28 aprile 2015 Lascia un commento
Torniamo a parlare di "Millennium", questa volta con la trilogia cinematografica scandinava che ha portato alla realizzazione del primo episodio di Fincher. Cronologicamente avrei dovuto tenere il regista americano per ultimo ma alla fine il risultato non cambia.
Com’e’ ovvio che sia, la storia e’ la medesima. Mikael Blomkvist giornalista sconfitto in tribunale e in attesa di di scontare la pena, viene ingaggiato da un ricco magnate per risolvere un caso di scomparsa di quarant’anni prima, probabilmente un omicidio compiuto certamente nell’ambito della sua famiglia. Dopo tanto tempo e tanti sforzi, trovare qualcosa di nuovo pare un’impresa impossibile ma grazie all’aiuto di Lisbeth Salander, ragazza a dir poco difficile ma molto dotata, si arrivera’ alla soluzione del mistero.
Il film e’ molto buono. Restano le mie perplessita’ su un soggetto che non mi pare tutta sta gran roba ma non ho letto il libro e non interessandomi di gialli e thriller, non sono la persona piu’ adatta per giudicare.
Prescindendo dalla fedelta’ del testo, i due film sono estremamente simili nella storia, per quanto le differenze si accentuino nel finale e comunque se da un lato certe scelte del film svedese appaiono piu’ chiare e snelle, ovviamente gli USA puntano al pathos e all’azione. Per indole, resto piu’ fedele alle scelte di Oplev.
Certo e’ che lo si segue con grande interesse, film ben cadenzato la tensione non cede in alcun punto e considerando la durata di 2 ore e 30, e’ un ottimo risultato. Michael Nyqvist, il protagonista non ha il carisma di Daniel Craig ma del resto Oplev non e’ Fincher. Tutto quanto pero’ e’ marginale rispetto la vera regina delle storia, quella Lisbeth alla quale si deve il successo della pellicola. Come ho gia’ avuto modo di scrivere, il personaggio e’ la perfetta sintesi delle fantasie maschili e femminili, trasversale all’eta’ degli spettatori, un concentrato di sensualita’ e violenza di rara efficacia.
Noomi Rapace, l’attrice che le da’ il volto e soprattutto il corpo, e’ gia’ entrata nei sogni degli spettatori. Premiata ed osannata un po’ ovunque, merita gli onori tributatele per quanto abbia preferito l’interpretazione e soprattutto la caratterizzazione di Ronney Mara, la Lisbeth statunitense, piu’ aliena e feroce e mi dicono, piu’ vicina alla protagonista del libro. Alla fine non esiste un USA vs. Svezia, i due prodotti corrono paralleli e allo stesso tempo si guardano entrambi con piacere.
Com’e’ ovvio che sia, la storia e’ la medesima. Mikael Blomkvist giornalista sconfitto in tribunale e in attesa di di scontare la pena, viene ingaggiato da un ricco magnate per risolvere un caso di scomparsa di quarant’anni prima, probabilmente un omicidio compiuto certamente nell’ambito della sua famiglia. Dopo tanto tempo e tanti sforzi, trovare qualcosa di nuovo pare un’impresa impossibile ma grazie all’aiuto di Lisbeth Salander, ragazza a dir poco difficile ma molto dotata, si arrivera’ alla soluzione del mistero.
Il film e’ molto buono. Restano le mie perplessita’ su un soggetto che non mi pare tutta sta gran roba ma non ho letto il libro e non interessandomi di gialli e thriller, non sono la persona piu’ adatta per giudicare.
Prescindendo dalla fedelta’ del testo, i due film sono estremamente simili nella storia, per quanto le differenze si accentuino nel finale e comunque se da un lato certe scelte del film svedese appaiono piu’ chiare e snelle, ovviamente gli USA puntano al pathos e all’azione. Per indole, resto piu’ fedele alle scelte di Oplev.
Certo e’ che lo si segue con grande interesse, film ben cadenzato la tensione non cede in alcun punto e considerando la durata di 2 ore e 30, e’ un ottimo risultato. Michael Nyqvist, il protagonista non ha il carisma di Daniel Craig ma del resto Oplev non e’ Fincher. Tutto quanto pero’ e’ marginale rispetto la vera regina delle storia, quella Lisbeth alla quale si deve il successo della pellicola. Come ho gia’ avuto modo di scrivere, il personaggio e’ la perfetta sintesi delle fantasie maschili e femminili, trasversale all’eta’ degli spettatori, un concentrato di sensualita’ e violenza di rara efficacia.
Noomi Rapace, l’attrice che le da’ il volto e soprattutto il corpo, e’ gia’ entrata nei sogni degli spettatori. Premiata ed osannata un po’ ovunque, merita gli onori tributatele per quanto abbia preferito l’interpretazione e soprattutto la caratterizzazione di Ronney Mara, la Lisbeth statunitense, piu’ aliena e feroce e mi dicono, piu’ vicina alla protagonista del libro. Alla fine non esiste un USA vs. Svezia, i due prodotti corrono paralleli e allo stesso tempo si guardano entrambi con piacere.