Differenze di genere nella scienza, ma forse non come pensi
di Ginevra Sanvitale
Tuttavia la scienza ci dà credito: due psicologi della Cornell University, Stephen J. Ceci e Wendy M. Williams, hanno svolto uno studio, pubblicato sui “Proceedings of the National Academy of Sciences”, che mostra come il problema delle discriminazioni su base sessuale nel campo della matematica e della fisica non sia in realtà così grave come si crede.
Rachel Weisz nei panni di Ipazia, una delle scienziate più famose di tutti i tempi, ancora oggi fonte di ispirazione per un grande numero di giovani aspiranti ricercatrici.
Gli autori hanno analizzato dati raccolti negli ultimi 20 anni sul numero di assunzioni, sulle pubblicazioni e sugli stanziamenti di fondi per lavori o progetti portati avanti da donne. Per quanto riguarda le pubblicazioni, l’apparente disparità fra i sessi risiede principalmente nella diversità delle posizioni occupate. Le donne sono più spesso impegnate nell’insegnamento o nella ricerca intensiva. Inoltre la componente maschile all’interno di istituti prestigiosi (e dunque con maggior disponibilità economica) è di gran lunga più numerosa rispetto a quella femminile. Da qui la disparità. Andando infatti a confrontare la quantità di pubblicazioni di professori e professoresse di università in cui vengono assunti e premiati coloro che vantano un alto numero di libri e articoli, la differenza ammonta a meno del 5 per cento. Nei finanziamenti e nelle assunzioni, la situazione è la stessa: laddove sembrerebbe esserci un notevole dislivello di opportunità concesse, si ha invece un’effettiva disparità di tipologia d’impiego.
Un problema, a questo punto, si pone ugualmente: perché esiste questa disparità? La risposta data dai due ricercatori americani è molto semplice: è una questione di scelte. Purtroppo non sempre totalmente volute.
Infatti, se da un lato possiamo collocare la naturale propensione a un certo tipo di carriera, vuoi per un’effettiva preferenza lavorativa, vuoi per il desiderio di dare maggior rilievo alla cura della famiglia, dall’altro non si possono trascurare i condizionamenti involontari subiti dalla società e l’effettiva mancanza di strutture e aiuti per le donne che volessero far carriera e al tempo stesso educare in maniera adeguata i propri figli. Da non sottovalutare infine l’effetto controproducente che il continuo sostegno alla causa delle discriminazioni di genere può produrre tramite il conseguente spostamento dell’attenzione rispetto a quelle che sono le vere problematiche femminili all’interno della comunità scientifica.
Come dicevamo, la strada da percorrere è ancora lunga. Ma, continuando a lottare per i giusti diritti che ci spettano e a studiare per il grande amore che ci lega alla scienza, riusciremo un giorno a essere delle ottime mogli, madri e (soprattutto!) scienziate.
Ceci, S., & Williams, W. (2011). Understanding current causes of women’s underrepresentation in science Proceedings of the National Academy of Sciences DOI: 10.1073/pnas.1014871108