bandiera americana in fiamme a Bengasi
12 SETTEMBRE – L’uccisione di un diplomatico ė da ritenersi uno degli atti più gravi che minano la pace tra i popoli. L’immunità delle missioni straniere è da sempre stata una delle regole basilari del diritto internazionale. Basti pensare che, nel 1961, venne firmata a Vienna la Convenzione sulle relazioni diplomatiche, patto con il quale si davano delle regole ben precise sul comportamento da tenere in ambito di missioni diplomatiche.
Quello che è avvenuto a Bengasi, è da considerarsi un atto grave. Si erano verificati altri scontri con consolati o ambasciate a Bengasi, basti pensare alla rappresentanza italiana, ma non si è mai arrivati alla morte di quattro cittadini stranieri.
I manifestanti erano scesi in piazza ed hanno assaltato il consolato americano solo perché un film, “L’innocenza dei musulmani”, é stato da loro ritenuto offensivo nei confronti del profeta Maometto. La folla inferocita, dopo una giornata di violenti scontri, ha deciso in serata di assaltare il consolato americano appiccandovi il fuoco. Guido De Sanctis, console italiano a Bengasi, è tuttavia di parere contrario e attribuisce la paternità dei fatti a un gruppo armato ben organizzato. ”Si è trattato di una azione più militare, un attacco iniziato senza che fosse preceduto da alterchi o slogan di protesta; il luogo inoltre non è uno di quelli in cui si organizzano di solito le manifestazioni, è fuori città”.
L’ambasciatore statunitense in Libia, deceduto durante gli ultimi scontri
Sono comunque morte quattro persone. Secondo le fonti più accreditate sarebbero state vittime di asfissia durante l’incendio scoppiato in ambasciata, secondo altri testimoni avrebbe colpito la loro automobile un razzo, mentre tentavano la fuga. Si tratta di Chris Stevens, ambasciatore americano in Libia, poi ancora un funzionario e due Marines. Si può dire quindi, in riferimento ai fatti di Bengasi, che si é avuta una vera e propria dichiarazione di guerra, perché un simile avvenimento va contro le più basilari regole di pace tra i popoli stabilite dalla convenzione di diritto internazionale qui sopra citata.
Cosa avverrà? Difficile stabilirlo con precisione con i dati in nostro possesso. Il presidente Obama ha affermato che giustizia in qualsiasi modo deve essere fatta ed ha comunque rassicurato che i legami con la Libia non saranno spezzati. Le modalità di ritorsione dovranno essere ponderate tra una ricerca della giustizia e della pace tra due culture diverse, separate ulteriormente da troppi anni di guerra tra loro. La soluzione più netta sarebbe un attacco di forze terrestri ed aeree alla Libia post-Gheddafi; altra soluzione, quella che sarà probabilmente adottata, consiste in un bombardamento di ritorsione.
Resta infine un’ultima ipotesi, escludendo quella che vede un possibile embargo economico o militare, che consisterebbe nel mettere da parte quanto avvenuto, gesto forte ma che potrebbe costare la rielezione ad Obama. Difficilmente le forze governative libiche riusciranno a trovare i responsabili e a consegnarli alle autorità americane. Se ciò comunque avvenisse, si potrebbe solamente in parte risolvere il problema visto che un Paese che non riesce a garantire la sicurezza di un consolato importante quale quello americano è un Paese che si può considerare nel baratro.
Michele Soliani