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Uno sforzo di immaginazione

Creato il 28 giugno 2012 da Malvino
Fate uno sforzo di immaginazione, pensate all’Italia del 1870 e fate conto che di lì in poi le cose siano andate in altro modo: confisca di tutti i beni ecclesiastici, sgozzamenti di preti e frati, la Basilica di San Pietro rasa al suolo, il Papa-Re in esilio… Brutto, eh? Senza dubbio, ma è che sul finale il Risorgimento ha preso una brutta piega, Garibaldi si annoiava a Caprera, ai Savoia è venuto un cagotto e hanno anticipato di un’ottantina d’anni la fuga a Brindisi... Insomma, l’Italia è diventata repubblica e si respira un feroce laicismo… Brrrr...Ora fate un altro sforzo e immaginate le conseguenze a distanza. Immaginate Sua Santità girovagare per il mondo in lungo e in largo, coperto di sola autorità spirituale, scalzo (ha le cipolle agli alluci che fanno una grande tenerezza), elemosinando a destra e a manca un tozzo di solidarietà per le persecuzioni che i suoi devoti subiscono in Italia (ogni tanto una suora si dà fuoco, ma le autorità italiane dichiarano che si è trattato di autocombustione mistica), distribuendo rosari a capi di stato, rockstar e bomber… Richard Gere, avete presente? Si è fatto tatuare lAddolorata in petto. Premio Nobel a Sua Santità, senza meno…Suppongo non dobbiate sforzarvi troppo per immaginare che essere cattolico, o almeno dichiarare simpatie per il cattolicesimo, anche senza saperne un cazzo, sia diventata cosa fighissima – tranne che in Italia, ovviamente – ma che i cosiddetti principi non negoziabili abbiano giocoforza smussato i loro spigoletti aguzzi… Come fai a raccogliere simpatie a Hollywood se dici che le checche sono persone disturbate che hanno bisogno di essere curate? Devi essere carino, via. Cerca di non citare Manuele II Paleologo e, se ti fanno domande imbarazzanti, fai lo slalom. Per esempio: «Meglio evitare in linea generale le pratiche dell’aborto, della clonazione e dell’eutanasia. Però i casi sono specifici e vanno analizzati uno per uno» (AdnKronos, 27.6.2012). Così, infatti, ha detto Sua Santità.Non parlo di Benedetto XVI, ovviamente, ma del Dalai Lama. Se quelle brutte bestie dei cinesi non l’avessero buttato fuori dal Tibet nel 1959, vi regnerebbe ancora. Era una teocrazia di stampo feudale, più o meno, e vi risparmio i dettagli orripilanti, rimando ai tre volumi di James Morris (Pax Britannica, 1992).«I casi sono specifici e vanno analizzati uno per uno», bravo il nostro Tenzin Gyatso, sei inafferrabile come un’anguilla. Ma da chi? A chi spetta analizzare e decidere? Chi deciderebbe in Tibet, e come, se fossi ancora assiso in trono?

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