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La domanda me l'ero in qualche modo già posta per The Master: può un film a livello tecnico sorprendere e conquistare nonostante pecche di sceneggiatura?
Per The Master la questione era ovviamente diversa, lì si aveva davanti il genio e la bravura di Paul Thomas Anderson, la perfezione di Joaquin Phoenix e Philip Seymour Hoffman e il film ti arrivava dritto dritto allo stomaco e al cervello nonostante appunto una mancanza non tanto di coerenza scenica quanto di cuore.
Sull'argomento alcuni si erano già soffermati anche per Anna Karenina, dove l'originalità della messa in scena sovrasta sulla riduzione del romanzo da parte di Joe Wright, ma lì l'impasse si supera senza grosse difficoltà dal mio punto di vista perché nonostante qualche manchevolezza e qualche lacuna, il film mantiene il suo cuore e resta sempre coerente con se stesso.
Con Upside Down la questione prende tutt'altra piega. E non solo perché non c'è confronto fra le tre opere sia a livello registico che di significato, ma perché il tutto è esplicabile semplicemente con la domanda: può un film tecnicamente eccellente e visionario funzionare nonostante una sceneggiatura debole?
La risposta è, come sempre per le semplici domande, difficile da dare.
Il film scritto e diretto da Juan Solanas è infatti visivamente pazzesco, ma se si dovessero giudicare i dialoghi, alcuni momenti della recitazione e soprattutto lo sviluppo della trama, bè, questo stupore mancherebbe.
Sulla carta la storia d'amore impossibile tra un ragazzo e una ragazza abitanti due mondi speculari -uno sopra e uno sotto- con una propria forza di gravità opposta, dove una è ricca e l'altro povero, incuriosirebbe. Se si unisce al tutto anche una polizia di confine che li monitora, la propensione di lui alle invenzioni e una grossa multinazionale per i quali entrambi lavorano la curiosità diventa attenzione, anche se l'amore contrastato è dagli albori dei tempi un tema fin troppo sfruttato. Il fatto però che questo amore subisca frenate non proprio efficaci -la perdita di memoria- e si risolva poi con una semplicità disarmante non aiuta il film ad uscire dalla norma.
Quello che però davvero sorprende e fa impazzire non solo gli occhi ma anche la mente è la creazione di questo doppio universo, la sua struttura e la sua complessità, la sua bellezza disarmante e la sua visionarietà. Upside down sembra però reggersi quasi tutto sul livello degli effetti speciali -non completamente andati a segno, poi, vedi gli inseguimenti- e una fotografia dalla grana spessa e sublime, ma anche qui qualche neo lo si trova come le inquadrature che mostrano spesso e volentieri i due mondi nella loro vastità rendendoli un po' ridondanti.
I due protagonisti, i sempre belli Kirsten Dunst e Jim Sturgess, risultano comunque romantici quanto basta ma a penalizzarli sono dei dialoghi non approfonditi e un finale frettoloso che si distanzia dalla coerenza fisica mantenuta in tutta la durata del film.
Che dire quindi. A volte un film per quanto pazzesco ed efficace a livello visivo non deve dimenticare di dover raccontare una Storia come si deve -in questo Inception insegna- e per quanto il lavoro svolto da Juan Solanas che a partire dai bellissimi titoli di testa lascia a bocca aperta, una maggiore cura di tutti i dettagli sarebbe stata di maggior riuscita.
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