USA: sette paesi in cinque anni, a partire dall'Iraq, e poi Siria, Libano, Libia, Somalia, Sudan e, infine, Iran."

Creato il 26 novembre 2012 da Tuttouno
.... al Pentagono, novembre 2001, uno degli alti ufficiali ebbe il tempo per una chiacchierata. Sì, stavamo per attaccare l’Iraq, disse. Ma c’era di più. Questo fu oggetto di discussione nell’ambito di una campagna quinquennale, disse, e vi erano in totale sette paesi, a partire dall’Iraq, poi Siria, Libano, Libia, Iran, Somalia e Sudan.” Generale Wesley Clark.
General Wesley Clark: Le guerre sono state pianificate - Sette Paesi in cinque anni

Una “guerra umanitaria” contro la Siria? Escalation militare verso una grande guerra in Medio Oriente-Asia Centrale?
Traduzione di Alessandro Lattanzio – Aurora03.da.ru
Una grande guerra in Medio Oriente e Asia centrale è nei piani del Pentagono dalla metà degli anni ’90. Nell’ambito di questa grande guerra, l’alleanza US-NATO prevede di condurre una campagna militare contro la Siria, sotto il patrocinio del “mandato umanitario” delle Nazioni Unite. L’escalation è parte integrante del programma militare. La destabilizzazione di Stati sovrani attraverso il “cambio di regime” è strettamente coordinata con la pianificazione militare. C’è una roadmap militare caratterizzata da una sequenza di teatri di guerra USA-NATO.
I preparativi di guerra per attaccare la Siria e l’Iran sono in “uno stadio avanzato di preparazione” da diversi anni. Il Syria Accountability and Lebanese Sovereignty Restoration Act del 2003 definisce la Siria uno “stato canaglia”, un paese che sostiene il terrorismo. Una guerra alla Siria è vista dal Pentagono come parte della grande guerra contro l’Iran. Il presidente George W. Bush ha confermato nelle sue ‘Memorie’ che aveva “ordinato al Pentagono di pianificare un attacco contro gli impianti nucleari iraniani e [aveva] considerato un attacco segreto alla Siria.” (George Bush’s memoirs reveal how he considered attacks on Iran and Syria, The Guardian, 8 novembre 2010). La più vasta agenda militare è intimamente legata alle riserve strategiche di petrolio e agli oleodotti. È sostenuto dai giganti petroliferi anglo-statnitensi.
I bombardamenti del Libano del luglio 2006, erano parte di una “road map militare” attentamente pianificata. L’estensione della “Guerra di Luglio” contro il Libano alla Siria, era prevista dai pianificatori militari degli Stati Uniti e d’Israele. E’ stata abbandonata per la sconfitta delle forze di terra israeliane da parte di Hezbollah. La guerra del luglio 2006 d’Israele contro il Libano, ha anche cercato di imporre il controllo israeliano sulla costa nord-orientale del Mediterraneo, comprese le riserve offshore di petrolio e di gas nelle acque territoriali libanesi e palestinesi.
I piani per invadere sia il Libano che la Siria sono rimasti nei del Pentagono, nonostante la sconfitta di Israele nella guerra del luglio 2006: “Nel novembre del 2008, appena un mese prima che Tel Aviv iniziasse la strage nella Striscia di Gaza, le esercitazioni militari israeliane tenutesi per un guerra su due fronti contro il Libano e la Siria, chiamate Shiluv Zro’ot III (Incrociare le armi III). L’esercitazione militare comprendeva la simulazione di un’invasione della Siria e del Libano.” (vedasi Mahdi Darius Nazemoraya, Israel’s Next War: Today the Gaza Strip, Tomorrow Lebanon?, Global Research, 17 gennaio 2009)
La strada per Teheran passa per Damasco. Una guerra promossa da USA-NATO contro l’Iran comporterebbe, come primo passo, una campagna di destabilizzazione (“cambio di regime“), tra cui operazioni segrete d’intelligence a sostegno delle forze ribelli contro il governo siriano. Una “guerra umanitaria” sotto il logo della “responsabilità di proteggere” (R2P) diretto contra la Siria, contribuirebbe anche alla destabilizzazione del Libano. Si tratta di una campagna militare condotta contro la Siria, e Israele sarebbe direttamente o indirettamente coinvolto nelle operazioni militari e d’intelligence. Una guerra alla Siria porterebbe all’escalation militare.
