Magazine Diario personale

Usa 2008

Da Marlowe
UOZZ AMERIGA!
(Bozza senza foto in corso di aggiornamento)
L'idea di un viaggio on the road negli Stati Uniti credo sia una costante di tutti i "ragazzi" della mia generazione. L'ho potuto realizzare soltanto nel 2008, ma ne è valsa la pena.
Nessuna benevolenza verso il "sistema americano", quello dei self-made men e degli homeless, dei pick-up giganteschi e degli ospedali che non ti curano senza il numero dell'assicurazione, dell'insalata della quale si mangiano solo le foglie interne e le altre si buttano nella spazzatura e dei supermercati dove trovi tutto a prezzi davvero bassi.
Semplicemente la voglia di vedere con i propri occhi uno dei miti dell'umanità dall'ottocento in poi.
Lasciata NY, ci si dirige (in volo) verso il west. A Phoenix le strade sono dritte cone binari e il traffico langue; l'aria danza sull'asfalto e distorce l'orizzonte: ci sono 40 gradi.
L'aria condizionata qui è un obbligo, come pure il famoso cappello a larghe tese: il sole e il caldo non perdonano. Il Deserto Dipinto è bello e selvaggio, anche senza Tex e Carson. I Navajos, loro, invece, ci sono, sia pure un po' malandati, a vendere collanine e braccialetti e acchiappasogni, e a ricordarci che, in un tempo ormai senza importanza e chissà quanto lontano, erano i padroni di tutto, e solo l'orizzonte e le mandrie di bisonti tracciavano i limiti alla loro vita nomade.
Facciamo tappa nella cittadina di Page, sul lago Powell, quasi equidistante tra il Grand Canyon (North Rim, versante nord) e la Monument Valley, al confine tra Arizona e Utah. Appena 125 miglia tra Page e ciascuna delle due destinazioni, niente per un vero Americano
Il Grand Canyon, che ha cinque milioni di anni e li porta benissimo, è un taglio profondo 1400 metri verso l'inferno, tant'è vero che il calore sembra che esca dalla voragine per sciogliere il cervello delle persone che si affacciano. Eppure su in alto sei a quasi duemila metri di quota... Il Colorado River è incredibile, un nastro d'acqua che non si secca mai, ha scavato il più spettacolare canyon del mondo eppure sembra addormentato. È stato anche imprigionato in due grandi laghi artificiali che danno acqua a tutta l'area, compresa la città di Las Vegas.
Le famose guglie di Monument Valley sono ancora in piedi, probabilmente anche i nostri figli faranno in tempo a vederle, ma per i nostri nipoti non saprei, guardando i cumuli di detriti da erosione ai piedi delle rocce rosse. Il luogo è sacro per gli "indiani", anche se è molto turistico e loro danno la licenza per la vendita di souvenir e di tour organizzati in fuoristrada.
Poi ancora deserto di rocce, vento e silenzio, verso nord. Lo Utah, lo stato più incredibile, con centinaia di chilometri di canyons, spettacolari rocce rosse scavate da parte a parte e, ogni tanto, un villaggio di 300 anime che resiste al tempo. Qui si mangiano buffalo wings, ali di pollo fritte, e hamburgers. Nemmeno le bistecche sono disponibili nel paese dei canyon. Arches, presso Moab, il primo parco che visitiamo, è davvero spettacolare, con decine di archi di roccia rossa nel deserto. Il parco di Canyonlands è un pianeta alieno fatto di roccia modellata dal Green River fino alla confluenza con il Colorado. E poi, Escalante e Zion sono i parchi naturali che abbiamo attraversato.
Las Vegas sembra un miraggio, mi pare che lo ha detto qualcuno, e io aggiungo che in realtà lo è: soldi facili, sesso facile, divertimento a tutte le ore, ma se esci all'aperto di mattina vedi solo spazzatura, persone con l'aria di fantasmi e automobili. All'interno, invece, notte e giorno non fa differenza: nelle grandi sale dei casinò non ci sono finestre, solo luce artificiale mai troppo forte, e così pure nei sotterranei dove si trovano i centri commerciali, dai soffitti dipinti con le nuvole e senza mai una luce diretta. All'esterno, la temperatura è ben poco variabile: 40 gradi di giorno, che di notte danno ben poca tregua. Gli alberghi costano sorprendentemente poco, ma paghi qualunque minimo optional. Meglio fuggire.
Passando per un paio di deserti bollenti e desolati, di cui vale la pena di menzionare il Joshua Tree National Park, con i suoi strani alberi-cactus, Si segue la sola strada decente fino a un enorme parco eolico e a Palm Springs, altra città fondata nel mezzo del deserto. Il tempo di un giretto, poi ancora verso sud-est, verso il confine con il Messico e San Diego.
San Diego è la città ideale per chi vuole sole, caldo, oceano, onde, vento. Le strade sono un labirinto, e la città vecchia la trovi a fatica; quando ci sei, capisci che non ci fai niente, la vita è altrove, a downtown e sulla spiaggia. Da laggiù andare a Los Angeles è un viaggio allucinante, quasi sempre all'interno di centri abitati dove senza navigatore rischi di perderti se non scegli la San Diego Freeway, Hwy no.5, dritta fino a Los Angeles.
Poi ti trovi di colpo in mezzo all'esondazione di automobili irrequiete, sulle strade dalle cento corsie, e vorresti essere già oltre, verso nord e la Sierra Nevada, The Big Sur e San Francisco.
Notte a Glendale, giro sul Mullholland Drv fino al Hollywood Bowl Overlook e poi, dal Sunset, lasciandoci a sinistra Beverly Hills via verso il mare e Santa Monica. Ciao, LA, troppo caos, smog, macchine e scene di libri o film. Pasadena è più tranquilla, con le ville senza recinzioni e i bambini scalzi sull'erba del parco.

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