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Mi sento delusa. Dal lavoro, dalla mia vita, dalla mia famiglia.
Se dovessi dire di essere felice in questo momento della mia vita forse mentirei. Direi piuttosto che non mi lamento e che potrebbe andare peggio.
In ogni caso oggi mi sento anche in vena di raccontare una storia, e per far questo dobbiamo fare qualche passo indietro, di almeno sei o sette anni, in una fredda aula universitaria dall'acustica discutibile, ricavata in un vecchio capannone, nel cuore del nulla industriale appena fuori Firenze.
Diapositive che scorrono e raccontano le forme organiche di Gaudì, l'architetto di Dio, e lo mettono in netta contrapposizione con Le Corbusier, che da sempre invece va predicando il rigore della Forma Geometrica come unica via progettuale possibile e mette in guardia i posteri con le sue Tre Avvertenze agli Architetti. E ancora scorrono nomi, Bauhaus, Gropius, Alvar Aalto, Joe Colombo e i suoi moduli abitativi, l'utopia degli anni '60, il Radical Design, Sapper e Zanuso e i loro progetti per Brionvega.
E' la prima vera lezione di storia del Design della mia vita e io sono estasiata.
Anche quello forse per certi versi non è un gran periodo per me, ma ho 20 anni e sono totalmente conquistata, per non dire innamorata di quello che sto facendo. Intervengo, faccio domande, colta dalla Sindrome Del Primo della Classe, forse anche meno, mi direi adesso. Le diapositive vanno avanti, Frank Lloyd Wright e l'edificio del Gugghenheim di New York, io che non manco di far notare che ci sono stata - e ho visto anche una mostra di Robert Mapplethorpe - a differenza della maggior parte dei presenti alla lezione.
Che entusiasmo, credo ancora alla favola che per me sarà diverso, ancora non so immaginare che ci vorranno quasi sette anni per uscire di là. Ma non è qui che voglio arrivare.
Un progetto in particolare cattura la mia attenzione. Si tratta di una serie di sedute in poliuretato rivestito di maglina elastica, dalla forma organica, confezionate in un packaging alto non più di 10 cm. E' come se fossero sottovuoto, spiega il professore, l'intrigo, l'effetto scenografico di questo progetto è proprio l'apertura della confezione, è lì che l'oggetto si reimpossessa della sua forma. Si gonfia, verso l'alto. E' la Serie UP di Gaetano Pesce. Up 5, la più significativa della serie, è una poltrona che vuole evocare le sinuosità della forma femminile, suggellata dalla presenza maschile: un pouf a forma di palla. Una palla al piede. Sublime.
Diventa per gli anni a seguire la poltrona del mio cuore. Non manco di inserirla negli allestimenti che progetto per gli esami, sogno un giorno di poterci sprofondare per leggere il giornale.
E poi gli anni passano, la mia palla al piede diventano l'università e mille problemi, la fatica e la stanchezza vanno a coprire un entusiasmo che io non so più ritrovare.
Il resto è storia, alla fine ce la faccio, l'università la finisco ed ora eccomi qua, a cercare lavoro, a fare lavori precari, a riciclarmi in altro, invece di fare il progettista. Sì perchè io alla parola designer, o peggio ancora CREATIVO, termine abusato da gente che pensa che basti mettersi un paio di occhiali dalla montatura spessa per coltivare il proprio genio, preferisco definirmi progettista (con una piccola eccezione per la biografia di questo blog).
Ed è con questi pensieri in testa e con una lucina di entusiasmo accesa nel mio cuore che stasera me ne sono andata ad assistere alla lectio magistralis, in occasione del Florens 2012 (googlate), di uno che il design l'ha praticamente inventato.
Sentivo di doverlo ringraziare perchè se ho scelto di diventare progettista è anche grazie al suo lavoro.
E così ho fatto, stringendogli la mano. E lui mi ha sorriso e mi ha detto che era lusingato. Io ho risposto che ci si prova. E poi a dir la verità non ci ho capito più nulla, perchè l'emozione è così.
Anche se è una strada in salita e non tutti credono in te, altri invece capiscono perfettamente dove stai andando a parare. Avevo bisogno di queste parole per ritrovare un po' quell'entusiasmo ormai dimenticato. E di questo non posso che dire grazie al Maestro Gaetano Pesce.
"Il futuro e' il miglior tempo che esista perche' si apre a qualsiasi possibilita', puo' prendere la forma che vogliamo." (Gaetano Pesce, Florens 2012)
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