Ci sono attualmente quattro distinti teatri di guerra: Afghanistan-Pakistan, Iraq, Palestina e Libia. Un attacco alla Siria porterebbe all’integrazione di questi teatri di guerra, portando infine a una grande guerra in Medio Oriente-Asia Centrale, inghiottendo l’intera regione dal Nord Africa e del Mediterraneo all’Afghanistan e Pakistan.
L’attuale movimento di protesta è destinato a servire da pretesto e giustificazione per intervenire militarmente contro la Siria. L’esistenza di una insurrezione armata viene negata. I media occidentali hanno descritto, in coro, i recenti avvenimenti in Siria come un “movimento di protesta pacifica”, in rivolta contro il governo di Bashar al-Assad, quando l’evidenza conferma l’esistenza di un’insurrezione armata islamica integrata da gruppi paramilitari.  Fin dall’inizio del movimento di protesta a Daraa, a metà marzo, ci sono stati scontri a fuoco tra la polizia e le forze armate da una parte, e uomini armati dall’altra. Incendi dolosi contro edifici governativi sono stati appiccati. A fine luglio ad Hama, edifici pubblici tra cui il Palazzo di Giustizia e la Banca Agricola, sono stati dati alle fiamme. Fonti giornalistiche israeliane, pur rifiutando l’esistenza di un conflitto armato, tuttavia, riconoscono che “i manifestanti [erano] armati con mitragliatrici pesanti.” (DEBKAfile, 1° agosto 2001. Report on Hama)
“Tutte le opzioni sono sul tavolo”
A giugno, il senatore statunitense Lindsey Graham, Presidente del Comitato sulle forze armate del Senato, ha accennato alla possibilità di un intervento “umanitario” militare diretto contro la Siria, al fine di “salvare la vita dei civili”. Graham ha suggerito che “l’opzione” applicata alla Libia, sotto la risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite 1973, dovrebbe essere previsto nel caso della Siria:
Se aveva senso proteggere il popolo libico contro Gheddafi, e lo si è fatto perché stavano per macellarlo, se non avessimo mandato la NATO, quando erano alla periferia di Bengasi, la domanda al mondo [è], se siamo arrivati a questo punto in Siria, … Potremmo non esserci ancora arrivati, ma vi siamo comunque molto vicini, quindi se si ha realmente a cuore la protezione del popolo siriano dal massacro, ora è il momento di far sapere ad Assad che tutte le opzioni sono sul tavolo.” (CBS “Face the Nation“, 12 giugno 2011)
Dopo l’adozione della dichiarazione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite relativa alla Siria (3 agosto 2011), la Casa Bianca ha chiesto, senza mezzi termini, il “cambio di regime” in Siria e la cacciata del presidente Bashar al-Assad: “Non vogliamo vederlo rimanere in Siria per amore della stabilità, e anzi, lo vediamo come causa dell’instabilità in Siria“, ha ha detto ai giornalisti il portavoce della Casa Bianca, Jay Carney. “E pensiamo, francamente, che sia sicuro dire che la Siria sarebbe un posto migliore senza il presidente Assad“. (citato in Syria: US Call Closer to Calling for Regime Change, IPS, 4 agosto 2011).
Estese sanzioni economiche, spesso costituiscono una vero e proprio trampolino per un intervento militare. Un disegno di legge promosso dal senatore Lieberman è stato introdotto nel Senato degli Stati Uniti, al fine di autorizzare pesanti sanzioni economiche contro la Siria. Inoltre, in una lettera al presidente Obama, ai primi di agosto, un gruppo di più di sessanta senatori degli Stati Uniti ha chiesto “l’attuazione di ulteriori sanzioni … pur mettendo in chiaro per il regime siriano pagherà un costo crescente per la sua scandalosa repressione.” Queste sanzioni richiederebbero il blocco delle transazioni bancarie e finanziarie, così come la “fine dell’acquisto di petrolio siriano, il taglio degli investimenti nel petrolio e nel gas della Siria“. (Vedasi Pressure on Obama to get tougher on Syria coming from all sides – Foreign Policy, 3 Agosto 2011).
