Fa tappa a Riccione, nella sua marcia di avvicinamento a Sarajevo, l’opera dello scultore marchigiano Giuseppe Gentili. Al Giardino Caduti di tutte le guerre, in viale Vittorio Emanuele II, adiacente al Municipio la scultura rimarrà esposta a Riccione fino al 31 ottobre, quando riprenderà il suo cammino alla volta di Sarajevo, nel ventennale della sanguinosa guerra di Bosnia.
L’Uomo di Sarajevo, drammatica opera in ferro dello scultore marchigiano Giuseppe Gentili, farà tappa anche a Riccione, nella sua marcia di avvicinamento a Sarajevo, dove giungerà nel dicembre prossimo. L’opera, di grandi dimensioni (m. 2,90×3,70×1,75) nasce dalla sensibilità dell’artista come testimonianza di pace e umanità contro tutte le guerre, non una in particolare. La scultura sarà a Riccione sin dal primo pomeriggio di giovedì e troverà spazio presso il Giardino Caduti di tutte le guerre, in viale Vittorio Emanuele II, adiacente al Municipio. L’iniziativa è promossa dall’Associazione Arte Per Le Marche.
Lo scultore Giuseppe Gentili nasce a Pollenza (Macerata ) nel 1942, frequenta gli studi artistici e consegue il Diploma di Maestro d’Arte nel 1963. A venticinque anni espone le sue prime opere in scultura, con consenso di pubblico e di critica. Innovativo per la tecnica e per il materiale che adopera, realizza pannelli in basso rilievo, sbalzi in rame, bronzetti e numerose opere di grande dimensione: lavora con la fiamma ossidrica, mista alla fusione. Di lui si interessano per il collezionismo: Charly Chaplin, che acquista tre opere; Federico Fellini, il regista delle favole folli; Pablo Picasso, che accetta l’offerta di un “Don Chisciotte”, figura emblematica nella produzione dello scultore. L’artista iberico pone l’opera, alta più di due metri, nel parco della sua villa di Mongius (Nice ), assegnando di fatto un riconoscimento alla genialità creativa dello scultore.
Espone a Montreal (Canada), impressionando per la drammaticità esistenziale delle opere, e a Nizza, città dove, in occasione del terzo “Grand Prix de New York”, gli viene assegnata la targa “Plaquette d’or – Statue de la Libertè”. Nel 1979, l’artista si trasferisce a Spoleto, instaurando con il Festival dei Due Mondi un proficuo lavoro dialettico, che si traduce in mostre e in celebrazioni della sua arte ( Spoleto Magazine ). Eccentrico e anticonvenzionale, gestisce il mondo creativo con atteggiamenti di vita, che plasma come pezzi visivi: contesta e irride “il rispetto dell’arte ufficiale – che egli dice – in Italia combina grossi guai”. Nascono così le tante sculture alla fiamma ossidrica, che diffonde in Italia e al’estero, entrando nelle case e nelle collezioni di molti privati.
La sua personalità può riassumersi con quanto racconta di sè stesso: “Non voglio essere chiamato contestatore, non m’interessa accordarmi ad una qualsiasi protesta. Io vivo per la mia arte e della mia arte. E chi non sa cosa sia l’Arte non può capirmi”. Al proclama, seguono opere di grosso spessore per l’impegno umano e la valenza sociale: dalla ricerca indirizzata verso episodi della Bibbia ( particolarmente drammatica la serie di Caino e Abele ) al volto di Cristo della Sindone, carico di tragedia; dal Don Chisciotte al grido de L’uomo di Sarajevo. Lo scultore risiede in campagna, presso Camerino, producendo la metafora della vita.