4 febbraio 2012 Lascia un commento
La sera del 16 aprile 1928 Vladìmir Ipàt’evic Pérsikov, professore di zoologia della IV Università statale e direttore dell’Istituto di Zoologia di Mosca, entrò nel suo studio, nell’Istituto di via Herzen. Accese la sfera opaca sospesa in alto e si guardò intorno.
Come l’inizio della spaventosa catastrofe va fatto risalire appunto a quella disgraziata sera, così proprio il professor Pérsikov deve esserne considerato la causa primaria.
Il professore aveva 58 anni, una testa notevole, calva, con ciuffi di capelli giallastri dritti sulle tempie, piccoli occhi sfavillanti, un viso accuratamente sbarbato; il labbro inferiore sporgente gli conferiva un’espressione sempre un po’ capricciosa. Sul naso rosso portava degli occhiali all’antica, con montatura in argento.
Di statura era alto, ma alquanto curvo. Parlava con voce sottile, stridula e gracidante e tra le altre stranezze aveva anche quella di socchiudere gli occhi e piegare a uncino il dito indice della mano destra quando diceva qualcosa con autorità e convinzione. Ma siccome parlava sempre con convinzione, dall’alto di un’erudizione che nei settori di sua competenza era assolutamente fenomenale, questo uncino faceva spesso la sua apparizione davanti agli occhi degli interlocutori del professor Pérsikov. Egli, del resto, parlava quasi soltanto delle sue materie, e cioè zoologia, embriologia, anatomia, botanica e geografia.
Il professor Pérsikov non leggeva giornali e non andava a teatro; la moglie lo aveva abbandonato nel 1913 per un tenore dell’opera di Zimin, lasciandogli un biglietto che diceva: "Le tue rane suscitano in me un insopportabile fremito di ripugnanza. Sarò infelice tutta la vita per causa loro».
Il professore non si era risposato e non aveva figli. Era molto irascibile, ma si calmava presto; amava bere tè alla mortella e viveva nella via Precìstenka, in un appartamento di cinque stanze, una delle quali occupata dalla governante Màr’ja Stepànovna, una vecchietta rinsecchita che accudiva il professore come una balia.
Nel 1919 requisirono al professore tre delle cinque stanze ed egli dichiarò a Màr’ja Stepànovna: "Se non la smetteranno con queste porcherie, Màr’ja Stepànovna, me ne andrò all’estero». E senza alcun dubbio, se il professore avesse portato a termine questo progetto, gli sarebbe stato molto facile ottenere una cattedra di zoologia in una qualsiasi università del mondo, poiché era uno studioso di livello davvero superiore e nelle materie che in un modo o nell’altro avessero attinenza con gli anfibi o con i rettili nessuno gli era pari, a eccezione dei professor William Weckle di Cambridge e Giacomo Bartolomeo Beccari di Roma.
Oltre al russo il professore leggeva quattro lingue e parlava perfettamente il francese e il tedesco.
Pérsikov non mise in atto il suo progetto di trasferirsi all’estero e l’anno 1920 risultò anche peggiore del precedente. Gli eventi si susseguirono l’uno all’altro. Dapprima via Bol’sàja Nikìtskaja venne ribattezzata via Herzen. Quindi l’orologio del palazzo d’angolo tra via Herzen e via Mochòvaja si fermò alle undici e un quarto e, infine, nei terrari dell’Istituto di Zoologia morirono inizialmente otto magnifici esemplari di raganella, poi quindici rane comuni e, per ultimo, uno straordinario esemplare di rana del Suriname. Non erano riusciti a sopravvivere a tutte le perturbazioni di quell’anno memorabile.
Immediatamente dopo le rane di quel primo gruppo di anfibi a pelle nuda che giustamente è definito "classe degli anfibi anuri», passò a miglior vita anche l’inamovibile guardiano dell’Istituto, il vecchio Vlas, che non apparteneva, peraltro, a tale classe. La causa della sua morte, però, fu identica a quella dei poveri anfibi.
Pérsikov la diagnosticò subito: "Inedia».
Lo studioso aveva certamente ragione: si sarebbe dovuto nutrire Vlas con la farina e le rane con i vermi della farina, ma, non trovandosi più la prima, erano scomparsi anche i secondi. Pérsikov provò a convertire i rimanenti venti esemplari di raganella ad una alimentazione a base di scarafaggi, ma anche questi ultimi erano finiti chissà dove, mostrando così un atteggiamento ostile nei confronti del comunismo di guerra. E anche gli ultimi esemplari dovettero essere gettati nelle buche dell’immondizia nel cortile dell’Istituto.
Tutte queste morti, in particolare quella della rana del Suriname, produssero sul professor Pérsikov un effetto indescrivibile. Per qualche strana ragione egli ne ritenne responsabile l’allora Commissario dell’Istruzione.