Nel frattempo, il Dipartimento di Stato USA ha incontrato anche i membri dell’opposizione siriana in esilio. Un sostegno segreto è stato inviato anche ai gruppi di ribelli armati. Bivio pericoloso: La guerra alla Siria. Una testa di ponte per l’attacco all’Iran
Dopo la dichiarazione del 3 agosto del Presidente del Consiglio di Sicurezza dell’ONU contro la Siria, l’inviato di Mosca presso la NATO, Dmitrij Rogozin, ha avvertito dei pericoli di una escalation militare:
La NATO sta pianificando una campagna militare contro la Siria per rovesciare il regime del presidente Bashar al-Assad, con l’obiettivo di una lunga portata di preparare una testa di ponte per un attacco contro l’Iran, … “[Questa affermazione] significa che la pianificazione [della campagna militare] è ben avviata. Potrebbe essere la conclusione logica di quelle operazioni militari e di propaganda, che sono state effettuate da alcuni paesi occidentali contro il Nord Africa”, ha detto Rogozin in una un’intervista al quotidiano Izvestia … Il diplomatico russo ha sottolineato il fatto che l’alleanza ha lo scopo di interferire solo con i regimi “le cui opinioni non coincidono con quelle dell’Occidente.”
Rogozin è d’accordo con l’opinione espressa da alcuni esperti, secondo cui la Siria e lo Yemen in seguito, potrebbero essere gli ultimi passi della NATO per lanciare un attacco all’Iran. “Il cappio intorno all’Iran si stringe. La pianificazione militare contro l’Iran è in corso. E noi siamo certamente preoccupati per l’escalation per una grande guerra in questa enorme regione“, ha detto Rogozin.
Dopo aver imparato la lezione libica, la Russia “continuerà ad opporsi a una risoluzione violenta della situazione in Siria“, ha detto, aggiungendo che le conseguenze di un conflitto su larga scala in Nord Africa, sarebbero devastanti per il mondo intero. (“Beachhead for an Attack on Iran”: NATO is planning a Military Campaign against Syria”, Novosti, 5 agosto 2011)
Mentre la Libia, Siria e Iran fanno parte della tabella di marcia militare, questo dispiegamento strategico, se venisse attuata minaccerebbe anche la Cina e la Russia. Entrambi i paesi hanno investimenti, commerci e  accordi di cooperazione militare con la Siria e l’Iran. L’Iran ha lo status di osservatore nella Shanghai Cooperation Organization (SCO). L’escalation fa parte del programma militare. Dal 2005, gli Stati Uniti e i loro alleati, compresi i partner della NATO e Israele, sono coinvolti nella grande dispiegamento e stoccaggio di avanzati sistemi d’arma. I sistemi di difesa aerea degli Stati Uniti, dei paesi membri della NATO e d’Israele sono completamente integrati. Il ruolo di Israele e Turchia
Sia Ankara che Tel Aviv sono coinvolti nel sostegno all’insurrezione armata. Questi sforzi sono coordinati tra i due governi e le loro agenzie di intelligence. Il Mossad israeliano, secondo quanto riferito, ha fornito sostegno segreto ai gruppi radicali terroristici salafiti, che sono diventati attivi nel sud della Siria, all’inizio del movimento di protesta di Daraa, a metà marzo. Rapporti suggeriscono che il finanziamento dell’insurrezione dei salafiti, provengono dall’Arabia Saudita. (Vedasi Syrian army closes in on Damascus suburbs, The Irish Times, 10 maggio 2011)
Il governo del primo ministro turco Recep Tayyib Erdogan sta sostenendo i gruppi di opposizione siriana in esilio, mentre sostiene anche i ribelli armati dei Fratelli Musulmani, nel nord della Siria. Sia la Fratellanza musulmana siriana (MB) (la cui leadership è in esilio in Gran Bretagna) che il clandestino Hizb ut-Tahrir (Partito della Liberazione) sono dietro l’insurrezione. Entrambe le organizzazioni sono supportate dall’MI6 britannico. L’obiettivo dichiarato di MB e Hizb ut-Tahir è, in ultima analisi, destabilizzare lo Stato laico della Siria. (Vedasi Michel Chossudovsky, SYRIA: Who is Behind The Protest Movement? Fabricating a Pretext for a US-NATO “Humanitarian Intervention”, Global Research, 3 maggio 2011).
