riunisce, dopo trent’anni di lontananza, tre amici chiamati a saldare i conti con il proprio passato, inchiodati alle proprie colpe dal padre del giovane indagato che presenta il conto ai suoi amici. Un noir esistenziale che descrive i lati più oscuri della vita umana e li illumina di speranza e di perdono.
Recensione: Lo aveva già annunciato Mimmo Calopresti, durante la nostra intervista di qualche mese fa (in realtà, da allora, di mesi ne sono passati ben ventiquattro): “nel mio nuovo film parlerò nuovamente di un conflitto, quello ancora piuttosto acceso tra nord e sud, in cui si doppierà un ennesimo conflitto, sempre eterno, quello tra un padre ed un figlio…”. Non sappiamo se all’epoca Mimmo Calopresti conosceva già il libro di Gaetano Savatteri, Uno per tutti, per mettere in scena questa sua idea. Al di là del libro comunque il film di Calopresti ci affascina, rende partecipi, è girato con una certa poesia, nitido, freddo nella sua dimensione drammatica, denso nella sua struttura che il digitale, tra l’altro la prima esperienza del regista con questo mezzo, rende con sicurezza, purificando i particolari da ogni imperfezione e da ogni sofferenza. Anche il romanzo di Savatteri certamente è un bel romanzo, sintetico, brevilineo, asciutto, descrittivo anche, di un’esperienza estrema. È un romanzo, quello di Savatteri, ed un film, quello di Calopresti, che insieme riescono a crescere nella memoria del lettore e dello spettatore.
Mimmo Calopresti, un regista dai forti connotati simbolici che gli derivano anche dalla grande esperienza acquisita con i documentari spiega, in conferenza stampa dopo la proiezione del film, come questo romanzo di Savatteri gli abbia indicato la strada ed il bisogno necessario di tornare ad indagare la finzione, e questo, semplicemente, per raccontare al meglio la realtà. In conferenza stampa ci è salito il dubbio che il cinema, ormai da anni, continui a restare soprattutto al traino dell’industria editoriale, però è anche vero, forse, che il cinema ha preso atto che comunque insiste davvero una fiorente letteratura nazionale, soprattutto di genere (per quanto questa parola sia ormai piuttosto abusata) che è capace più del cinema, oggi, a stare al passo coi tempi e a descrivere la contemporaneità sociale, politica, filosofica, poetica. Quindi niente di meglio che continuare ad approfittarne. D’altra parte un bravo scrittore come Antonio Pennacchi è convinto che la crisi del cinema in Italia è piuttosto una crisi di scrittura, e che il buon cinema si può ritrovare sempre nel trattare con la pellicola i bei romanzi. Il film di Calopresti, in questo senso, è soprattutto un esercizio di stile, in una trama ed in un ritmo che si dipanano tra presente e futuro, anche in una sorta di frantumazione del tempo. Vi è un fatto successo trent’anni prima e vi è un altro fatto successo ai giorni nostri. Fatti che hanno a che fare con la vita adolescenziale e pericolosa dei protagonisti. Cosa era successo trent’anni prima? Che tre amici, Gio, Vinz e Gil (tutti e tre provenienti, ancora bambini, dalle terre del sud, al seguito dei loro genitori emigrati per lavoro) avevano condiviso a Trieste un’esistenza, un’amicizia, ai limiti della pericolosità, una dimensione psicologica proprio di affermazione per la loro identità, in un nord Italia sempre piuttosto ostile ai meridionali. Oggi tutti e tre hanno ormai una vita professionale affermata, uno è medico, l’altro imprenditore, un altro poliziotto, ma il loro passato brucia ed è presente. Quando il figlio di Gil accoltella durante una rissa un coetaneo e lo manda in ospedale, Gil riunisce i suoi due amici, forse per un conforto, forse per un confronto, ma il loro passato forte riaffiora, insieme alle loro colpe, e si contrasta in un presente ormai disperato. Dice Mimmo Calopresti: “ho trovato nel libro di Savatteri gli elementi per raccontare al meglio la forza che ha il nostro passato, anche la capacità che ha la memoria di raccontarci e di farci esistere, di proiettare soluzioni alla vita. In questo senso ho utilizzato il testo…”. Ed in questo senso troviamo i punti di contatto, la caratteristica di Calopresti, con i film precedenti, esattamente con i suoi primi quattro: La seconda volta, Preferisco il rumore del mare, La parola amore esiste, La felicità non costa niente.
Il film vede tra i suoi interpreti ottimi professionisti: Fabrizio Ferracane, Giorgio Panariello, Thomas Trabacchi, Isabella Ferrari, Irene Casagrande,Lorenzo Baroni. Il ruolo della Ferrari poi ci ha colpito particolarmente, bellissima ed affascinante nella sua maturità, è una donna che resta semplicemente a guardare quel quadro desolante e quella realtà disperata e sofferta. Dice Isabella Ferrari: “è la prima cosa che ho scritto, nel mio diario di appunti per il personaggio che andavo ad interpretare: donna che guarda alla finestra, donna che non riesce ad andarsene, né a restare, donna che riconosce di aver fallito nella missione di moglie e di madre…”. In realtà Calopresti sembra aver lasciato davvero ai suoi attori la libertà di affrontare da par loro i personaggi. Anche Panariello, che viene dalla comicità, anche dal teatro più leggero e dal varietà televisivo, ha saputo dare al suo personaggio quella caratteristica quotidiana della pura normalità, che è poi la più difficile da mettere in scena e da personalizzare. In sintesi estrema Uno per tutti rimane proprio un gran bel film di attori.
Infine alcuni presenti in sala stampa hanno voluto vedere nel film di Calopresti un richiamo forte con il film Anime nere di Francesco Munzi, depistati forse da uno degli argomenti: il ritorno del rapporto tra tre amici nel film di Calopresti, così come nel film di Munzi era il ritorno del rapporto tra tre fratelli. Anche la presenza nel cast di Fabrizio Ferracane, e come interpreta il suo personaggio, che nel film di Munzi come in questo di Calopresti è tra i protagonisti, fa vedere a qualche altro un altro contatto tra i due film. A questo punto sembra iniziare in conferenza stampa quasi un piccolo gioco dei punti di contatto. Anche che nei due film vi è il forte richiamo delle radici, le terra del sud, che restano sempre molto sognate Poi l’ambiente, l’atmosfera vissuta in Uno per tutti, è simile nella sua intensità, e nel suo fascino, a quella di Anime nere. Ma i due film, noi ci teniamo a sottolinearlo, vivono certamente, e nettamente, della loro autonomia e della loro diversa impostazione stilistica.
Giovanni Berardi