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Uno su mille (vivere d'arte e morire di fame)
Creato il 19 gennaio 2014 da Fernando @fernandomartel2
Vivere d'arte non è mai stato che un eufemismo, figuriamoci come può essere diventata la vita di un artista, in questi tempi di crisi così profonda e duratura. Spesso abbiamo assistito a spettacoli di intrattenimento nei quali, artisti oggi affermati e conclamati, raccontano di quando, agli esordi, facevano letteralmente la fame. I soldi e la fama, quando sono arrivati, sono arrivati solo dopo molto tempo, quando le difficoltà avevano costretto al ritiro, la gran parte dei loro concorrenti della stessa età, o li aveva letteralmente uccisi. Solo a quel punto, alcuni di loro, sopravvissuti, si sono affermati. Diciamo che il mondo dell'arte, come ogni altro settore, offre la possibilità di sopravvivenza, ad un di bocche; quando l'offerta supera la richiesta, bisogna saper stringere di più la cinta e resistere, a stomaco vuoto, contro il mal di mare che provoca il prolungato digiuno. Solo che mentre, in tutti gli altri settori in crisi, diminuisce l'offerta per fallimenti e chiusure, nel settore artistico questa aumenta , nonostante si contragga la richiesta. Chiunque sappia appena tenere un pennello in mano, un microfono o uno strumento, si inventa artista di qualche settore e, mentre i soldi che la gente ha da spendere in tricche-trac e trallalà diminuiscono, coloro che vogliono venderti un quadro, un concerto, uno spettacolo, aumentano. E' come se ad un angolo di strada si mettessero in quattro a chiedere l'elemosina. Il mestiere più antico del mondo, insegnava a difendere il proprio territorio, il proprio pezzo di marciapiede, poiché quel tratto di strada, più di tanto non poteva offrire e se non si voleva fare la fame in due, era meglio allontanare la concorrenza. Questo principio lo hanno usato tutti coloro che hanno aperto una attività in un posto, dopo indagini di mercato che determinavano le utenze utili, si capisce meglio quanti soldi può offrire un luogo. Aprire una panetteria a venti metri da un'altra, può significare chiudere in due. Così gli artisti, individui scontrosi spesso rinchiusi in se stessi, sono cresciuti inflazionando il mercato già in forte difficoltà per la mancanza di denaro da spendere in quadri o divertimenti. Intendiamoci, forse il numero di artisti che vivevano in un luogo, é rimasto lo stesso di prima della crisi, ma molti di loro dipingevano o scrivevano e cantavano saltuariamente, per hobby, proprio per far fronte alla maggiore richiesta del mercato, quando il benessere era più diffuso. Il loro era un secondo lavoro che non necessariamente doveva produrre un profitto, poteva bastare anche solo coprire le spese, che un gruppo di amici, metteva su una orchestrina con la quale divertirsi a suonare in un locale o ad una festa. Ma la perdita di posti di lavoro, e di reddito, ha costretto tutti sul mercato proprio nel momento in cui i mecenati sono letteralmente spariti. Nei periodi di sfarzo, gli artisti hanno sempre conservato quell'aria truce e sofferente che richiamava la bohèmien dei sobborghi parigini, la crisi che attanaglia l'occidente oggi li costringe ad un ruolo meno modaiolo e mistificatorio; sono letteralmente dei morti di fame viventi. Il taglio economico alla cultura, con i quali gli Stati in crisi stanno effettuando senza pietà, ha tolto, a molti di loro, la possibilità di recitare la parte, rendendogli la vita impossibile. Lupi solitari allo sbando, pronti a sbranarsi per un osso da rosicchiare. I più deboli periranno per primi, ma nel mondo dell'arte possono essere anche i migliori. I peggiori, come in ogni ambiente, sono più rapaci, più combattivi e sleali, possono facilmente vincere. Oggi, più che mai, solo uno su mille ( e forse meno) ce la farà.
Tra gli artisti, quelli più a rischio, sono senz'altro gli emigranti; ai quali manca una rete familiare o di amicizie che possa sostenerli. Sono i numerosi gli artisti stranieri arrivati da un ventennio nel nostro Paese, rimasti per lo più sconosciuti a molti di noi. I primi che sono rimasti senza lavoro e reddito. Molti di loro stanno tornando indietro e lasceranno un vuoto che si renderà palpabile solo quando, il nostro Paese, indifferente alla loro arte, se ne renderà conto.