A giugno, le truppe turche hanno attraversato il confine con la Siria settentrionale, ufficialmente per venire in soccorso dei profughi siriani. Il governo di Bashar al-Assad ha accusato la Turchia di sostenere direttamente l’incursione delle forze ribelli nella Siria settentrionale: “Una forza ribelle di oltre 500 combattenti, ha attaccato una postazione dell’esercito siriano il 4 giugno, nel nord della Siria. Hanno detto che il bersaglio, un presidio dei servizi segreti militari, è stato catturato in un assalto di 36 ore, in cui sono stati uccisi 72 soldati a Jisr Al Shoughour, vicino al confine con la Turchia. “Abbiamo scoperto che i criminali [ribelli] usano armi provenienti dalla Turchia, e questo è molto preoccupante”, ha detto un funzionario. Questa è stata la prima volta che il regime di Assad ha accusato la Turchia di aiutare la rivolta. … i funzionari hanno detto che i ribelli hanno scacciato l’esercito siriano da Jisr al-Shoughour e poi hanno preso la città. Hanno detto che edifici governativi sono stati saccheggiati e incendiati, prima che un’altra forza di Assad arrivasse. … Un ufficiale siriano che ha guidato la visita, ha detto che i ribelli di Jisr al-Shoughour, sono combattenti allineati ad al-Qaida. Ha detto che i ribelli hanno impiegato una serie di armi e munizioni turche, ma non accusano il governo di Ankara di aver fornito gli equipaggiamenti.” (Syria’s Assad accuses Turkey of arming rebels, TR Defence , 25 giugno 2011) L’accordo di cooperazione militare Israele-Turchia
Israele e Turchia hanno un accordo di cooperazione militare che riguarda in modo assai diretto la Siria e la strategica costa Libano-Siriana nel Mediterraneo orientale, (tra cui giacimenti di gas al largo della costa del Libano e le pipeline). Già durante l’amministrazione Clinton, si era affermata un’intesa triangolare militare tra Stati Uniti, Israele e Turchia. Questa “triplice alleanza“, che è dominata dal US Joint Chiefs of Staff, integra e coordina le decisioni dei comando militari tra i tre paesi, pertinenti al Grande Medio Oriente. Si basa su gli stretti legami militari, rispettivamente di Israele e la Turchia con gli Stati Uniti, accoppiati al forte rapporto bilaterale militare tra Tel Aviv e Ankara. …. La triplice alleanza è anche accoppiata all’accordo di cooperazione militare NATO-Israele del 2005, che comprende “molte aree di interesse comune, come la lotta contro il terrorismo e le esercitazioni militari congiunte”. Questi legami di cooperazione militare con la NATO, sono visti dai militari israeliani come un mezzo per  “rafforzare la capacità di deterrenza di Israele riguardo potenziali nemici che lo minacciano, soprattutto l’Iran e la Siria.” (Vedi Michel Chossudovsky, “Triple Alliance”: The US, Turkey, Israel and the War on Lebanon, 6 agosto 2006)
Nel frattempo, il recente rimpasto ai vertici della Turchia, ha rafforzato la fazione filo-islamista nelle forze armate. Alla fine di luglio, il comandante in capo dell’esercito e capo dello stato maggiore congiunto della Turchia, generale Isik Kosaner, si è dimesso insieme ai comandanti della Marina e dell’Aeronautica. Il Generale Kosaner rappresenta una posizione ampiamente laica all’interno delle Forze Armate. Il Generale Necdet Ozel è stato nominato suo sostituto, a nuovo comandante dell’esercito. Questi sviluppi sono di importanza cruciale. Tendono a sostenere gli interessi degli Stati Uniti. Sottolineano anche un cambiamento potenziale nell’esercito a favore dei Fratelli Musulmani, compresa l’insurrezione armata nel nord della Siria.
