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Uomini senza Donne di Haruki Murakami: uomini che si stravolgono per capire se amano la propria donna

Creato il 13 agosto 2015 da Alessiamocci

“Un giorno all’improvviso diventi uno dei tanti uomini che non hanno una donna. Quel giorno viene di colpo a farti visita senza che tu ne abbia il minimo presentimento, senza il minimo preavviso, senza annunciarsi bussando o schiarendosi la gola. Svolti l’angolo, e ti accorgi che ormai sei arrivato lì. Ma non puoi più tornare indietro. Una volta girato l’angolo, quello diventa il tuo solo, unico mondo. E quel mondo lo chiami “uomini senza donne”. Sì, con un plurale di gelo infinito.”

Il 13 giugno è uscito l’ultimo libro, edito dalla Einaudi, firmato da Haruki Murakami. Una nuova raccolta di racconti intitolata “Uomini senza Donne” (Einaudi), la quarta dopo le altre tre che lo hanno preceduto, “Tutti i figli di Dio danzano”, “L’elefante scomparso e altri racconti” e “I salici ciechi e la donna addormentata.” Alcuni racconti di questa nuova opera narrativa del Maestro li troviamo pubblicati anche su “The New Yorker”, rivista in lingua inglese dove Murakami collabora in veste di short-author, soprattutto “Yesterday”, “Kino”, “Samsa in Love” e “Scheherazade”.

Si tratta di sette racconti incentrati sul tema amore-amicizia-morte-ricordo, in cui i protagonisti sono uomini senza donne, uomini che vivono del ricordo delle loro donne ormai lontane o morte, uomini innamorati che cercano di capire il significato della parola “amore”, uomini che vivono solitari aspettando il momento in cui incontreranno la loro amata. Racconti diversi dal solito stile murakaniamo, ma sempre piacevoli da scoprire o forse io, essendo una grande lettrice del Maestro, mi sono sentita più vicina a questi racconti perché sono temi a me tanto famigliari, vissuti e provati nel corso della vita.

Comunque, come già detto, vi è qualcosa di insolito, di diverso anche rispetto agli altri racconti e/o romanzi dell’autore di “1Q84”, come si evince nel caso dell’ultimo romanzo uscito l’anno scorso, quel “L’incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio” che ha trattato il tema della solitudine in un modo poetico, seppur diverso dai precedenti più noti. Un modo di narrare diverso dal solito sebbene vi si noti l’atmosfera tipica di alcuni romanzi celebri, come “Kafka sulla spiaggia”, “L’uccello che girava le viti del mondo” e, perché no?, di quel “Norwegian Wood” tanto amato dai suoi numerosi lettori.

Come detto la raccolta comprende sette racconti, sette racconti con una propria caratteristica ma sempre improntati sulla storia di uomini che vivono senza donne. Il primo racconto “Drive my car” narra le vicende di un attore che a causa di alcuni problemi di salute, decide di assumere una persona che gli faccia da autista. Racconta all’autista del suo desiderio di capire i motivi per cui la moglie si lasciò andare all’adulterio nonostante li legasse un buon rapporto. Così conosce l’ultimo amante della moglie: diventano amici, fino a quando di punto in bianco non si incontrano più.

A mio parere, – disse poi, – sua moglie era davvero una donna straordinaria. Naturalmente quello che io so di sua moglie non è nemmeno un centesimo di quello che sa lei, signor Kafuku, però sono convinto di quello che le sto dicendo. Comunque stiano le cose, lei deve essere grato di aver passato vent’anni della sua vita con una donna così. Lo penso sinceramente. Per quanto ci sia comprensione reciproca con una persona, per quanto la si ami, non si può leggere nel cuore di qualcun altro come in un libro aperto. Se ci proviamo, andiamo incontro solo a sofferenza. Ma se cerchiamo di guardare nel nostro cuore, se ci sforziamo davvero di farlo, alla fine ci riusciremo, questo sì. Quindi, in conclusione, quello che dobbiamo fare è venire a patti con il nostro cuore. Se desideriamo davvero capire qualcosa, possiamo soltanto guardare dentro noi stessi. Questo è ciò che penso.

Parole queste che hanno spinto il protagonista di questo racconto a smettere di tormentarsi e di capire le scelte della moglie. E così tentare di accettarle. Ma saranno soprattutto le affermazioni della sua autista a fargli capire che la vita è come una recita, a lasciarlo andare verso i ricordi mettendosi il cuore in pace.