Nel corridoio del sempre più gelido Istituto Pérsikov, in cappello e calosce, diceva al suo assistente Ivànov, un raffinato gentiluomo dalla barba bionda a punta: "Per tutto quel che è accaduto ucciderlo è anche troppo poco, Petr Stepànovic! Ma che cosa fanno? Stanno distruggendo l’Istituto! Un esemplare unico di Pipa americana, un maschio senza confronti, lungo tredici centimetri…».
In seguito andò ancora peggio. Dopo la morte di Vlas le finestre dell’Istituto gelarono da entrambi i lati, tanto che anche la superficie interna dei vetri si ricoprì di fiori di ghiaccio. Morirono i conigli, le volpi, i lupi, i pesci, e tutte le bisce, sino all’ultima.
Pérsikov iniziò a tacere per giorni interi, quindi si ammalò di polmonite. Ma non morì. Quando si fu ristabilito, prese a recarsi all’Istituto due volte la settimana. In una sala circolare dove, chissà perché, indipendentemente dalla temperatura esterna c’erano sempre 5 gradi sotto zero, Pérsikov, in cappello con paraorecchie, sciarpa e calosce, teneva a 8 ascoltatori un ciclo di lezioni sul tema: "I rettili della zona torrida», emettendo nuvole di vapore bianco.
Il resto del suo tempo lo trascorreva a casa, sul divano di una camera stipata di libri sino al soffitto. Coperto da un plaid, tossiva, fissava la bocca infuocata di una stufetta che Màr’ja Stepànovna alimentava con delle sedie dorate e tornava col pensiero alla rana del Suriname.
Ma a questo mondo tutto finisce. Finì il 1920, poi il 1921. Nel 1922 iniziò una certa inversione di tendenza. In primo luogo al posto del defunto Vlas comparve Pankràt, un ancor giovane ma molto promettente guardiano zoologico. A poco a poco ricominciarono anche a riscaldare l’Istituto. In estate Pérsikov, con l’aiuto di Pankràt, catturò 14 esemplari di rana comune sul fiume Kljàz’ma. Nei terrari ricominciò a fervere la vita.
Nel 1923 Pérsikov teneva già 8 lezioni la settimana, 3 nell’Istituto e 5 all’Università; nel 1924, 13, oltre a quelle presso le Facoltà Operaie; nella primavera del 1925 divenne celebre per aver bocciato agli esami ben 76 studenti, e tutti sugli anfibi a pelle nuda: "Come? Lei non sa in che cosa gli anfibi si differenziano dai rettili? E semplicemente ridicolo, giovanotto. Gli anfibi non hanno reni pelvici. Mancano. Proprio così. Dovrebbe vergognarsi. Lei, suppongo, è marxista…».
"Marxista», rispondeva, affranto, il bocciato.
"E allora ci rivedremo in autunno», diceva cortesemente Pérsikov gridando poi con vivacità a Pankràt: "Avanti un altro».
Il professor Pérsikov si rianimò, esattamente come fanno gli anfibi alla prima pioggia abbondante dopo una lunga siccità, nel 1926, quando una società mista russo-americana costruì nel centro di Mosca, tra il vicolo Gazétnyj e la via Tvérskaja, quindici palazzi a quindici piani e, in periferia, trecento cottage operai, ognuno con otto appartamenti, mettendo così fine una volta per tutte alla terribile e ridicola crisi delle abitazioni che tanto aveva tormentato i moscoviti negli anni 1919-1925.
In generale quell’estate fu molto importante nella vita di Pérsikov; a volte egli si fregava le mani con un risolino sommesso e soddisfatto, ricordando come si fosse dovuto rattrappire in due sole stanzette insieme con Màr’ja Stepànovna. Adesso era tornato in possesso di tutte e cinque, poteva star comodo e disporre a piacere dei suoi duemilacinquecento libri, degli animali impagliati, dei diagrammi e dei preparati, nonché di una lampada verde sul tavolo dello studio.
Anche l’Istituto diventò irriconoscibile: lo riverniciarono in tinta color crema, nella stanza degli anfibi portarono l’acqua per mezzo di una speciale conduttura, sostituirono tutti i vetri con cristalli, inviarono cinque nuovi microscopi, tavole di vetro per i preparati, globi a luce diffusa da 2.000 volt, riflettori e scaffali per il museo.
Sì, Pérsikov si rianimò, ma il mondo ne venne inaspettatamente a conoscenza solo quando, nel dicembre 1926, pubblicò il suo saggio: Ancora sul problema della riproduzione dei corazzafi o cheloni, pagine 126, Bollettino della IV Università.
Poi, nell’autunno del 1927, apparve il suo capolavoro di 350 pagine, ben presto tradotto in sei lingue, tra le quali il giapponese: Embriologia delle Pipe, dei rospi e delle rane, prezzo 3 rubli, Edizioni dello stato.
Fu nell’estate del 1928 che accadde quella cosa incredibile, spaventosa…