Uomo violentato
da cinque donne
Tragico caso di violenza sessuale senza precedenti
di Iannozzi Giuseppe aka King Lear
Uscire nel cuore della notte è un azzardo che ti mette in pericolo il culo. E non solo.
La faccio breve, tanto oramai è successo e…
Sono stato violentato.
Sì, avete capito bene. Violentato da cinque matrone sessantenni. Cinque vecchie grasse e laide matrone. La meno grassa si aggirava intorno ai 150 chili.
E’ stato un vero e proprio maschilicidio.
Hanno abusato di me, del mio corpo. Del mio pipino soprattutto.
Hanno sfogato addosso a me i loro adiposi appetiti sessuali.
Mi hanno strizzato ben bene, e solo per puro miracolo non mi hanno spezzato la schiena.
Mi hanno messo sotto forti della loro cellulite.
Una dopo l’altra si sono spogliate di mutande e pancere e mi hanno cavalcato tenendomi sempre sotto.
Sono sceso in strada perché non tenevo sonno. Quattro passi per fumare una sigaretta in santa pace.
All’improvviso me le sono trovate davanti tutt’e cinque.
Fumavano forte, peggio di certe ferruginose locomotive a carbone.
Non ci ho fatto troppo caso e mi sono mosso per lasciarmele alle spalle, ma quelle subito mi hanno accerchiato sbattendomi a terra.
Senza starci a pensare su, subito mi hanno strappato pantaloni e slip targati Armani.
La più vecchia me lo ha preso in bocca, con la dentiera, mentre le altre quattro mi tenevano inchiodato alla mia nera croce d’asfalto. Per non farmi gridare una mi ha tappato la bocca con una mano enorme, da consumato fuochista!
Hanno preso il loro piacere, una dopo l’altra.
Ho cercato di urlare, ma niente: la mano sulla mia bocca era peggio d’una museruola per cani rabbiosi.
Poi è stato il buio, mentre loro continuavano a schiaffarsi il mio bel pipino nella loro figa sdrucita e purulenta.
Il culone di una delle violentatrici s’è seduto pesantemente sulla mia faccia.
Ho sentito solo vaghi echi di risate graffianti, mentre quella con il suo culo smagliato e lardoso mi scoreggiava in piena bocca.
Ho rischiato il soffocamento e l’infarto pure.
Tutt’e cinque mi hanno spremuto per un’ora buona.
Quando mi hanno lasciato a me stesso ero meno d’uno straccio, sporco e livido, mezzo soffocato e più che mai disgustato.
Ho dato di stomaco per un quarto d’ora buono. Ho rimesso anche l’anima.
Pantaloni e slip lacerati hanno coperto poco o nulla le mie povere pudenda.
Credo d’esser svenuto, perché quando ho ripreso i sensi mi sono visto adagiato su una barella del Pronto Soccorso.
I medici hanno subito pensato che fossi sbronzo. Gli ho raccontato la verità, senza omettere i particolari; anche i più indecenti e terrificanti ho vomitato sempre piangendo, senza ritegno alcuno, come un vitello.
Sulle prime non mi hanno creduto, poi, forse per farmi tacere, mi hanno sbattuto dall’andrologo che mi ha visitato a fondo, confermando la mia storia ai dottori del Pronto Soccorso.
Il medico di guardia non sapeva che pesci prendere: non gli era mai capitato un caso anomalo come il mio. Non aveva parole, però quasi piangeva battendomi una mano sulla spalla nel vano tentativo di portarmi una seppur minima consolazione.
Gli ho chiesto di farmi fare gli esami del sangue completi. Non ha esitato un solo attimo.
Ha poi ordinato all’infermiera di turno d’imbottirmi di Valium, perché dopo il trauma ero cotto e stracotto, nell’anima e nel corpo.
Grazie a Dio non mi hanno attaccato l’Aids, però lo scolo sì. Poteva andarmi peggio, mi ripeto che poteva andarmi peggio, ma non m’è di consolazione.
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