Come cambierà il mondo dopo l’accordo sul nucleare probabilmente nessuno lo sa con certezza, ma quello che tutti ripetono, USA e Iran in testa, è che in ogni caso questo rappresenta il migliore degli accordi possibile.
Obama più degli altri ha investito nel negoziato e la posta in gioco, politicamente parlando, è immensa. Come qualcuno ha giustamente fatto notare, con questa firma il presidente potrebbe finalmente giustificare un Nobel datogli più per simpatia che non per reali meriti.
L’approccio dialogante con il mondo arabo e la ferma contrarietà alla politica del predecessore, lasciavano presagire cambiamenti epocali e una generale inversione di tendenza rispetto agli ultimi anni. Il disimpegno dai diversi teatri di guerra, poi, promesso e in parte mantenuto, andava proprio nella direzione chiestagli dalla maggioranza dell’opinione pubblica.
Poi sono arrivate le primavere arabe e proprio lì, probabilmente, la stella di Obama ha cominciato ad offuscarsi. Scelte sbagliate e relative conseguenze, hanno portato ad una situazione di instabilità con la quale ancora oggi facciamo i conti.
La Siria fu l’apoteosi di errori e approssimazioni nella gestione di una crisi che da regionale sarebbe presto passata ad un livello superiore di minaccia globale, facendolo entrare in rotta di collisione con la Russia di Putin che di lì a poco avrebbe rincarato la dose con la questione Crimea.
A quel punto in molti hanno cominciato a processare Mr President, accusandolo di essere troppo interessato a questioni domestiche piuttosto che a ribadire il ruolo di watchdog del mondo democratico che gli USA sentono di dover ricoprire ad ogni costo.
La questione palestinese, poi, non lo ha certamente aiutato e la diffidenza reciproca che ha caratterizzato il rapporto con la controparte israeliana ha fatto il resto, rendendo i suoi tentennamenti nell’area ancor più evidenti.
Oggi, però, è forse tempo di invertire il trend. Dopo aver concluso un accordo analogo con Cuba, è il momento di depennare dalla lista nera un altro dei più acerrimi nemici che gli Usa abbiano mai avuto.
Da alleati di ferro ad antagonisti per eccellenza, la parabola dei due paesi sembra ora indirizzata a cambiare nuovamente direzione dopo una trattativa durata mesi, durante la quale si sono alternate distensioni a irrigidimenti, parole di apertura a dichiarazioni di fermezza. Merito tanto della convergenza geopolitica quanto della fortunata presenza di due leader convinti – ognuno per proprio tornaconto politico/personale – di dover voltare pagina dopo quasi 40 anni di silenzio.
L’accordo siglato con Teheran di certo non soddisfa pienamente nessuno, e la cosa appare ovvia. In una trattativa tanto delicata ognuno avrà dovuto lasciare fuori dalla porta posizioni ideologiche e richieste esagerate. Le critiche che in casa stanno piovendo addosso a Obama non sono poi tanto diverse da quelle che si trova a dover affrontare in patria lo stesso Rouhani il quale, forte dell’appoggio di una larga fetta della popolazione, dovrà passare comunque le forche caudine di quanti lo attendono per puntualizzare le gravi mancanze del testo.
La stessa Guida Suprema ha sottolineato come a fronte del grande impegno dei negoziatori, nulla cambi in relazione agli USA e al suo ruolo, non rendendosi conto di aver di fatto espresso una posizione ormai minoritaria nel paese e comunque non vincolante rispetto al corso degli eventi.
Come del resto negli USA, dove per alcuni detrattori sembra quasi impossibile pensare di depennare un possibile obiettivo da bombardare in cambio soltanto di un trattato che potrebbe facilitare il processo di pace del medio oriente o almeno di una parte di esso.
La verità è che l’accordo effettivamente non garantisce nessuno al 100% e forse è giusto così. Se fosse stato il contrario avremmo assistito ad una trattativa tra un vincitore ed un vinto, una resa camuffata da intesa e a quel punto il dubbio sulla tenuta della stessa sarebbe stato legittimo perché ingiusta nella sua stessa natura. Oggi assistiamo a qualcosa di diverso, che parte da un presupposto diverso, e cioè dal rispetto reciproco di un accordo che tutti potranno disattendere e che, proprio per questo, acquisterà valore ogni giorno di più.
Del resto, come diceva Berthold Auerbach: “Colui che non crede a nessuno, sa che egli stesso non è degno di fiducia”.
Luca Arleo