19 dicembre 2014 di Redazione
“Io vivo sempre insieme ai miei capelli
nel mondo, io vivo sempre insieme ai miei capelli”
(“Capelli” – Niccolò Fabi)
di Paolo Vincenti
Ligabue: autoritratto
Ogni volta che mi guardo allo specchio, devo dolorosamente riscontrare che i miei capelli mi stanno abbandonando. La mia calvizie ha preso una pericolosa deriva e, oltre a far diradare i capelli sulle tempie, ha scavato un ampio cerchio nella parte centrale del cranio simile alla chierica dei monaci francescani, che fortunatamente allo specchio io non riesco a vedere, se non fosse che a farmela notare ci pensano i miei famigliari. In particolare, mio figlio più piccolo, quando sono sprofondato sul divano del soggiorno a leggere o a guardare la tv, sembra che provi un morboso piacere nell’evidenziare quanto la mia chierica si allarghi sempre di più, circoscrivendola, per darmene contezza, col dito mignolo. Ci sarebbero dei rimedi alla mia incipiente calvizie, mi dico, ma io appartengo alla scuola di pensiero secondo la quale la natura ha da fare il suo corso e quindi non penso di ricorrervi. Anche perché, a mio parere, i rimedi sarebbero peggiori dei mali. Ché tutto dipende da quanto sia alta o bassa l’asticella, cioè da quanto sia pregnante il senso del (proprio) ridicolo che ognuno possiede. Comunque, i rimedi sarebbero due: il parrucchino oppure il trapianto.
Al di là di gravi problemi di salute che portano alla perdita dei capelli e di conseguenza al ricorso al parrucchino, nella stragrande maggioranza dei casi questo accessorio risponde solo a motivi estetici. Soprattutto in giovane età, uomini e donne preferiscono ricorrere al camuffamento della propria alopecia. Oggi il parrucchino è di gran moda e può essere realizzato sia con capelli umani che con capelli sintetici. Passi quando ad indossare il simpatico accessorio sono dei personaggi famosi. Penso, per citare degli esempi alla portata di tutti, alla popstar Elton Jhon, a Tina Turner, al nostro amatissimo Lucio Dalla. Mi vengono anche in mente alcuni personaggi della tv, come Maurizio Seymandi (chi lo ricorda?) conduttore della trasmissione musicale “Superclassifica Show”, il quale era quasi del tutto calvo e una bella domenica (giorno di trasmissione del programma), indossava con perfetta nonchalance, un vistoso parrucchino biondo. Penso, per citare un caso più recente, al direttore di “ Di più” Sandro Mayer che, da semicalvo, ora esibisce un tupè di diverso colore ad ogni nuova puntata della trasmissione “Ballando con le stelle”, di cui è ospite fisso. Su Youtube, gira un curioso video in cui il dirigente calcistico Luciano Passirani perde il parrucchino in diretta durante una trasmissione tv. Ma con il parrucchino, sebbene sia fissato al cranio da speciali adesivi, si corre sempre questo rischio ( “sono come degli alberi senza radici che al minimo vento di soffio van giù” per dirla con Celentano, uno che invece la pelata se la tiene e ci fa anche notevole autoironia).
E di questo rischio, oltre al succitato Sandro Mayer (“una specie faunistica protetta”, lo ha definito in rete la cattivissima “Nonciclopedia”), molti ne sanno qualcosa. Tuttavia, quando ad assecondare certe bizzarrie sono gli artisti, i personaggi famosi, tutto viene concesso. Un poco diverso, quando si tratta della gente comune, che vive la vita di tutti i giorni. Un mio conoscente ebbe un giorno la determinazione di usare un tupè ed io ero non poco imbarazzato, incontrandolo la prima volta dopo la trasformazione, perché non sapevo se far riferimento a quel curioso cambiamento oppure glissare, passarci sopra. Decisi di far finta di niente, in ciò assecondato dall’amico. Ricordo ancora che qualche anno fa, un collega di lavoro, con analoghi problemi di alopecia, decise di operare l’estetica conversione, sicché il venerdi lasciò l’ufficio quasi del tutto calvo e il lunedi lo ritrovammo capelluto. Fra i personaggi famosi dotati di tupè (dal francese toupet) potrei citare l’ex motociclista Max Biaggi, l’ex famoso Salvatore Schillaci, l’allenatore della nazionale di calcio Antonio Conte, il campione dell’NBA James Le Bron. Altri preferiscono ricorrere al trapianto. L’esempio più noto è il Cavaliere Silvio Berlusconi. Chi ricorda il testimonial in tv dei trapianti di capelli Cesare Ragazzi? Il suo slogan tormentone degli anni Ottanta era: “un uomo che si è messo in testa un’idea meravigliosa”. In realtà, concepire idee meravigliose fa perdere tosto i capelli, a dar retta a Flaubert, ed è anche vero che di idee meravigliose, negli anni Ottanta di Cesare Ragazzi, se ne concepivano tantissime, ma molte poi miseramente caddero “all’apparir del vero”. Certo, accettare l’irreversibile caduta dei capelli ha in sé qualcosa di stoico. E se non proprio di stoicismo, almeno di neoplatonismo, la scuola alla quale apparteneva il vescovo Sinesio di Cirene, autore di un “Elogio della calvizie”, formidabile manuale di autostima per i calvi, i semi calvi e gli stempiati. “ A me è toccata la sventura di perdere i capelli, cosa che in un primo momento mi ferì nel profondo del cuore.
