Magazine Lavoro

Uno sciopero estremista?

Da Brunougolini
Sciopero generale, dunque, il 6 maggio. Non scelto dalla Cgil, crediamo, perché convinta che basti pronunciare tale formula per cambiare le cose. Ma per mandare un segnale al Paese, per sostenere proposte di cambiamento di fronte a una crisi che mangia il lavoro e distrugge valori e diritti. Sarà un atto capace di incidere se avrà un seguito massiccio, se sarà capace di coinvolgere non solo gli iscritti al sindacato più grande.
 E’ stato preso tempo anche per questo. Le migliaia di assemblee annunciate saranno utili. Non è più tempo di scioperi ordinati dall’alto. Ed è importante che un esponente politico come Nichi Vendola abbia parlato della speranza di veder quel giorno anche l’impegno di Cisl e Uil. Un atteggiamento diverso rispetto a chi invece, a sinistra, si sofferma solo sul “più uno”, invocando più ore di sciopero.  Sarebbe comunque inutile sperare in un convincimento unitario degli altri sindacati? Resta il fatto che lo stesso Bonanni, segretario Cisl, mentre polemizza con Susanna Camusso, annuncia un sabato di protesta e di proposta. Come per liberarsi dall’accusa di  arrendersi senza condizioni a una politica governativa nella sostanza condivisa.
Questo sciopero generale non nasce come un fulmine a ciel sereno. Non è credibile la tesi di una Cgil vittima degli estremisti. E’ maturato di fronte a un succedersi di fatti. L’ultima riunione degli organismi dirigenti non ha certo visto solo gli “irriducibili” della Fiom intenti a compiere un’analisi severa e preoccupata. La verità è che gli estremisti che contano sono da un altra parte. Sono in quel ministero del Welfare che ha contribuito fortemente a convincere Cisl e Uil e una parte del mondo dell’imprenditoria a intraprendere un cammino separato dal sindacato “rosso”. L’ultimo atto riguarda il contratto separato nel commercio. Così come c’è dell’estremismo nelle parole di Emma Marcegaglia quando ripristina la tesi Marchionne sulla fine del contratto e riprende la crociata sull’articolo 18. Mentre si sfascia la scuola pubblica, si abbandonano i precari al loro destino.
Uno sciopero di grande valenza politica, certo. Perché l’interlocutore principale è l’attuale governo. E perché il sindacato italiano (anche Cisl anche Uil) da tempo ha disperatamente cercato di dimostrare di non essere un soggetto corporativo, bensì un soggetto politico capace di battersi per le sorti del Paese, convinto che esse si identifichino con le sorti di donne e uomini che lavorano. Non sarà sola la Cgil il 6 maggio. Il Paese ribolle di manifestazioni. E’ un crescendo. Tutto inutile, come qualcuno mormora anche a sinistra? L’alternativa consisterebbe nello stare chiusi in casa, chiusi nella propria cinica indifferenza? Delegando a qualche esperto oratore il battibecco nei talk show?

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