“Yesterday”, il secondo racconto ispirato alla nota canzone dei Beatles, prende in considerazione la scelta di un ragazzo che pur di non perdere di vista la propria amata, decide di lasciarla a una persona amica. Perché prende questa decisione? Si sente inadeguato per lei? L’ha mai amata? Questo ragazzo deve fare i conti con la sua testardaggine, con il suo essere nato in una zona diversa da quella del luogo di cui parla benissimo il dialetto, tanto da tradurre i primi versi della canzone dei Beatles, quella “Yesterday” che dà il titolo al racconto, in questo strano dialetto nonostante la sua famiglia ne parli un altro. Scelta particolare, la sua. E forse questo è il motivo per cui si sente inadeguato per la sua donna tanto da donarla al suo amico.

Quanti sarebbero capaci di fare questo gesto, non so se definire nobile o egoistico? Ci dimostriamo veramente innamorati della nostra donna in questo modo? O almeno l’abbiamo mai amata? Risposte a cui non è semplice rispondere. Ma farlo per soldi, per interesse è la risposta sbagliata, solo che questo ragazzo non agisce per interesse, ma perché ritiene il suo amico “una brava persona”, una persona migliore di lui.

Altri uomini, altre storie, altri momenti di vita. Altre donne da amare. Come in “Samsa in Love”, penultimo racconto, dove incontriamo il protagonista che una mattina si sveglia nelle vesti di umano. Cos’era prima di questa trasformazione non è importante saperlo, ci è dato sapere solo che in questi attimi Samsa vive momenti da umano. Prova sentimenti, emozioni, è curioso di ciò che vede intorno a se. Ha un dialogo con una ragazza, una ragazza particolare che bussa alla sua porta. In questi momenti il protagonista inizia a capire il senso dell’amore, a desiderare qualcosa di intenso. E viverlo.

Il tema della solitudine ricorre soprattutto in “Shahrazad”. Vi è un uomo che vive solo in ua appartamento e ogni due o tre giorni riceve la visita di una donna che gli fa compagnia fino a una certa ora. Questa donna gli racconta storie vissute da lei in passato o anche inventate. Durante la narrazione di questi racconti inizia a capire il senso della vita, a porsi domande sul dopo –a chi non capita di chiedersi come sarà il dopo vita, il dopo quando non si vedranno più certe persone, il dopo di tante cose – in un susseguirsi di pensieri. La paura della solitudine è qualcosa che accomuna il protagonista di questo racconto. Come tutti del resto, abbiamo paura di questo momento, anche se lo viviamo sempre, ogni giorno della nostra vita, cercando di non pensarci, di realizzare ogni cosa che desideriamo. Di viverci. Ma poi basta davvero?

L’ultimo racconto “Uomini senza Donne” – che è quello che mi è piaciuto di più – ha un che di autobiografico. Sembra un qualcosa vissuto dall’autore, una sorta di ricordo di un tempo che fu, dei sentimenti provati per una donna della sua gioventù. Si narra di una telefonata ricevuta dal protagonista nel cuore della notte, una telefonata che lo lascia sorpreso tanto da domandarsi su cosa ha significato la notizia ricevuta. Ma soprattutto quali sentimenti ha lasciato: se un senso di vuoto o di altro. Quando ami una donna, o l’hai amata, come ti sentiresti sapendo che non la rivedrai più, sapendo che non potrai più sentire la sua voce, vedere il suo viso? Penso sia questo quello che vuole trasmettere l’autore con questo racconto, senza dimenticare gli altri. Ed è lo stesso per noi “donne quando ci ritroviamo senza uomini”? Quali sentimenti accumunano gli “uomini senza donne” alle “donne senza uomini”? La paura di amare, di non essere in grado di amare?

Murakami, con questi racconti, porta il lettore a immaginare l’amore di un uomo quando rimane solo, a capire il senso di abbandono che accomuna i tanti. Vale la pena leggerlo, cogliere le diverse sfumature di vita che accomuna questi uomini protagonisti dei vari racconti. Ma poi gli “uomini senza donne” sono tutti così? Che cosa li differenzia di cultura in cultura? Amano o cercano vendetta? O, ancora, cercano di capire il perché di certi gesti da parte delle loro donne, come fa il protagonista del primo racconto? O, ancora, per amore di una donna diventano totalmente ciechi di quello che accade intorno a loro, tanto da non accorgersi di essere usati dalla medesima donna tanto amata per cui hanno rinunciato a tante cose? Domande a cui, come detto, non sarà semplice rispondere. E forse tanti proveranno a dare le loro risposte in base al loro modo di vivere, di percepire questo momento.

[…] Ormai ho l’impressione che il mio cuore e il suo siano profondamente legati. Quando il suo si muove, trascina anche il mio. Come due barche attaccate l’una all’altra da una corda. Anche volendo tagliarla, quella corda, non ho strumenti abbastanza affilati per farlo. È un sentimento che non avevo mai provato in vita mia. Mi mette ansia. A cosa porterà tutto questo? Come finirà?

Written by Daniela Schirru 


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