E in un simile frangente, a quale dio, a quale demone avrei potuto risparmiare i miei strali? Mi domandavo: dov’è finita la Provvidenza, se le disgrazie capitano a chi non le merita? E poi, che male ho fatto per non dovere più piacere alle donne?”. Sinesio era un erudito vissuto fra il 300 e il 400 d.C. in un periodo in cui molti studiosi si dilettavano a scrivere degli argomenti più peregrini solo per sfoggio di bravura oratoria, per saggiare il potere di persuasione della parola. Il trattato di Sinesio è uno dei più divertenti, un’operetta ricca di arguzia e di paradossi, una sorta di auto consolazione in materia di calvizie. Prendendo spunto da un autore del I Secolo d.C., Dione Crisostomo, che aveva scritto un “Elogio della chioma”, egli scrive una lunga orazione in difesa di chi”ha la testa glabra”. E ci riesce talmente bene che, non solo confuta le tesi di Dione a favore dei capelluti, ma addirittura le ribalta a vantaggio dei calvi. “Fra gli animali i più sciocchi sono completamente coperti di peli, mentre l’uomo, che ha avuto in sorte il lume della ragione, è per lo più privo di tale coltre naturale. Tuttavia, perché non si vanti di essere del tutto diverso dalle altre creature mortali, ha capelli e peli in poche parti del corpo.
E come l’uomo è insieme la creatura più intelligente e la meno irsuta, così di tutti gli animali la pecora è sicuramente il più stupido: e, guarda caso, è ricoperta dappertutto di peli. Insomma, fra capelli e senno non sembra correre buon sangue, visto che non c’è verso di farli stare insieme”. La strategia di difesa di Sinesio non fa per niente riferimento a pozioni varie e antidoti magici (e il mio pensiero corre al profluvio di sistemi anti caduta in cui oggi gareggiano le varie industrie cosmetiche), ma si basa esclusivamente sulla forza delle argomentazioni con cui riesce a persuadere il lettore. Chiaro che oggi sarebbe davvero difficile convincere i giovani affetti da alopecia androgenetica a prendere “con filosofia” questa loro mancanza. Certo dogmatismo estetico imperante nell’attuale società impone, di fronte all’inarrestabile caduta, ai giovanissimi di radersi completamente, adottando un total look che fa pure trend, mentre ai più maturi di ricorrere a trattamenti intensivi o, di fronte all’insuccesso di questi, al trapianto. Sinesio nella sua apologia delle teste levigate giunge a dire che “la calvizie è prerogativa divina e conforme alla divinità; essa è il fine ultimo della natura, la condizione attraverso la quale si manifesta la nostra saggezza”. Ma vallo a dire oggi ai vari centri tricologici che sgomitano per accalappiare clienti. Maurizio Costanzo, celebre testa pelata ( fatalista come me),pronunciò una battuta memorabile: “L’unica cosa che arresta la caduta dei capelli è il pavimento.”
La domanda più ricorrente per i rimedi della alopecia è: farmaci o rimedi naturali? Oggi c’è Crescina, una soluzione in fiale che promette miracoli in termini di arresto della caduta. Qualche anno fa, mi sottoposi con poca convinzione ad una visita gratuita (la feci solo per questo) in un centro tricologico leccese. Mi fornirono una diagnosi a tinte fosche. Nel giro di pochi mesi, mi dissero, sarei rimasto del tutto calvo se non fossi corso immantinente ai ripari. In verità, i miei capelli si sono diradati ma non ancora del tutto, cioè la loro situazione, pur critica, permane stazionaria (“la situazione dei miei capelli non è buona”, canta ancora Celentano). Sia chiaro non provo piacere nel diventare una testa d’uovo, però lo accetto con rassegnazione e penso che sia meglio perdere in peli che perdere la ragione. Ma ascoltiamo ancora Sinesio: “ se è vero, come è vero, che l’uomo è fra tutte le creature la più divina, fra gli uomini che hanno avuto la fortuna di perdere i capelli, l’individuo completamente calvo è in assoluto l’essere più divino sulla terra”. Così, dopo aver letto, se prima recitavo un mesto epicedio per i miei capelli che se ne vanno, ora invece celebro un allegro elogio della mia pelata.
in “S/pagine”, 7 dicembre 2014