Magazine Politica

Usa, gli importatori di terrorismo

Creato il 11 ottobre 2015 da Albertocapece

Eli is Back! v3 colourLa grande strage continua, incessante, notte e giorno: dopo le “fucilazioni” scolastiche in  Oregon è bastato che qualcuno andasse al di là delle statistiche ufficiali e complici dell’Fbi che considerano sparatorie di massa solo quelle che fanno almeno quattro morti, che qualcuno considerasse tali i gli scontri a fuoco dove ci sono almeno 4 feriti per stravolgere il bengodi statistico dei fabbricanti di armi e mostrare che praticamente da anni c’è almeno uno scontro a fuoco di massa ogni giorno. Tuttavia sarebbe ingannevole fermarsi a questo e pensare che le stragi quotidiane in Usa siano causate solo dall’ingordigia dei produttori di strumenti di morte e della facilità con cui ci si possono procurare pistole, fucili, persino cannoni e lanciamissili, un triste commercio fondato su un emendamento della Costituzione votato più di duecento anni fa per tutt’altri scopi, quando era necessario difendersi dagli inglesi.

I numeri e la loro costante crescita ci indicano che il fenomeno va ben al di là: che la violenza massicciamente esportata per il controllo del mondo, l’idea che questa sia  sostanzialmente “giusta” a causa dell’eccezionalità americana, concetto che viene inculcato sin dalla nascita, non ha fatto che alimentare il seme della brutalità e il senso di onnipotenza che dà il dito sul grilletto. Non si tratta più solo della ribellione individuale e senza oggetto di una società che si sente giunta alla fine della storia, della turbolenza che non trova sbocco politico o ideale e che ha fatto degli Usa la nazione con più detenuti di qualsiasi altra in qualsiasi periodo storico: le sparatorie di massa hanno infatti avuto un deciso e costante aumento dalla prima  esportazione di democrazia in Iraq fino ai giorni di oggi, ossia ai giorni del caos. Del resto le cifre cono chiare: gli Usa in patria e all’estero hanno avuto circa 3300 morti per azioni terroristiche dall’11 settembre compreso in poi, ma nello stesso periodo hanno avuto oltre 400 mila morti per armi da fuoco. Anche considerando che la metà abbondante di essi siano suicidi, rimane l’immagine di una strage quattro volte più grande del Vietnam che non può essere giustificata esclusivamente  dalla facilità di possesso delle armi da fuoco la quale non è tanto la causa, quanto l’effetto di una progressiva assuefazione e di una incoraggiata attitudine alla violenza.

Non c’è bisogno di un trattato per capire come la sopraffazione, giustificata, enfatizzata, esaltata in ogni salsa, divenga nella testa di molti una strada legittima o quanto meno naturale: non si può invadere, bombardare, uccidere civili e bambini a migliaia chiamandolo effetto collaterale, senza che questo spirito cominci a pervadere le menti meno lucide, le educazioni più rozze, E nemmeno si può pensare che la tentazione non si faccia strada in una società dove sostanzialmente homo homini lupus è considerato una virtù sociale ed economica. Si voleva esportare falsa democrazia, ma si è importato solo il vero terrorismo di cui ci si è serviti per mantenere il controllo, mondiale. Così i poliziotti uccidono l’ “altro” come in Afganistan ritenendosi in diritto di farlo (molti di loro sono in effetti reduci) mentre sempre più persone sognano, immaginano, ritengono giustificato ed exciting lo shooting contro chi, nel loro isolamento programmato dal liberismo, si considera nemico.

Qualche anno fa è uscito in film interessante da questo punto di vista, anche perché è a Hollywood che batte davvero il cuore della cultura Usa: in “Codice Genesi” un superstite della guerra globale affronta un lungo viaggio per portare l’ultima copia rimasta della Bibbia in in villaggio post atomico dove si tenta di far rinascere la civiltà. Ma durante il viaggio non si contano gli ammazzamenti, gli stupri, le amputazioni, gli squartamenti: violenza inaudita per una giusta (si fa per dire) causa. E tutto condito dal continuo suggerimento che l’eroe stragista sia protetto da Dio. Protetto anche da chi vuole “il libro” per farne uno strumento di potere. Sinceramente non trovo immagine più adatta a descrivere l’America di oggi.


Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Magazines