Molti corpi del nostro Sistema Solare hanno un interno ghiacciato ed il ghiaccio è stato rilevato anche su pianeti extrasolari. Ma le loro condizioni estreme, con pressioni e temperature elevate, rendono il ghiaccio ricco di impurità come i sali e molto diverso dal ghiaccio d'acqua che siamo abituati a vedere in inverno.
Una ricerca, recentemente pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences, ha analizzato i processi alla base della formazione del ghiaccio all'interno degli ambienti planetari, un lavoro che potrebbe avere importanti ripercussioni sui modelli attuali che studiano le proprietà fisiche all'interno dei pianeti.
Effect of salt on the H-bond symmetrization in ice [abstract]
The richness of the phase diagram of water reduces drastically at very high pressures where only two molecular phases, proton-disordered ice VII and proton-ordered ice VIII, are known. Both phases transform to the centered hydrogen bond atomic phase ice X above about 60 GPa, i.e., at pressures experienced in the interior of large ice bodies in the universe, such as Saturn and Neptune, where nonmolecular ice is thought to be the most abundant phase of water. In this work, we investigate, by Raman spectroscopy up to megabar pressures and ab initio simulations, how the transformation of ice VII in ice X is affected by the presence of salt inclusions in the ice lattice. Considerable amounts of salt can be included in ice VII structure under pressure via rock-ice interaction at depth and processes occurring during planetary accretion. Our study reveals that the presence of salt hinders proton order and hydrogen bond symmetrization, and pushes ice VII to ice X transformation to higher and higher pressures as the concentration of salt is increased.
Quando l'acqua si congela e diventa ghiaccio, le molecole sono legate tra loro in un reticolo cristallino tenuto insieme da legami idrogeno che, grazie alla loro versatilità, consentono la formazione di molti tipi di ghiaccio con almeno 16 diverse strutture cristalline. Tuttavia, la maggior parte di queste non potrebbe esistere all'interno di pianeti e delle lune ghiacciate perché sotto pressioni elevate la varietà si restringe diminuendo la distanza tra gli atomi. Quando la pressione aumenta di circa 20.000 volte rispetto a quella dell'atmosfera terrestre (2 gigapascal), solo due tipi di ghiaccio possono ancora formarsi: ghiaccio VII e ghiaccio VIII, rispettivamente con una struttura cubica e tetragonale, contro quella esagonale del ghiaccio ordinario. Se la pressione aumenta ancora, entrambi le strutture si trasformano in quello che viene chiamato ghiaccio X. Ciò avviene intorno a pressioni circa 600.000 volte superiori all'atmosfera terrestre (60 gigapascal), paragonabili alle condizioni che si verificano all'interno di pianeti con il nucleo ghiacciato, come Urano o Nettuno.
Il ghiaccio X ha una struttura completamente diversa e simmetrica. Si chiama anche "ghiaccio non molecolare" perché la molecola di acqua è spezzata e gli atomi di idrogeno sono condivisi tra atomi di ossigeno vicini.
Sotto pressioni simili ma temperature più elevate, si ritiene che il ghiaccio X si trasformi ancora e possa condurre elettricità quando gli atomi di idrogeno si muovono liberamente intorno al reticolo di ossigeno. Tuttavia, il suo processo di formazione, alle temperature presenti all'interno dei corpi planetari, è sempre rimasto un mistero.
Dato che gli interni dei corpi planetari ghiacciati potrebbero essere ricchi di sali, a causa delle interazioni tra l'acqua o il ghiaccio stesso e un nucleo roccioso, Livia Eleonora Bove, del CNRS, dell'Université Pierre et Marie Curie in Francia e dell'Ecole Polytechnique Federale de Lausanne in Svizzera, autrice principale del documento, ha studiato gli effetti dovuti alla presenza di sali sulla formazione del ghiaccio X a partire da ghiaccio VII.
Il suo team ha scoperto che l'inclusione di sali nel ghiaccio VII, sia il cloruro di sodio ordinario (NaCl), quello che abbiamo nelle nostre cucine, e sia il cloruro di litio di analoga struttura (LiCl), spinge la formazione di ghiaccio X a pressioni più elevate. Tali sali potrebbero facilmente essere stati incorporati come impurità durante il processo di formazione planetaria e potrebbero essere presenti nelle rocce o nell'acqua liquida che interagisce con il nucleo ghiacciato.
"Questi risultati potrebbero sfidare il nostro pensiero corrente sulla fisica che si verifica all'interno dei corpi planetari ghiacciati", ha detto Alexander Goncharov del Carnegie Institution for Science Goncharov. "Tutte le nostre ipotesi attuali si basano sul comportamento del ghiaccio senza alcuna impurità".
La presenza di sale potrebbe anche garantire la formazione di un tipo di ghiaccio altamente conduttivo che, secondo il team, potrebbe spiegare i campi magnetici di Urano e Nettuno.
Press release: -
https://carnegiescience.edu/news/salt-key-unlocking-interiors-neptune-and-uranus