L'allarme provocato dalla marea nera nel golfo del Messico ha innescato dei contatti tra Usa e Cuba. La situazione è tale, che è di reciproco interesse avere un confronto a «livello operativo» per cercare di affrontarla insieme, per questo una serie di funzionari americani e cubani si sono incontrati per cercare di risolvere il problema. La collaborazione però, hanno tenuto a precisare fonti anonime del dipartimento di Stato citate dai media americani,sarà solo «a livello di lavoro».
Nel frattempo si sta verificando ciò che gli scienziati ambientali temevano. Secondo la Noaa (National oceanic and atmospheric administration) e l'Esa (Agenzia spaziale europea) una frangia della marea nera, dal 20 aprile scorso si è allargata davanti alle coste della Louisiana ed è entrata nella “Loop current”, la corrente sottomarina che ruota in modo circolare all'interno del golfo del Messico e che spinge normalmente le acque verso la Florida.
La Noaa ha confermato che una “piccola porzione” della marea nera del golfo del Messico è entrata nella “Loop current” e potrebbe portare il petrolio a toccare le coste dell'arcipelago di Key West, di Cuba e della Florida nell'arco di pochi giorni. La Noaa tra l'altro non esclude che, sempre per effetto della corrente, il petrolio possa entrare in una sorta di vortice costante rimanendo al centro del golfo del Messico.
L'Esa ha comunicato da Parigi che uno dei suoi satelliti è stato in grado di rilevare con esattezza, il 18 maggio, l'andamento della marea, fotografando dall'alto la situazione nel golfo del Messico. Dalle immagini, scattate dal satellite Envisat, è apparso evidente che a sud est del punto in cui è affondata la piattaforma Deepwater Horizon, una frangia della marea nera è stata “risucchiata” dalla corrente circolare. Quelle acque, seguendo l'andamento naturale della “Loop current”, ci metteranno circa una settimana per arrivare alle isole Key West quindi proseguiranno oltre la punta meridionale della Florida, per risalire lungo le coste esterne americane. Ciò significa che la macchia nera non solo potrebbe raggiungere l'arcipelago delle Key West, ma toccare anche le coste nordoccidentali di Cuba, lambire le coste meridionali della Florida e risalire fino a Miami.
Usa e Cuba non hanno relazioni formali da oltre mezzo secolo, tuttavia non è la prima volta che un'emergenza provoca un avvicinamento obbligato. I due Paesi collaborarono direttamente in occasione del terremoto di Haiti del 12 gennaio scorso: Cuba aprì il suo spazio aereo ai voli di soccorso americani.
Nel frattempo, è stato escluso che il catrame trovato nei giorni scorsi a Key West sia di provenienza Bp. «I risultati dei test condotti sulle macchie di catrame - ha precisato la guardia costiera Usa - non coincidono con il tipo di petrolio proveniente dalla fuoriuscita della piattaforma».
Intanto all'interno della comunità scientifica c'è chi paragona il disastro petrolifero nel golfo del Messico a quello di Chernobyl: «Lo sversamento sottomarino nel golfo del Messico è un disastro ambientale peggiore di quello causato dall'esplosione di un reattore nucleare a Chernobyl nel 1986» ha detto Nicholas A. Robinson, co-direttore del centro per gli studi giuridici ambientali Pace Law School di New York, intervenendo alla conferenza internazionale Icef sulla governance globale per l'ambiente. «È un vero assalto alla vita sottomarina - ha concluso Robinson - che né la Bp, né nessun altro sa come fermare. Finora è stato catturato solo il 10% del flusso del petrolio con misure palliative e la corrente sta portando la chiazza sulla costa atlantica degli Stati Uniti».
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