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Uranio, il metallo che fa paura

Da Metallirari @metallirari
Uranio, il metallo che fa paura

Parlando di uranio è difficile non sentire istintivamente un certo disagio, misto a a paura, generato da tutto quello che abbiamo sentito circa i drammatici incidenti nucleari di Chernobyl e di Fukushima e circa l’impiego di uranio impoverito in zone di guerra.

I mass-media, sull’argomento non ci sono mai andati leggeri e, per dare qualche emozione in più al proprio pubblico, hanno preferito terrorizzare anziché informare.

Nella realtà l’uranio è un metallo abbastanza comune, presente nella maggior parte delle rocce in basse concentrazioni (da 2 a 4 parti per milione). Inoltre, in questi anni ha attirato l’attenzione di molti investitori, che intravedono la possibilità che i prezzi del metallo possano mettere a segno consistenti guadagni nel prossimo futuro.

L’uranio fu scoperto nel 1789 nel minerale pechblenda da Martin Klaproth, un chimico tedesco, che lo battezzò come il pianeta Urano. Quando viene raffinato è un metallo bianco argenteo, debolmente radioattivo, ma che reagisce con la maggior parte degli elementi non metallici e dei loro composti, reazione che aumenta con la temperatura.

Il plutonio è tristemente famoso per essere stato usato nella bomba atomica che venne sganciata su Nagasaki

L’uranio è presente sotto forma di due isotopi (atomi con un neutrone in più o in meno): l’uranio-238 (U-238) e l’uranio-235 (U-235). Il primo rappresenta più del 99% del metallo disponibile, il secondo meno dell’1%. Il più raro, l’U-235, è anche il più importante ed è quello comunemente usato come combustibile nucleare. Infatti è fissile, il che significa che in certe condizioni l’isotopo può essere diviso, sprigionando una notevole quantità di energia.

L’ U-238 invece non è fissile ma fertile. Cosa significa? Significa che può catturare uno dei neutroni intorno al nocciolo di un reattore, creando plutonio-239, un isotopo fissile che emana una notevole quantità di energia. Il plutonio è tristemente famoso per essere stato usato nella bomba atomica che venne sganciata su Nagasaki (quella di Hiroshima era all’uranio-235).

Attualmente, l’uso più importante dell’uranio è nella produzione di energia nucleare. Fu impiegato nelle prime centrali nucleari nel 1950 e ad oggi i reattori nucleari sono diventati più di 400, una flotta di centrali che provvede ad oltre il 10% dell’energia elettrica del mondo.

Ma, come tutti sanno, esiste un impiego dell’uranio un po’ meno pacifico: i penetratori ad alta densità e le bombe nucleari. I primi sono munizioni all’uranio impoverito legato con l’uno o il due percento di altri metalli, solitamente titanio e molibdeno. Le bombe nucleari hanno drammaticamente costituito uno dei primi utilizzi dell’uranio anche se, dal 1990 la maggior parte dell’uranio militare è stato riconvertito per essere impiegato come combustibile nelle centrali nucleari civili.

Con la popolazione del nostro pianeta in crescita continua, la necessità di avere fonti energetiche è più importante che mai. Si prevede che entro il 2030, il consumo di elettricità sarà raddoppiata rispetto ai livelli del 2007 e una parte significativa deriverà dall’energia nucleare. La sola Cina costruirà 40 nuovi reattori nucleari entro il 2020, così come la Russia che ne costruirà altri 25 e l’India altri 24.

Perciò è lecito domandarsi se ci sarà abbastanza uranio per soddisfare tutte queste nuove esigenze. Secondo molti analisti non vi sono dubbi che ci sarà un deficit di approvvigionamento di questo metallo e con esso un forte aumento dei prezzi. Ma i tempi con cui questo avverrà non sono troppo chiari, come dimostra il fatto che è ormai da qualche anno che gli esperti si attendono un rialzo dei prezzi che fino ad ora non c’è stato.

Tuttavia, per chi crede che i fondamentali della domanda e dell’offerta siano i driver più importanti del mercato, non ci sono molti dubbi che l’uranio costituisce un investimento interessante per i prossimi anni.

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