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di Giuseppe Leuzzi. Fu il primo successo di pubblico di Conrad, nel 1914 – ed è l’unico romanzo di Conrad con l’happy ending. Un successo profetizzato dieci anni prima, alla lettura dell’abbozzo della storia, da Ford Madox Ford, trattandosi della “storia di una ragazza”. Ottenuto vendendo il libro, grazie agli editori americani, Doubleday e Knopf, proprio come girl novel. Non è così, è anzi un libro faticoso– lento e polemico. È però vero che le donne qui ci sono, per la prima volta nello scrittore all male, di anarchisti e avventurieri. Anche se da un punto di vista misogino.
È anche il primo romanzo “marittimo” di Conrad dopo “Lord Jim” , 1900. Dopo tre romanzi politici. Ed è anche il ritorno di Marlow, l’alter ego del narratore, quello di“Gioventù”, “Cuore di tenebra” e “Lord Jim”. “Caso” (chance in origine) è l’intrecciarsi degli eventi inatteso. Di cui Marlow, impiccione benché solitario e distratto, è ghiotto. Caso sono anche gli incontri, le coincidenze, le cose quali si presentano, siano pure inezie. Ma il titolo è ironico – involontariamente? La vicenda è segnata dalla necessità – la parentela, le abitudini, le incrostazioni mentali – e non dal caso. E benché sia piaciuta al pubblico, è la costruzione più complessa di Conrad: un sistema a sei o sette equazioni, tanti sono i punti di vista, e i livelli di lettura che Marlow è chiamato a collazionare, e decifrare poi per il lettore. Un Conrad al quadrato, dissociativo più di ogni suo altro romanzo, anche perché è lungo il doppio. Le scene madri si svolgono “Sul marciapiedi”, interminabile capitolo centrale, tra personaggi che s’incontrano più o meno per caso, o si eclissano dietro l’angolo. Tralasciando per di più di “dire” molte cose che si mostrano. Mrs. Fyne per esempio, la moglie di un dei partnernarrativi, madre di due o tre figlie, al secondo capitolo si veste da uomo, dalla cintola in su, e ha ogni settimana una girl-friend, che accompagna a passeggio col braccio alla vita – sarà poi gelosissima, anche delle disgrazie. Una sfida alle convenzioni editoriali, dunque, del successo di pubblico. La storia è semplice. Flora, figlia innocente di un Madoff della City, è affidata nella disgrazia a parenti sordidi. Confortata da vicini solleciti dei vecchi tempi, specialmente dalla moglie, Mrs.Fyne. Finché non “fugge” col fratello di lei, capitano di navi mercantili. Un residuo novecentesco di un canovaccio molto frequentato nell’Ottocento, “Jane Eyre”, etc. Conrad la irrobustisce: ne fa la storia di una giovane in pena, che vede solo la morte come scelta, e per caso viene intercettata, distratta, salvata da un passante, sia pure uno intromettente come Marlow. Che a distanza, per l’alchimia dell’amicizia amorosa, simpatetica, ricostituente, per il solo, minimo, segno di attenzione che manifesta, la introduce a se stessa e all’amore– “i sogni di sentimento, come i misteri consolanti della Fede, sono indistruttibili” è una delle frasi famose cui Conrad indulge. Flora a sua volta fa acquistare spessore a Marlow: la controfigura piatta di Conrad – un marinaio che non naviga, un amico di tutti senza un amico, un femminilista senza una donna, e un saputone, uno che sa tutto – diventa una sorta di spirito del bene. È Flora la girl propagandata come l’eroina del romanzo, la ragazza infelice. E lo è, ma la storia vera non è di Flora, è di Mrs.Fyne. Di una femminista antifemminile – “Mrs Fyne non voleva che le donne fossero donne”. Di uno degli amori che non avevano nome, ma ben saffico, soprattutto nella gelosia, come era di tanti romanzi Fine Secolo. Anche se, sembra, a insaputa dello stesso Conrad. In una con un antifemminismo maschilista, anzi misogino. Se Marlow è Conrad, e lo è, che nulla concede alle donne – poco o niente perfino a Flora. E dunque, perché si legge, dopo l’improba fatica che dev’essere costata al traduttore, Richard Ambrosini? Per questo – almeno oggi, in questa ripresa: per l’antifemminismo. Anzi per il rigurgito maschilista. Il curatore della revisione Oxford venticinque anni fa, Martin Ray, opina che la “successione consistente di riferimenti alle donne” di questo “Caso”, di cui Conrad si vantava col suo agente, J.B.Pinker, sia datata e noiosa. E invece no, anticipa una sorta di revanscismo maschilista – o prolunga il flaubertismo. Quale ora serpeggia, seppure timoroso di dichiararsi, nello stesso femminismo. Rinfrescante, non tanto per gli argomenti – peraltro “inediti”, dopo il lungo inverno femminista – quanto per la franchezza. Né insensato: ogni argomentazione è condivisibile, probabilmente pure dalle donne. Molte le frasi celebri, scolpite, epigrammatiche, aforistiche che infiorettano le disgrazie di Flora, probabilmente più che in tutti gli altri libri di Conrad. “Non c’è niente più di una confessione per fare diventare uno pazzo; e di tutte le confessioni una scritta è la più dannosa” – in argomento il cauto, disincantato, Marlow esce per una volta dal riserbo: “Mai confessare! Mai, mai! Uno scherzo inopportuno è fonte sempre di amaro rimorso”. O: “un ideale è spesso non altro che una visione fiammeggiante della realtà”. Ce ne sono ogni paio di pagine – “cinismo mi sembra una parola inventata da ipocriti”, etc.. Fra le tante elucubrazioni femminilistiche anti-femministe, insomma maschiliste, i torti del femminismo verso le donne: “una sorta di dottrina morale ferro-e-fuoco”, una vendetta. Ma più spesso l’attacco è diretto: “Niente può battere una vera donna nella visione chiara della realtà; direi una visone cinica”, etc.. In tema basta la dozzina di righe che Marlow si concede a p. 70: l’onore “è un venerabile lascito medievale che le donne non hanno mai veramente capito”.; anche la cautela è a loro estranea: “Il«sensazionale a ogni costo» è il loro motto segreto”: sempre eccessive: “Non si accontentano di tutte le virtù, pretendono per se stesse anche tutti i crimini”.Manca “uomini di tutto il mondo, unitevi!”, ma è come se Conrad lo dicesse.Joseph Conrad, Il caso, Adelphi, pp. 400 €20
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