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USA, la dipendenza dall’export della Germania frena la crescita dell’UE

Creato il 06 novembre 2013 da Capiredavverolacrisi @Capiredavvero

Si sta consumando in questi primi giorni di novembre una pesante diatriba tra USA e Germania che potrebbe, anche se lo crediamo improbabile, creare tensioni future tra i due Paesi.

Pochi giorni fa è accaduto l’impensabile. Il governo degli Stati Uniti ha bocciato apertamente le politiche economiche tedesche manco si trattasse di un blogger euro-scettico o di uno dei tantissimi economisti che lo ripetono ormai da anni. Non è la prima volta che pesanti critiche alle politiche economiche della Germania arrivano da oltreoceano, ma è la prima volta che arrivano da fonti governative.

germania export

Ma andiamo con ordine.

Nel suo rapporto semestrale sulle valute pubblicato il 30 ottobre, il Dipartimento del Tesoro americano ha indicato il modello di crescita tedesco basato esclusivamente sulle esportazioni come la causa principale della debolezza della ripresa dell’insieme dei 17 paesi che hanno la moneta unica.

È doveroso sottolineare come l’economia americana stia ancora ristagnando e le operazioni di Quantitative Easing effettuate dalla Federal Reserve non stanno dando la spinta all’economia e all’occupazione che in molti speravano di ottenere; inoltre, la fine della chiusura del Governo Federale, il così detto shutdown, dopo 16 giorni è solamente momentanea, perché i fondi garantiti dall’accordo tra il Congresso e la Casa Bianca hanno valore solo fino al 15 gennaio e l’innalzamento del tetto del debito fino al 7 febbraio. Quindi la situazione non è migliorata e i problemi sono solo rimandati.

Le critiche verso le scelte politiche di altri Paesi non sono certo una novità per il governo USA, basti pensare ai ripetuti rimproveri verso la Cina sulla svalutazione dello Yuan. Lo scalpore destato da questo particolare caso sta negli ottimi rapporti pluridecennali che legano gli USA e la Germania; quegli stessi rapporti che sono messi in pericolo, proprio in questo periodo, dallo scandalo intercettazioni.

L’analisi del report è lapidare: “Il ritmo anemico della domanda interna in Germania e la sua dipendenza dall’export hanno ostacolato il riequilibrio in un momento in cui molti altri paesi dell’area euro sono stati sottoposti a forti pressioni per ridurre la domanda interna e comprimere le importazioni allo scopo di favorire il riaggiustamento … Il risultato netto è stata una pressione deflazionistica sull’eurozona così come sull’economia globale.”

La risposta tedesca alle critiche americane non si è fatta attendere e si è palesata sulle pagine dello Spiegel International, in cui si legge che la risposta del Ministro dell’Economia tedesco non si è fatta attendere. In una dichiarazione dai toni altrettanto aspri, Wolfgang Schäuble ha definito il surplus della Germania come: “un segno della competitività dell’economia tedesca e della domanda globale di prodotti di qualità fatti in Germania.” All’interno dell’articolo viene sottolineato come, dal punto di vista teutonico, in realtà la dipendenza della Germania dalle esportazioni sia solo un parte del problema dell’euro-zona, viene evidenziato come i problemi strutturali degli altri paesi europei, tra cui la scarsa flessibilità del mercato del lavoro nei paesi mediterranei, e la mancanza di un’unione fiscale nell’eurozona, hanno contribuito altresì agli squilibri economici nel continente. Tuttavia, Stormy-Annika Mildner, un’esperta delle relazioni economiche transatlantiche all’Istituto Tedesco per gli Affari Internazionali e di Sicurezza, riconosce che la scarsa domanda interna in Germania continua ad ostacolare la crescita complessiva dell’eurozona. Per iniziare risolvere questo problema, in vista della prossima formazione della coalizione di governo, la dott. Mildner suggerisce che un incremento degli investimenti pubblici in infrastrutture potrebbe facilitare nuove produzioni e servizi, in tal modo stimolando la spesa dei consumatori.

In questa diatriba dai nervi scoperti si è inserito anche il Fondo Monetario Internazionale. Il componente della Troika, che sostiene le politiche d’austerità approvate dalla Germania e imposte ai Paesi in crisi dell’Euro-zona, ha incredibilmente appoggiato le osservazioni fatte dal Dipartimento del Tesoro americano, dimostrando, ancora una volta, a quali logiche e a quali potenze, risponde quest’ente “sovranazionale” al momento di schierarsi.

Il report, che ad un primo sguardo potrebbe sembrare un’inversione positiva per il resto dell’Euro-zona, andrebbe in realtà visto con occhi meno disincantati, il possibile motivo principale della forte critica del governo statunitense alle politiche della Germania è che queste incentrano la crescita sulle esportazioni e non sulla domanda interna, influenzando in quel verso quelle del resto della UE, minando la crescita americana trainata dall’export spinto dalla svalutazione del dollaro.

Detto questo, da un punto di vista esclusivamente economico, le critiche alle politiche economiche tedesche non possono che essere condivisibili. Lo stesso Paul Krugman sull’argomento ha scritto: “Ci troviamo ancora in un mondo governato dalla carenza di domanda, e gravemente soggetto al paradosso della parsimonia. Registrando degli ampi inopportuni surplus, la Germania sta danneggiando la crescita e l’occupazione del mondo in generale. I Tedeschi possono anche trovare incomprensibile tutto questo, ma è solo macroeconomia di base … La Germania ha perseguito l’austerità fiscale nonostante il suo status di creditore, contribuendo ad una generale politica economica restrittiva in tutta l’eurozona. Davvero il Ministero dell’Economia tedesco non capisce niente di tutto questo? La mia ipotesi è che non capisca veramente – che la Germania realmente consideri se stessa come un modello, e sia convinta che tutto andrebbe bene se tutti si comportassero come lei, e non concepisce l’idea che un mondo in cui tutti hanno dei grandi surplus commerciali sarebbe come minimo problematico.”

Questo caso diplomatico si dovrà risolvere, in fretta, perché tra pochi giorni ripartono i colloqui per i trattati dell area libero scambio tra USA e UE, di cui abbiamo già parlato e di cui riparleremo a breve.


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