Questo articolo è stato pubblicato per la rivista Beatbear e lo trovate a questo link.
La Sub Pop è l'etichetta che da anni riesce ad unire qualità della musica e accessabilità ovvero la capacità di ottenere un discreto successo non sono di critica ma anche a livello di vendita. Dai Nirvana alle più recenti rivelazioni come Beach House, Tame Impala
A questa bella comitiva di artisti si aggiungono (con le dovute distanze) i Male Bonding, terzetto di Londra composta da John Arthur Webb (voce e chitarra), Kevin Hendrick (voce e basso) and Robin Silas Christian (batteria). I primi due suonavano insieme nei Pre, band noise-rock di Londra e incontrarono Christian (che lavorava in un negozio di dischi) successivamente. Nel 2010 esce uno split ep con le le Dum Dum Girls intitolato Pay for me/Before It's Gone. Nello stesso anno avviene il debutto con Nothing Hurts, un buon disco, veloce (con pezzi di breve durata) e di un’irruenza unica e che mescolava indie-grunge, surf-pop, e lo-fi.
Per questo nuovo lavoro non cambia il livello di intensità ma c'è un'evoluzione: ritroviamo un lo-fi meno contaminato e più aperto verso la musica indie che ha caratterizzato il decennio passato; inoltre gli arrangiamenti risultano meno grezzi e più curati e c'è una tendenza della melodia a prevalere sul rumorismo.
“Tame the sun” apre il disco in maniera spensierata e dimostra quanto appena detto. Senza discontinuità, ritroviamo lo stesso mood (con una maggiore carica strumentale) nella traccia seguente “Carrying”. Il disco cresce di corposità e il suono si fa più fastoso con “Seems to Nice” (e anche che risulta un buon pezzo pop dalla struttura punk.
Se finora i pezzi tendevano ad assomigliarsi un po' troppo (questo il maggior limite dell'album), ci pensa “Bones” a destabilizzare l'album e non a caso risulta una delle cose migliori riuscite dell'intero album. Il primo dislivello riguarda la durata anomala del pezzo (6 minuti); il secondo riguarda il piglio più rock rispetto ai brani sinora ascoltati e il piacevole alternarsi delle voci del chitarrista e bassista. Unica pecca del brano è la sfumatura finale che, chiunque la faccia, risulta sempre sgradevole.
“Before It's gone” sembra riproporre lo schema dei prim tre pezzi, ma mi smentisce con un intermezzo strumentale dopo il minuto e trenta che ricorda (piacevolmente) i Bloc Party di Silent Alarm. L'ombra della Seattle dei primi anni '90 si sente in “What's the Scene”. Gradevole anche la successiva “Mysteries complete” caratterizzata da una serie divertente di accelerazioni e rallentamenti; mentre spruzzi di psichedelica colorano il pop-punk della sorprendente “Can't Dream” (e “Channeling your fears” avrà la stessa impostazione).
La vera sorpresa (negativa) arriva con “The Saddle”: una ballata banale accompagnata da una chitarra acustica malinconica che si inserisce nel disco come un film di Boldi e De Sica in un cinema D'Essai. L'ultimo brano, “Dig You Out” riprende lo stile iniziale dell'album.
Una chiusura stanca, che è il risultato di uno sforzo creativo parzialmente espresso. La parte centrale del disco è molto interessante, soprattutto per le intrusioni psych-rock e i parziali cambi di ritmo. L'inizio e la fine del disco risultano meno convincenti e quindi bisognerà rivedere la concezione di quei pezzi di impostazione pop e soprattutto le composizioni dei pezzi lenti (l'unica presente è disastrosa). Comunque, nel complesso, l'album risulta un piacevole intrattenimento e segna un passo avanti nella breve carriera del gruppo. Il terzo album sarà importante per capire se la band potrà occupare uno spazio più importante nel scenario musicale contemporaneo.
Nicola Ortlandino
Voto: 6,5/10
Tracklist:
1. Tame the Sun
2. Carrying
3. Seems to Notice Now
4. Bones
5. Before It’s Gone
6. What’s That Scene
7. Mysteries Complete
8. Can’t Dream
9. The Saddle
10. Channeling Your Fears
11. Dig You Out