Cade a pennello questa notizia, in cui torna il redivivo-mai-defunto-zombie DDL ammazza blog. Leggiamone un pezzo:
“Ammazza blog”, una disposizione per cui, letteralmente, ogni gestore di “sito informatico” ha l’obbligo di rettificare ogni contenuto pubblicato sulla base di una semplice richiesta di soggetti che si ritengano lesi dal contenuto in questione. Non c’è possibilità di replica, chi non rettifica paga fino a 12mila euro di multa. Una misura che metterebbe in ginocchio la libertà di espressione sulla Rete, e anche le finanze di chi rifiutasse di rettificare, senza possibilità di opposizione, ciò ha ritenuto di pubblicare. Senza contare l’accostamento di blog individuali a testate registrate, in un calderone di differenze sostanziali tra contenuti personali, opinioni ed editoria vera e propria.
Ci risiamo, ancora. Allora, sapete la mia posizione. Massima libertà di espressione, leggi però che tutelino contro l’anonimato utilizzato solo per ledere l’immagine altrui. Qui, come sempre, si va molto oltre. Perché è giusto e sacrosanto che un cittadino offeso/calunniato da un blog abbia il diritto di difesa e della rimozione dei contenuti non appropriati. Inutile girarci attorno, la rete ha comunque un forte impatto mediatico, senza tener conto dei simpatici ragni di Google che vita natural durante terranno in memoria quelle informazioni.
Ma qui si raggiunge l’eccesso. I contenuti dovrebbero essere rimossi se puramente offensivi, qualora invece si dica il vero, e tale verità si voglia nascondere, si va oltre. Esistono altri luoghi dove discutere eventuali diffamazioni.
Passerà? In tutta onestà credo e spero di no, la rivolta della blogosfera sarebbe un duro colpo per un governo fin troppo traballante. Lo spero, come dicevo, perché ormai non mi meraviglio più di nulla, figuriamoci di leggi ad hoc per tutelare chi sta nel torto. Il tutto avviene proprio quando ci sono da risolvere altri problemi in Italia. E non è demagogia o populismo, sono fatti concreti. Come il declassamento da A+ ad A dell’Italia decisa dallo Standard & Poor’s.