Daisy Chains - A story has no beginning or end. E' molto piacevole assistere a questo movimento che c'è nella scena musicale italiana. Sempre più band e artisti si muovono su scenari indipendenti ed un buono esempio sono i Daisy Chains, progetto musicale indie-rock che nasce nel 2008 nel bergamasco. Nel 2009 debuttano con il primo album (autoprodotto) Monsters and Pills. Il secondo arriva quest'anno e si intitola A Story has no begininning or end, prodotto dalla Rocket Man Records, label milanese che segue altri artisti emergenti interessanti quali i Club27, Faz Waltz e Joker's.
"A story has no beginning or end: arbitrarily one chooses that moment of experience from which to look back or from which to look ahead.". Il titolo del disco è una citazione dal libro del 1951 di Graham Green “Fine di Una Storia” (che è anche il titolo di un altra canzone dell'album). E il significato della citazione si può interpretare nel modo più immediato che è quello del tema del disco ovvero le complicazioni e le difficoltà di un amore; dall'altro come metafora del lor suono che vede come punto di partenza l'indie rock (il punto di equilibrio) ma nei vari brani il gruppo contamina la loro musica con sonorità punk, new wave e pop (lo sguardo al passato). Certo non si può dire che c'è una rivoluzione musicale, ma la band cerca di personalizzare il proprio stile e il risultato è un album molto gradevole.
E queste influenze si sentono subito sin dalla prima traccia Arrogance, una rielaborazione in chiave moderna del college rock fine anni 80. La successiva The End of Affair è musicalmente più consistente e sembra quasi un crossover fra il Lou Reed solista e gli Strokes più melodici. One for me non si discosta molto dalla precedente.
Il punk ed echi di new wave si fanno sentire prepotentemente in So fast e Don Juan Aux Enfers, a mio parere due dei migliori pezzi dell'album. Il ritmo rallenta leggermente con Much Better, ottima semi-ballata in puro stile Blur. Happy Instead riporta energia al disco un po' di energia e l'ombra di Lou reed si riaffaccia soprattutto per l'uso che il cantante fa della voce. Siamo arrivati quasi alla fine e arriviamo compiaciuti ad ascoltare il miglior pezzo dell'album The Time we're wasting che riesce a rappresentare perfettamente lo stile daisy chains, la perfetta miscela fra le sonorità di due decenni quali gli anni 80 e gli anni 00. L'album si conclude con la sfavillante e “ramoniana” She's going e l'altrettanto frizzante The Visions of Madness.
I Daisy Chains con questo album si candidano ad occupare uno spazio importante nella scena alternativa italiana: a mio parere devono fare ancora qualche sforzo per cercare di personalizzare il suono (alcune canzoni risultano troppo radicate ai riferimenti e alle ispirazioni della band) e magari cercarlo di renderlo più complesso; ma in ogni caso c'è la sostanza e la tecnica e il tentativo di sperimentare. Da queste tre cose devono ripartire per il prossimo album e la prospettiva non può non essere positiva.
Nicola Orlandino
Voto: 6,8/10
Tracklist:
- Arrogance
- The end of the affair
- One for me
- So fast
- Don Juan aux enfers
- Much better
- Happy instead
- The time that ee're easting
- She’s going
-
Visions of madness