Le nuove nomine hanno rafforzato Erdogan e il partito al governo in Turchia … [La]potenza militare è in grado di realizzare i progetti più ambiziosi nella regione. Si prevede che in caso di utilizzo dello scenario libico in Siria, è possibile che la Turchia avvierà l’intervento militare“. (New appointments have strengthened Erdogan and the ruling party in Turkey, Radio Pubblica dell’Armenia, 6 agosto, 2011)
L’ampia alleanza militare della NATO
Egitto, Stati del Golfo e Arabia Saudita (all’interno della garnde alleanza militare) sono partner della NATO, le cui forze potrebbero essere usate in una campagna contro la Siria. Israele è un membro de facto della NATO, a seguito di un accordo firmato nel 2005. Il processo di pianificazione militare, all’interno dell’alleanza estesa della NATO, prevede il coordinamento tra Pentagono, NATO, Israeli Defense Force (IDF), così come il coinvolgimento militare attivo in prima linea di paesi arabi, tra cui Arabia Saudita, Stati del Golfo, Egitto: in tutto dieci paesi arabi più Israele, sono membri del Dialogo Mediterraneo e dell’Iniziativa di Cooperazione di Istanbul.
Siamo a un bivio pericoloso. Le implicazioni geopolitiche sono di vasta portata. La Siria ha confini con Giordania, Israele, Libano, Turchia e Iraq. Si estende in tutta la valle dell’Eufrate, che si trova all’incrocio dei corsi d’acqua principali e degli oleodotti. La Siria è un alleato dell’Iran. La Russia ha una base navale nella Siria nord-occidentale. La creazione di una base a Tartus e il rapido avanzamento della cooperazione tecnologica militare con Damasco, rende la Siria una testa di ponte necessaria e un baluardo in Medio Oriente della Russia. Damasco è un importante alleato dell’Iran e un inconciliabile nemico di Israele. Va da sé che l’aspetto della base militare russa nella regione, certamente introduce delle correzioni nella correlazione di forze esistente.
La Russia sta prendendo il regime siriano sotto la sua protezione. Sarà quasi certamente si inaspriranno le relazioni di Mosca con Israele. Può anche incoraggiare il vicino regime iraniano e renderlo ancora meno assoggettabile ai colloqui sul programma nucleare (Ivan Safronov, Russia to defend its principal Middle East ally: Moscow takes Syria under its protection, Global Research, 28 Luglio 2006) Scenario da Terza Guerra Mondiale
Negli ultimi cinque anni, il Medio Oriente e l’Asia Centrale sono stati attivi campi di battaglia. La Siria ha notevoli capacità di difesa aerea e forze di terra. La Siria ha rafforzato il suo sistema di difesa aerea con la consegna dei missili di difesa aerea russi Pantsir S1. Nel 2010, la Russia consegnato il sistema missilistico Yakhont alla Siria. Lo Yakhont, che opera dalla base navale russa di Tartus, “è progettato per l’impegno contro navi nemiche in un raggio di 300 km“. (Bastion missile systems to protect Russian naval base in Syria, Ria Novosti, 21 settembre 2010).
La struttura delle alleanze militari, rispettivamente USA-NATO e Siria-Iran-SCO, per non parlare del coinvolgimento militare di Israele, il complesso rapporto tra Siria e Libano, le pressioni esercitate dalla Turchia al confine nord della Siria, puntano inequivocabilmente ad un pericoloso processo di escalation. Qualsiasi forma d’intervento militare  sponsorizzato da USA-NATO, diretto contro la Siria, destabilizzerebbe l’intera regione, e potrebbe condurre all’escalation sulla vasta area geografica che si estende dal Mediterraneo orientale al confine Afghanistan-Pakistan con Tagikistan e Cina.
Nel breve periodo, con la guerra in Libia, l’alleanza militare US-NATO è sovraesposta in fatto di capacità. Se non possiamo prevedere l’attuazione di un’operazione militare USA-NATO nel breve termine, il processo di destabilizzazione politica attraverso il sostegno segreto all’insurrezione, con ogni probabilità continuerà. Traduzione di Alessandro Lattanzio – Aurora03.da.ru

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