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Uno splendido Teatro Degli Orrori

Creato il 12 luglio 2012 da Scribacchina

Altro giro, altro live: jer sera fu la volta de Il Teatro Degli Orrori, superba band di rock alternativo tutta italiana. Rock duro, signori miei, ma d’autore: testi che v’entrano nello stomaco come un pugno, e come un pugno fanno male.
E dissonanze, gradite ridondanze, frasi incompiute, parole dette a metà. Geniale teatralità di quel diavolo d’un Pierpaolo Capovilla, incantevole alfiere d’un genere che la Scribacchina seria definirebbe
«alternative post-metropolitano, rozzo e immediato, passionale; rock in perfetto equilibrio tra poesia e prosa. Tutto e il contrario di tutto: amore e odio, poesia e prosa, vita e morte. Splendore e orrore».

Location, come da copione, una delle ricche (di proposte) feste all’aperto della Bassa bergamasca, stavolta arricchita dall’incanto visivo delle rive dell’Adda e dall’inconfondibile, fresco profumo di fiume in una notte di mezza estate (beh, mezza estate non proprio… eppur la frase suonava bene: per stavolta passatemelo, questo maldestro furto al bravo Guglielmino Shakespeare).

Concerto perfetto, non fosse per un unico appunto che faccio da (pignola) purista dello strumento: quand’ho visto che bassista e chitarrista si son scambiati i ruoli, imbracciando il primo una chitarra e il secondo un basso elettrico, beh, ho avvertito un certo disagio.
L’ammetto: in un
live, certi giochetti m’aggradano ben poco.

Ma in fondo, via: son sottigliezze, queste, soliti lettori.
Piccola cosa, di fronte alla poesia di brani come
Skopje, magistralmente eseguito proprio poche ore fa, sotto le stelle:

«E quando il sole
Infuoca la laguna
Io penso a te
Un’altra estate e poi
L’inverno nel cuore
E quando il sole
Infuoca la laguna
Io penso a domani che
Ritorna sempre uguale
Sempre uguale
Uguale a ieri».


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