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Urgenza, violenza e integrazione _ Meditazione n.7

Da Icalamari @frperinelli

Parte I, quella seria.

Ho appena sentito la voce di Laura Boldrini aprire i lavori della Camera dei deputati, una voce più tremula del solito, quella con la quale ha difeso modi e tempi di indizione della seduta odierna riguardante il ddl di conversione del decreto sul femminicidio. In un paese nel quale tutto è possibile e poco ci manca che venga reintrodotto il delitto d’onore, la difesa preventiva di Boldrini era necessaria perché, al di là dei concetti espressi (la seduta è stata convocata come adempimento della Costituzione), tesa ad arginare le polemiche sterili e, per come sono state espresse, di per sé violente, da parte di alcuni esponenti del M5S. Speriamo che basti per varare almeno il percorso di un ddl secondo me quanto mai necessario anche se, anche durante la seduta, altri attacchi sono arrivati da parte della Lega nord.

Sul cosiddetto “femminicidio” si sente dire spesso che si esagera. Che la violenza non è mai di genere, ma è violenza tout court. Certo, certo. Io però non ho mai sentito di tanti delitti contro le donne uno di seguito all’altro come negli ultimi mesi. Il fatto che ci siano più priorità sul tavolo, non significa che da qualche parte non si debba cominciare. Riguardo alla violenza, ci sono emergenze di genere e non.  Ed è infatti violenza anche il razzismo negli stadi. Lo è il respingimento cieco dalle nostre coste dei migranti. Lo è la loro detenzione nei CIE.

Per me l’urgenza principale sarebbe costituita da una nuova legge elettorale, e sono pronta a sostenerla ad arrabbiarmi e battermi (se B. dopo le condanne si ripropone con tanta faccia tosta come lìder màximo non solo dei suoi ma di noi tutti, bisogna reagire con decisione). Ma non certo a costo di sminuire l’importanza di una legge che argini il femminicidio, in ore nelle quali uomini assalgono, e spesso uccidono tante donne.

Parte II, quella faceta.

L’altra emergenza è quella dell’integrazione. Perché se non ci si integra ci si immagina soltanto, gli uni con gli altri. Si inventano bugie e si pratica il chiacchiericcio, padre di molti mostri. Ecco perché a me piace capire.

Era parecchio che aspettavo l’occasione di fare un pezzo di colore. L’occasione si è presentata sotto l’aspetto di un giovane maschio, nero al 100%, gustoso come una tavoletta di cioccolato amaro. Nell’era dell’immagine, un clamoroso oggetto di lusso. Proprio davanti ai miei occhi, a portata di mano a meno di mezzo metro da me nell’acqua della piscina.

Lo riconosco, è un incipit di bassa Lega.

Si mormora, si mormora, questo quando lo incontri cammina come su un tappeto elastico, sembra che sfiori appena la terra, mentre si guarda attorno con l’aria di uno che sa di farsi notare. Si mormora, se va incontro ai bambini, dà loro il cinque, si ferma, risponde alle domande. Si mormora, quando le adolescenti in gruppo e poi le loro madri, da sole, quasi per un agguato, salutano svenevoli, e lui risponde sempre, ma si mantiene cortese e distaccato. Si mormora, tra mogli e mariti quando si accorgono che capannelli di soli uomini lo circondano e lo tengono impegnato in lunghe conversazioni sulla presunta somiglianza al calciatore Balotelli. Si mormora sul perché ovunque, sia che beva un caffè al bar, che faccia la fila al bagno, che cammini pensando ai fatti suoi, spuntano paparazzi improvvisati e lo immortalano, possibilmente insieme a loro stessi o ai loro familiari. Gli hanno perfino organizzato un set con musica ad altissimo volume e veline arruolate tra le bagnanti.

Nell’acqua io mi sono presentata, lui ha fatto altrettanto. Gli ho chiesto il perché di tanta esposizione, ha detto che è solo un insegnante di un corso di lotta senegalese che sta per iniziare. Ah, ecco, è qui per lavoro.

Ma la ragazza del bar ha spifferato molestie ricevute da signore arrapate, da gente che lo aggredisce ovunque con la richiesta di fotografie, ha assicurato che è un ottimo ragazzo e che non vorrebbe affatto tanta pubblicità. Ah, ecco, si tratta di violenza, allora. Anche se…

- Come vuoi essere chiamato nel servizio, Mario o Malik?

Gli ha chiesto un tizio dietro una fotocamera dall’obiettivo enorme. E lì ho capito. Si tratta di vanità. Bravo ragazzo, hai scelto il paese giusto per mettere radici. Tu sei libero finalmente, perché noi siamo liberi.


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